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Guerra in Ucraina

Perché Putin ha deciso di arruolare altri 180mila uomini nell’esercito russo dopo l’offensiva ucraina

L’intervista a Frank Ledwidge, per vent’anni nel servizio segreto militare di Sua Maestà: “L’espansione di 180mila uomini dell’esercito russo non ha a che vedere con l’offensiva di Kyiv nel Kursk, che è stata un errore strategico”. Secondo l’esperto, il rischio è che la Russia arrivi a un negoziato di pace con posizioni sul terreno più forti di quelle attuali.
A cura di Riccardo Amati
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L’espansione delle forze armate russe decisa per decreto dal Vladimir Putin, “ha poco a che vedere con l’offensiva ucraina nella regione di Kursk”, il via libera all’utilizzo dei missili occidentali su obiettivi militari in Russia, “non arriverà prima delle elezioni americane e non cambierà il corso della guerra”. E Kyiv con l’Occidente “devono scordarsi una volta per tutte che sia possibile riconquistare tutti i territori ucraini invasi”: Frank Ledwidge è pessimista sulla situazione.

Ritiene che tutto finirà con negoziati che potrebbero vedere la Russia in posizione di vantaggio. Considera “un errore strategico l’offensiva oltre-confine, teme la fornitura di armamenti sempre più sofisticati a Mosca da parte dell’Iran. Si augura un cessate il fuoco al più presto, perché “stanno morendo mille soldati ogni giorno, sia da una parte che dall’altra dei fronti di guerra”.

Resta il problema che Vladimir Putin non è disposto ad accettare alcun negoziato senza una sorta di capitolazione di Kyiv, anche se sembra ora aver limitato i suoi mai chiarissimi obiettivi di guerra al Donbass e alle regioni annesse. Comprese le parti che la Russia non è mai riuscita a occupare.

Ledwidge è un uomo dell’intelligence militare britannica. Ne ha fatto parte per quasi vent’anni. Missioni operative nei Balcani, in Iraq e in Afghanistan. È anche un avvocato. Da giovane ha fatto il penalista. Attualmente ha svolto attività di advisor legale in diversi conflitti, compreso quello ucraino. Insegna strategia militare all’Università di Portsmouth. È l’autore di Losing Small Wars (Yale, 2017)  e Investment in Blood (Yale, 2013).

Frank Ledwidge
Frank Ledwidge

Frank, perché Putin ha deciso di aumentare gli effettivi delle sue forze armate? E perché proprio ora?

Non penso che la decisione abbia molto a che vedere con l’offensiva ucraina nella oblast di Kursk. L’idea è più generale: si tratta di accrescere la resilienza delle forze russe nella loro interezza. Questo è solo un altro scalino in questa direzione. Il più importante fu salito l’anno scorso, quando il Cremlino aumentò le dimensioni dell’esercito fino a poco meno di due milioni di soldati.

Ma con l’operazione Kursk la Russia ha capito che deve difendere i suoi confini, non solo attaccare l’Ucraina. Sicuro che non sia questo il motivo?

Non lo è. Anche perché i nuovi soldati non saranno pronti all’utilizzo in battaglia per molti mesi. Il ciclo di reclutamento e poi quello di addestramento prevedono tempi piuttosto lunghi, in Russia.

Si tratta di volontari, non di coscritti. Sarà facile trovare 180mila russi che vogliono andare a rischiar la pelle sui fronti ucraini?

Paradossalmente, la mossa di Putin indica piuttosto che la Russia non ha problemi ad arruolare. Offre parecchi soldi a chi firma. In più ci sono i bonus. Chi viene impegnato nei combattimenti guadagna bene. Il pacchetto, se uno riesce a sopravvivere, è piuttosto attraente.

Per le famiglie è attraente anche se il soldato muore: risarcimenti e benefit sono enormi, rispetto al basso tenore di vita delle zone più remote della Federazione. Con l’invasione dll’Ucraina Putin ha sviluppato una “Putinskaya smertonomika”, ovvero un’economia della morte, come l’ha definita l’economista Vladislav Inozemtsev…

E ho il sospetto che questo nuovo ampliamento delle forze armate sia motivato anche dal dare la possibilità a sempre più persone di godere di questi vantaggi economici.

Patriottismo, gradimento del capo e paga dei soldati vanno quindi di pari passo. In Russia c’è una propaganda capillare sui vantaggi per chi si arruola…

Penso proprio che Putin non avrà alcun problema a reclutare questi 180mila.

Sarebbe così anche se dovesse ricorrere ai coscritti invece che ai volontari? La possibilità di una mobilitazione è tornata sul tavolo, hanno riferito a Fanpage.it consulenti del Cremlino. Ma in Occidente si ritiene comunemente che Putin non vi ricorrerà. Per timore di proteste, soprattutto nelle grandi città.

In realtà, mi risulta che anche nella Russia metropolitana, in città come San Pietroburgo e Mosca, ci sia una sempre maggior propensione ad arruolarsi, ora che gli ucraini hanno di fatto invaso un pezzo del Paese.

Secondo lei l’operazione oltre confine è stata controproducente per Kyiv, in questo senso?

L’operazione Kursk è un errore strategico di lungo termine, perché gioca a favore della propaganda del Cremlino: la narrativa secondo cui si sta combattendo una guerra “per difendere la patria” e che la Nato è alle frontiere della Russia è diventata molto meno assurda, con questa seppur limitata invasione ucraina. I canali a cui ho accesso notano una differenza di atteggiamento notevole, da parte dei cittadini. Soprattutto nella parte occidentale della Federazione.

Anche dai focus group dei maggiori sociologi russi risulta qualcosa di simile

È una verità evidente della Storia. Se vai a colpire il territorio nemico, la sua popolazione tende astringersi di più intorno alla bandiera. Soprattutto se a esser colpiti sono i civili o le infrastrutture. Per esempio, quando ho chiesto alle mie fonti ucraine se la loro volontà di resistere all’invasore fosse diminuita dopo i bombardamenti russi sulle centrali elettriche, con i conseguenti black out, mi hanno risposto all’unisono di no. Al contrario, si sentivano ancora più motivati a combattere. Perché ora erano ancora più arrabbiati. La risposta ai bombardamenti strategici è inevitabilmente questa. E portando la guerra a casa del nemico si rischia una risposta simile.

Ma l’azione ucraina nella regione di Kursk è tutt’altra cosa. Non si sono colpiti obiettivi civili. E poi ha consentito di ridar fiducia alle forze armate ucraine. Forse i russi non hanno spostato le loro truppe migliori per contrastare l’offensiva, alleggerendo la pressione nel Donbass come Kyiv sperava. Ma pare che ultimamente lo stiano facendo. Non ci vede proprio nulla di positivo, nell’operazione Kursk?

Mi pare che i russi stiano facendo esattamente e quello che gli ucraini speravano non facessero. Non hanno abboccato all’amo. E ora l’Ucraina ha aperto un nuovo fronte, che deve cercar di tenere per ragioni essenzialmente politiche. Utilizzando cinque delle sue migliori brigate. Che, in termini militari sono “fixed in place” (inchiodate sul terreno, ndr). E so che stanno iniziando ad avere seri problemi di logistica. Tutto questo in un’area strategicamente non importante, e lo dimostra il fatto che i russi non hanno alcuna fretta di riprendersela.

Possibile siano stati così ingenui, a Kyiv?

C’è stata molta discussione su questa operazione, e l’ex Capo di stato maggiore delle forze armate Zaluzhny è stato rimosso perché non la approvava. L’offensiva oltre-frontiera è stata una manovra diversiva e una distrazione strategica che ha dato a Zelensky solo un vantaggio temporaneo.

Mentre sul fronte del Donbass la pressione russa continua…

Sì, verso Pokrovsk, Toretsk e Chasiv Yar. È quello il fronte che conta. È centrale nella strategia russa perché da Pokrovsk dipende il controllo del Donbass meridionale.

Mi pare che lei la veda male, per gli ucraini. Ma è proprio così? Per esempio, un via libera all’utilizzo dei vostri missili Storm Shadow, se non dei più efficaci americani Atacms, su obiettivi militari in Russia, cambierebbe la situazione?

Non ci sarà alcun semaforo verde almeno fin dopo le elezioni americane in novembre. Washington non vuol correre il rischio di rappresaglie. Quando il nostro primo ministro Starner è andato da Biden si è sentito dire che gli Usa non avevano alcuna intenzione di mettere a repentaglio le elezioni per il desiderio britannico di mostrare i muscoli.

Più che i muscoli, gli Storm Shadow

Ecco, a questo proposito: gli Storm Shadow offrono capacità addizionali limitate rispetto agli aerei. Non sono certo in grado di cambiare il corso della guerra. Gli ucraini li hanno già usati sulla Crimea. E poi ne sono rimasti pochi, in Ucraina. E anche in Gran Bretagna. Poterli lanciare su obiettivi in Russia non accresce la capacità militare ucraina in modo vitale. Avrebbe certamente un significato politico. Ma l’industria bellica europea attualmente non è in grado di produrre questo tipo di armi al ritmo di quella russa, diventata il fulcro di una vera e propria economia di guerra. E i russi possono contare sulle forniture dall’Iran.

Quanto cambia gli equilibri sul campo di battaglia la fornitura di missili iraniani alla Russia?

Si tratta soprattutto di missili a corto raggio Fath 360. Permettono alla Russia di risparmiare i suoi missili balistici a più lunga gittata, come gli Iskander. Finora Mosca era costretta a “sprecare” gli Iskander su obiettivi vicini. I missili iraniani hanno capacità simili agli Himars. Sono difficili da intercettare. Per proteggere gli obiettivi più sensibili, gli ucraini saranno costretti ad utilizzare i loro migliori sistemi di difesa aerea.

Ma i Fath 360 restano comunque missili a breve gittata. Le forniture da Teheran potrebbero presto comprendere anche altro?

La porta è aperta. Nel medio termine potrebbero arrivare missili a lunga gittata, missili cruise e sistemi avanzati di droni. Gli iraniani non vedono l’ora di testare queste loro armi in battaglia. Si tratti di armi sofisticate. Il loro utilizzo in questa guerra costituirebbe un problema serio per l’Ucraina e per l’Occidente.

La “dimensione nucleare”, come la chiamano a Mosca, potrebbe diventare reale nella guerra in Ucraina?

L’escalation avrebbe diversi stadi. Non escludo che la Russia possa far esplodere una testata nucleare in un luogo desertum a scopo dimostrativo. Ma prima vedremmo forze russe in azione contro militari occidentali in Siria, per esempio. E attacchi informatici su vasta scala. Se non addirittura ai satelliti. Solo in seguito l’escalation arriverebbe sui fronti dell’Ucraina.

Prima di tutto questo, si potrebbe arrivare a un cessate il fuoco negoziato?

È quello che succederà quando i russi avranno preso tutto il Donbass. Lo si poteva fare prima, perché continuano a morire mille soldati al giorno da entrambe le parti.

Da parte russa, non c’è mai stata alcuna volontà di aprire colloqui di pace. Mosca vuole solo la capitolazione di Kyiv…

Sono convinto che un accordo sui territori sia possibile. Ci si arriverà. Ho paura che più tempo passa più i russi aumenteranno le loro posizioni di forza. Nei prossimi sei mesi, il fronte importante sarà quello del Donetsk. È l’obiettivo russo, oggi. I rapporti al tavolo delle trattative dipenderà dall’esito delle operazioni militari su questo quadrante. Ma certo la narrativa secondo cui l’Ucraina potrà riconquistare tutte le sue regioni invase ha ormai perso ogni credibilità.

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