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Guerra in Ucraina

Perché Putin è sempre più disperato e le sue minacce non devono spaventarci

Nel suo discorso di annessione alle province del Donbass, Vladimir Putin ha alzato ulteriormente i toni contro l’Occidente, perché sa che l’unico modo in cui può vincere la guerra è terrorizzare gli alleati dell’Ucraina. Per la Russia, la situazione sul campo è disperata.
A cura di Daniele Angrisani
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Il 30 settembre 2022, con una solenne cerimonia tenutasi al Cremlino, il presidente Vladimir Putin ha firmato l’atto di annessione delle regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporozhye e Kherson all’interno della Federazione Russa.

Poco prima ha salutato questa decisione con un discorso durissimo indirizzato all’Occidente ed alla sua “potenza egemone”, gli Stati Uniti d’America, accusati di ogni immoralità. Si è trattato di quello che sarà ricordato, con ogni probabilità, di un momento storico.

Di fronte a difficoltà sempre maggiori sul campo in Ucraina, Putin ha deciso di alzare ulteriormente i toni per cercare l’escalation e trasformare così, agli occhi dei russi, quella che è diventata una disastrosa campagna militare in Ucraina che avrebbe dovuto concludersi in pochi giorni, in una guerra contro la grande nemesi di Mosca, l’odiato Occidente.

Di fronte a queste scene, la mente non può che tornare ad un altro, fatale, 30 settembre: quello del 1938, quando il cancelliere nazista Adolf Hitler, dopo la catastrofica decisione delle potenze occidentali alla Conferenza di Monaco di fare marcia indietro di fronte alla minaccia della guerra, aveva annesso i Sudeti a maggioranza tedesca nell’allora Cecoslovacchia.

Questo errore costerà caro a tutto il mondo: da lì a poco meno di un anno, Hitler invaderà la Polonia dando inizio alla Seconda guerra mondiale, il peggior bagno di sangue che la storia umana abbia mai conosciuto. A differenza di allora, però, l’Occidente non sembra per fortuna più avere più alcuna intenzione di darla facilmente vinta al dittatore di turno.

Questo è il motivo principale per il quale Putin è talmente disperato da essere costretto anche alle minacce nucleari pur di ottenere qualcosa. Ma andiamo per ordine.

Il discorso di Putin

Il presidente russo Vladimir Putin ha iniziato il suo discorso al Cremlino, durato poco più di 30 minuti, ricordando che i residenti dei territori occupati annessi dalla Russia hanno preso la loro scelta durante i cosiddetti “referendum” che sono stati ampiamente considerati come una farsa nel resto del mondo, viste le condizioni in cui sono stati condotti.

Eppure, Putin ha affermato che ora gli abitanti di queste regioni sono diventati “nostri cittadini, per sempre”. Il presidente russo ha quindi provocatoriamente chiesto il cessate il fuoco “al regime di Kyiv” ed il ritorno al tavolo dei negoziati, partendo dal fatto che Mosca considera l’annessione di questi territori come un dato non più negoziabile.

Dopo questo inizio, Putin è passato ad attaccare l’Occidente per tutto il resto del suo discorso, senza più fare alcun riferimento né all’Ucraina né ai territori appena annessi. Ha iniziato il suo lungo attacco ricordando gli anni Novanta quando, secondo lui, l’Occidente ha depredato la Russia e l’ha costretta alla fame.

“La promessa di non espandere la NATO a est si è rivelata una sporca bugia. I trattati sulle armi strategiche sono stati infranti. Tutto ciò che sentiamo dire è che l'Occidente rappresenta l'ordine basato sulle regole. Ma da dove vengono queste regole? Questa è una sciocchezza, progettata per gli sciocchi”, ha affermato Putin.

“Le élite occidentali sono rimaste colonialiste”, ha aggiunto il presidente russo, affermando che la Russia non intende accettare “tale colonialismo politico e razzismo. D’altronde cos’è la russofobia se non un altro tipo di razzismo?”

Il presidente russo ha quindi fatto una lista di una serie di crimini commessi durante la storia dall’Occidente, partendo dalla politica coloniale nel Medioevo, passando alla tratta degli schiavi ed al genocidio degli indiani d’America, per poi arrivare — e non è un caso che abbia citato proprio questi due Paesi — al saccheggio dell'India ed all'imposizione dell'oppio alla Cina.

È stato a questo punto che è arrivato uno dei momenti più inquietanti del discorso, quando Putin ha ricordato che “gli Stati Uniti sono l'unico Paese ad aver usato armi nucleari due volte”, aggiungendo poi sinistramente che così facendo “hanno stabilito un precedente”.

L’attacco al malvagio Occidente non è certo finito qui: Putin ha accusato gli Stati Uniti di continuare ad occupare di fatto Germania, Giappone, Corea del Sud, Paesi che a parole vengono trattati, secondo il presidente russo, come alleati alla pari, ma in realtà sono osservati e spiati, “una vergogna che conoscono tutti”.

E “agli anglosassoni” neppure questo basta, ha aggiunto Putin, che ha quindi accusato Washington di aver commesso un atto di sabotaggio e terrorismo internazionale facendo saltare i tubi dei gasdotti Nord Stream (gli Stati Uniti da parte loro accusano la Russia per questo stesso episodio).

Ciò nonostante, aggiunge Putin, stavolta l’ingannevole ed ipocrita Occidente ha fallito perché ha trovato di fronte a sé la Russia che ha cambiato le carte in tavola.

Stavolta, afferma il presidente russo, non basteranno più le parole, anzi quelle che lui ha definito come “le menzogne alla Goebbels”, per convincere i propri cittadini a mangiare di meno e lavarsi meno spesso.

Per riscaldare le proprie abitazioni c’è infatti “bisogno di fonti energetiche” non di “dollari o euro di carta” o delle capitalizzazioni gonfiate in borsa delle grandi corporation.

Putin ha quindi continuato il suo lungo j’accuse attaccando le élite occidentali colpevoli di aver aver risolto le proprie contraddizioni all’inizio del XX secolo con la Prima guerra mondiale (a cui l’Impero russo però ha preso parte, e Putin se ne è stranamente dimenticato).

Quindi ha aggiunto che i profitti della Seconda guerra mondiale (iniziata perché Hitler e Stalin hanno firmato un patto di non aggressione per dividersi la Polonia, ma anche questo Putin lo ha dimenticato) hanno permesso agli Stati Uniti di superare la Grande Depressione.

Più di recente, afferma Putin, l’Occidente ha superato la crisi degli Anni Ottanta derubando le risorse dell’ex Unione Sovietica, ed ora “hanno bisogno di distruggere la Russia per continuare a derubare la ricchezza di altri”. E se ciò non accadrà, “il loro sistema rischia il collasso”.

A dimostrazione della decadenza irreversibile dell’Occidente, Putin ha anche parlato della negazione delle norme della religione e della famiglia tradizionale, definendo terribile l’imposizione di “nuovi generi” oltre uomo e donna, così come i concetti di “genitore uno e genitore due”, ed accusando l’Occidente di sopprimere la libertà acquisendo “i tratti del satanismo”.

Si tratta, come potete immaginare, di miele per le orecchie di molti movimenti ultraconservatori e di estrema destra dell’Occidente che il Cremlino sta sempre più cercando di corteggiare.

Putin ha quindi concluso il suo discorso affermando che “il campo di battaglia a cui il destino ci ha chiamato è il campo di battaglia per il nostro popolo, per la grande Russia storica. I nostri valori sono filantropia, misericordia, compassione” (gli ucraini massacrati di Bucha, Irpin, Izyum, Kramatorsk, Vinnitsya, Zaporozhzhya, Mykolaiv e Mariupol hanno qualcosa da ridire su questo ultimo punto).

“Come disse il filosofo Ivan Il'in: ‘Se considero la Russia la mia patria, significa che amo in russo, contemplo e penso, canto e parlo russo’. Oggi prendiamo anche noi questa scelta. La verità è dalla nostra parte. Tutta la Russia è con noi”.

La prima immediata conseguenza della annessione dei nuovi territori come ha confermato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, è che da ora in poi Mosca considererà eventuali attacchi ucraini ai territori occupati come un atto di aggressione diretto contro la Russia.

Cosa significhi esattamente questo ancora non è chiaro, soprattutto considerato che la Russia si è annessa anche territori che non controlla (come, ad esempio, il 40% della regione di Donetsk ancora in mano ucraina), o di cui rischia a breve di perdere il controllo sul campo.

Ma una cosa è diventata subito chiara a tutti: il Cremlino non ha neppure aspettato la firma di questi trattati per dimostrare al mondo, con i fatti, cosa pensa di coloro che intendono scappare dalla annessione russa.

La mattina presto del 30 settembre un missile russo ad alta precisione ha infatti colpito un convoglio umanitario a Zaporozhzhya che trasportava profughi in fuga dalle zone occupate: durante questo attacco 25 persone sono state uccise (tra cui anche bambini) e circa 50 persone sono rimaste ferite.

"Feccia assetata di sangue", ha commentato subito il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

La risposta di Zelensky, della NATO e dei leader occidentali

La risposta dell’Ucraina alle minacce di Putin durante il discorso di annessione è stata altrettanto netta: Zelensky ha chiesto formalmente l’ingresso dell’Ucraina nella NATO con procedura accelerata. L'Ucraina non avrà inoltre colloqui con la Russia finché Putin sarà presidente, ha aggiunto Zelensky.

“Di fatto, siamo già passati alla NATO. Di fatto, abbiamo già dimostrato la compatibilità con gli standard dell'Alleanza del Nord Atlantico. Sono standard reali per l'Ucraina, reali sul campo di battaglia e in tutti gli aspetti della nostra interazione.

Ci fidiamo l'uno dell'altro, ci aiutiamo a vicenda e ci proteggiamo a vicenda. Questa è l'Alleanza del Nord Atlantico. Di fatto. Oggi l'Ucraina chiede di farne parte anche de jure.

Con una procedura che sarà coerente con i nostri valori per la protezione dell'intera nostra comunità. Su base accelerata. Stiamo compiendo un passo decisivo firmando la domanda dell'Ucraina per l'adesione accelerata alla NATO”.

Lo stesso Zelensky però ha lasciato successivamente intendere di non avere molte aspettative in questo senso, ben sapendo che è molto difficile che l’Alleanza Atlantica apra ora le porte al suo Paese e che al momento, dunque, si tratta di una richiesta più simbolica che altro.

“Comprendiamo che ciò richiede il consenso di tutti i membri dell'Alleanza. Comprendiamo che dobbiamo raggiungere un tale consenso. E quindi, mentre ciò accadrà, proponiamo di attuare le nostre proposte di garanzie di sicurezza per l'Ucraina e per tutta l'Europa in conformità con il Trattato sulla sicurezza di Kyiv (Kyiv Security Compact), che è stato già sviluppato e presentato ai nostri partner”.

In risposta alle provocatorie affermazioni di Putin sul tavolo negoziale e sulla ricerca di un accordo che tenga conto come dato di partenza dell’annessione dei territori occupati, Zelensky ha affermato:

“L'Ucraina è stata e rimane un leader negli sforzi negoziali. È il nostro Stato che ha sempre offerto alla Russia un accordo sulla convivenza a condizioni eque, oneste, degne ed eque. Ovviamente, con questo presidente russo, tutto questo è impossibile. Non sa cosa siano la dignità e l'onestà. Pertanto, siamo pronti per un dialogo con la Russia, ma solo con un diverso presidente della Russia”.

Da parte sua anche il Segretario Generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, è sembrato piuttosto scettico sull’ipotesi di un ingresso veloce dell’Ucraina nella NATO, affermando:

"Sosteniamo il diritto dell'Ucraina di scegliere il suo percorso e decidere quali accordi di sicurezza preferisce. Ma una decisione sull'adesione deve essere presa da tutti e 30 i membri dell'Alleanza e dovremo prendere questa decisione solo per consenso".

Ciò non toglie comunque che la NATO continuerà ad impegnarsi attivamente in tutti i modi possibili per aiutare Kyiv a difendere la propria sovranità:

“Donetsk è Ucraina. Luhansk è Ucraina. Kherson è Ucraina. Zaporozhye è Ucraina. Così come la Crimea è Ucraina”, ha detto Stoltenberg citando i territori appena annessi.

“Questa è la seconda volta che la Russia annette il territorio ucraino con la forza. Ma ciò non cambia in alcun modo la natura del conflitto. Questa rimane una brutale guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina”.

Parlando delle decisioni di questi giorni, Stoltenberg ha aggiunto:

“Questa è l'escalation più grave dall'inizio della guerra. Ma niente di tutto questo è una dimostrazione di forza. Questa è anzi una dimostrazione di debolezza. È il riconoscimento che la guerra non sta andando secondo i piani e che Putin non è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi strategici. Putin ha la piena responsabilità di questa guerra, ed è sua responsabilità porvi fine”.

Stoltenberg ha quindi ricordato che “se i russi smetteranno di combattere, ci sarà la pace. Se gli ucraini smetteranno di combattere, invece cesseranno di esistere come nazione sovrana indipendente in Europa”.

Dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, a Washington D.C., anche il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha espresso la sua netta condanna per il tentativo russo di annessione del territorio sovrano ucraino.

“La Russia sta violando il diritto internazionale, calpestando la Carta delle Nazioni Unite e mostrando il suo disprezzo per le nazioni pacifiche di tutto il mondo. Non bisogna commettere errori: queste azioni non hanno alcuna legittimità”.

“Continueremo a sostenere gli sforzi dell'Ucraina per riprendere il controllo del suo territorio rafforzando la sua mano militarmente e diplomaticamente, anche attraverso gli 1,1 miliardi di dollari di assistenza militare aggiuntiva che gli Stati Uniti hanno annunciato giusto questa settimana”.

In serata Biden ha aggiunto che “l'America e i suoi alleati non se si faranno — lasciatemi sottolineare — non si faranno intimidire da Putin e dalle sue parole e minacce spericolate. Non ci spaventerà… Le azioni di Putin sono anzi il segno che sta avendo sempre maggiori difficoltà".

Gli Stati Uniti hanno anche introdotto nuove sanzioni contro la Russia, il cui elenco comprende decine di persone fisiche e giuridiche. In particolare, sia gli Stati Uniti che il Regno Unito hanno imposto sanzioni personali anche nei confronti di Elvira Nabiullina, la governatrice della Banca Centrale Russa.

Non è mancata una dura dichiarazione neppure da parte di Giorgia Meloni, reduce dalla recente vittoria alle elezioni politiche italiane:

"La dichiarazione di annessione alla Federazione Russa di quattro regioni ucraine dopo i referendum farsa svoltisi sotto violenta occupazione militare non hanno alcun valore giuridico o politico.

Putin dimostra ancora una volta la sua visione neoimperialista di stampo sovietico che minaccia la sicurezza dell'intero continente europeo.

Questa ulteriore violazione delle regole di convivenza tra nazioni da parte della Russia conferma la necessità di compattezza e unità delle democrazie occidentali".

"Grazie a Giorgia Meloni per la sua posizione chiara e la dura condanna delle politiche neoimperialiste russe. Con l'aiuto delle nazioni libere, la terra ucraina si libererà degli invasori russi", ha risposto subito su Twitter Andriy Yermak, il capo di staff del presidente ucraino Zelensky.

In sintesi, dunque, già da queste prime reazioni si può affermare, senza timore di essere smentiti, che se Putin con questo discorso intendeva terrorizzare i leader mondiali, non sembra essere granchè riuscito nel suo intento.

Le difficoltà della “grande mobilitazione” russa

Il tono del discorso di Putin è stato comunque tale che, mentre il presidente russo ancora parlava, la giornalista russa Farida Rustamova ha dichiarato di essere rimasta sorpresa che a questo punto non abbia già apertamente dichiarato guerra all’Occidente.

Il discorso di Putin di oggi, in effetti, è sembrato molto simile a una dichiarazione di guerra contro gli Stati Uniti.

Ciò, almeno in parte, deriva dal fatto che il Cremlino è convinto che la sua “mobilitazione parziale” riceverà un maggiore sostegno se verrà presentata all’opinione pubblica come una guerra esistenziale contro una Washington egemonica e rapace.

Le cose da questo punto, infatti, non stanno andando bene. Il livello di ansia tra i russi è fortemente aumentato sullo sfondo della "mobilitazione parziale" annunciata da Putin. Lo dimostrano persino i risultati di un'indagine della Public Opinion Foundation (FOM), un istituto di sondaggi statale commissionato dal Cremlino.

Secondo lo studio, il 25 settembre, alla domanda su quale umore prevale tra parenti e amici, il 69% degli intervistati ha risposto: allarmante. Una settimana prima, il 18 settembre, il 35% degli intervistati aveva risposto allo stesso modo.

In queste condizioni non deve meravigliare che capitino anche episodi come il seguente: il rapper ventisettenne di Krasnodar Ivan Petunin, noto con lo pseudonimo di Walkie, si è suicidato gettandosi dal balcone. Il suo corpo è stato trovato vicino a un grattacielo, scrive l’edizione locale 93.ru.

In precedenza, Petunin, che già soffriva di depressione, aveva pubblicato un videomessaggio sul suo canale Telegram in cui affermava che si sarebbe suicidato a causa della mobilitazione.

“Se stai guardando questo video, allora non sono più vivo. <…> Sulla mia anima sento il peccato dell'omicidio, non posso e non voglio prendermi questa responsabilità. Non sono pronto a uccidere per nessun ideale", ha detto Petunin nel video.

Questo stato d’animo, comune a molti altri russi, unito alle immagini delle lunghissime code ai confini con Georgia, Kazakhstan, Mongolia, Finlandia e Paesi Baltici di cittadini russi in fuga con qualsiasi mezzo per scappare alla leva, rende evidente più che mai il motivo per cui il Cremlino ha avuto bisogno di alzare i toni della retorica.

Ma finora non sembra che alzare i toni sia servito a molto: sul web continuano ad apparire video di soldati appena mobilitati dotati di armi scadenti, costretti a dormire all’addiaccio o sulle scale in una struttura di addestramento a Novosibirsk.

Ci sono persino casi di soldati già inviati sul fronte dopo un sommario addestramento, insomma vera e propria carne da cannone da sacrificare. È inevitabile, ovviamente, che molti di questi si arrendano o disertino alla prima occasione. Ed in effetti ci sono già i primi video a dimostrarlo.

La situazione sul campo continua a peggiorare

“I pezzi di carta firmati al Cremlino non determinano chi ha la sovranità sulle terre ucraine. I soldati ucraini che marciano su Lyman sì”, ha scritto su Twitter Michael McFaul, l’ex Ambasciatore americano a Mosca.

Ed in effetti, dopo la perdita da parte delle Forze Armate russe di parte dei territori precedentemente occupati nella regione di Kharkiv, l'offensiva delle Forze Armate ucraine non si è certo fermata.

Ora le truppe ucraine stanno avanzando nel nord della regione di Donetsk nel tentativo di mirare chiaramente ad una rapida liberazione del nord della regione di Luhansk (vale a dire i distretti di Svatovo, Starobelsk, Severodonetsk e Lysychansk) prima che arrivi la stagione del fango.

La “mobilitazione parziale” annunciata in Russia non è in grado di risolvere velocemente questa difficile situazione in quanto non tutti i riservisti chiamati in servizio possono essere inviati al fronte senza prima essere addestrati e coloro che lo saranno in ogni caso, non hanno molte chance contro unità ucraine ben armate ed addestrate.

L’Istituto americano per lo Studio della Guerra (ISW), citando un "corrispondente di guerra" russo senza nome (quasi certamente “Wargonzo”), riferisce che le truppe ucraine hanno sfondato le difese russe vicino al villaggio di Stavki, 10 km a nord di Lyman.

Così facendo hanno tagliato la strada Torskoye-Drobyshevo, che è l'ultima via di rifornimento e di ritirata per le unità russe che tengono le difese a ovest di Lyman.

Inoltre, secondo ISW, le forze ucraine hanno attaccato Lyman da tre direzioni e hanno così tagliato l'accesso delle forze di Mosca alla strada cruciale che collega Svatovo a Lyman, che è la principale via terrestre utilizzata per rifornire il gruppo di truppe russe che si trova a Lyman.

L’accerchiamento di Lyman, si legge nel rapporto di ISW, avrà gravi conseguenze per le unità russe nella parte settentrionale di Donetsk e nella parte occidentale della regione di Luhansk, oltre a minacciare le posizioni russe anche lungo il confine ovest della regione di Luhansk.

La situazione è ulteriormente peggiorata per i russi nella giornata del 30 settembre quando le forze ucraine sono entrate anche nel villaggio di Yampil, chiudendo di fatto la sacca di Lyman in cui sono rinchiusi migliaia di soldati russi.

Yampil è stato, ironicamente, anche il primo insediamento liberato dalle truppe ucraine nella regione di Donetsk dopo che questa è stata formalmente annessa dai russi. Tale occorrenza non è rimasta certo inosservata.

“È una illustrazione perfetta della Russia di Putin: la cerimonia ufficiale di annessione al Cremlino, discorsi patetici sull'assorbimento imperialistico ‘di quella che era l'Ucraina’, ma nel frattempo sul campo ci sono migliaia di soldati russi che muoiono in una sacca catastrofica nel Donbass”, ha commentato il giornalista ucraino Illia Ponomarenko.

La verità è che l’offensiva ucraina nella regione di Kharkiv, di cui Lyman è uno degli episodi collegati, resta probabilmente uno dei più grandi disastri militari russi in questa guerra, includendo anche le rovinose prime settimane di guerra.

Quali sono le prospettive ora?

Lo scopo della nuova escalation è evidente: le autorità russe stanno cercando di tracciare una nuova “linea rossa” che, secondo Mosca, la leadership ucraina e l'Occidente non dovranno oltrepassare.

Mosca ha già promesso di difendere le "terre russe appena acquisite" con tutte le forze ed i mezzi disponibili.

Tuttavia, in questo momento il Cremlino non dispone di strumenti affidabili per costringere i rivali a osservare l'inviolabilità di questa "linea rossa", e quanto sta accadendo in queste ore a Lyman ne è la palese dimostrazione.

Le risposte all’annessione da parte dei leader ucraini ed occidentali riportate in precedenza dimostrano che nessuno di loro è disposto ad accettare passivamente le “linee rosse" di Mosca solo perché tracciate da semplici firme ai sensi dei trattati di annessione.

Anzi, l'Occidente ha già risposto negli scorsi giorni con una sua escalation: più precisamente, ha già risposto promettendo di raddoppiare il numero di sistemi di lanciarazzi multipli HIMARS da consegnare all'Ucraina, oltre a fornire nuovi moderni sistemi di difesa aerea.

Il Pentagono sta inoltre lavorando per formare un nuovo comando per coordinare l'armamento e l'addestramento dei soldati ucraini, al cui comando dovrebbe essere messo un generale a 3 stelle.

L'Ucraina, da parte sua, non ha alcuna intenzione di fermare la sua offensiva di successo nel nord-est fin quando i russi non saranno in grado di bloccarli oppure loro stessi non saranno costretti a fermarsi dall’arrivo del “grande fango” autunnale.

D’altronde, l’Ucraina non ha molte altre alternative. Troppe volte le promesse russe si sono dimostrate false perché Kyiv possa ancora avere fiducia delle parole delle autorità russe.

Per chi avesse ancora dubbi sulla malafede del presidente russo Vladimir Putin, basta rileggere ciò che aveva affermato 8 anni fa, quando la Russia aveva illegalmente annesso la Crimea.

"Mi rivolgo anche al popolo ucraino. Voglio sinceramente che voi ci capiate: in nessun caso vogliamo farvi del male o offendere i vostri sentimenti nazionali.

Abbiamo sempre rispettato l'integrità territoriale dello Stato ucraino, a differenza, tra l'altro, di coloro che hanno invece sacrificato l'unità dell'Ucraina alle loro ambizioni politiche. Sfoggiano slogan su una grande Ucraina, ma sono stati loro a fare di tutto per dividere il Paese.

Il confronto di oggi è tutto sulla loro coscienza. Voglio che mi ascoltiate, cari amici. Non credete a chi vi spaventa con la Russia, affermando che altre regioni seguiranno la Crimea. Non vogliamo la spartizione dell'Ucraina, non ne abbiamo bisogno".

Queste parole di Putin hanno attirato l'attenzione del giornalista del Guardian, Sean Walker. "Non sorprende che l'Ucraina non creda che la Russia rispetterà più alcun accordo", ha affermato su Twitter. E sfido chiunque a dargli torto.

L’unità e la determinazione dell’Occidente sono fondamentali

La verità è che più i russi hanno difficoltà sul campo, più i toni di Putin continueranno ad alzarsi in maniera inversamente proporzionale alle capacità militari del suo esercito.

Tutto ciò per un motivo chiaro: l’unica possibilità concreta per Putin di ottenere ancora una vittoria, che non è in grado di avere sul campo, è quella di instillare abbastanza terrore nei suoi avversari per costringerli a trattare alle sue condizioni.

Ma ora come ora qualsiasi trattativa è estremamente difficile, se non del tutto impossibile.

Dopotutto, l'annessione dei territori occupati ha avuto un esplicito effetto collaterale: d'ora in poi, l'unico mondo accettabile per il Cremlino di uscire da questa guerra è quello in cui 4 regioni ucraine (Luhansk, Donetsk, Zaporozhye e Kherson) e la Crimea resteranno sotto il controllo russo.

Queste sono condizioni totalmente inaccettabili per Kyiv, che le considera tutte (giustamente) come legittimi territori ucraini. Ciò rende impraticabile qualsiasi soluzione negoziale di questa guerra, almeno per il futuro prevedibile.

Allo stesso tempo, purtroppo, rende invece sempre più plausibile ciò che prima sembrava fantascienza: ovvero che Putin, messo sempre più alle strette e senza ulteriore capacità di uscire dall’angolo in cui lui stesso si è rinchiuso con le sue mani, arrivi alla fine ad usare armi nucleari tattiche in Ucraina.

Personalmente ritengo che siamo ancora lontani da questo, ma il fatto stesso che se ne parli così apertamente dimostra come il tabù del possibile uso di armi nucleari in guerra si sia già dissolto e questo è già abbastanza grave. Per usare le parole del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guteress, “l’idea di un conflitto nucleare, a volte impensabile, è diventata oggetto di dibattito. Questo di per sé è del tutto inaccettabile”.

Dopo il discorso di Putin di oggi è però arrivato anche il momento di riconoscere un’altra verità innegabile: ovvero che la Russia ha apertamente dichiarato guerra all’Occidente.

Non bisogna farsi illusioni in questo senso: questa guerra, che almeno al momento è combattuta sotto forma di guerra ibrida, (ovvero di bollette alle stelle, di tagli alle forniture energetiche e di minacce nucleari), bisogna vincerla a tutti i costi, cercando di evitare allo stesso tempo che diventi calda, cosa che purtroppo non si può escludere a priori.

Per ottenere questo obiettivo occorre anzitutto restare forti, uniti e determinati nella risposta alla Russia di Vladimir Putin e poi non dimenticare mai che sui campi di grano e nelle foreste dell’Ucraina in questo momento sono in gioco, più di ogni altra cosa, i valori e lo spirito stesso dell’Occidente democratico.

Insomma, che questa è una guerra che, sebbene non sia combattuta sul nostro territorio, ci riguarda sempre più in prima persona.

Mosca deve capire che anche noi “non scherziamo”, per usare un termine così amato dal presidente Putin: una guerra con la NATO significherebbe una guerra nucleare, e le conseguenze per la Russia sarebbero catastrofiche, come ha ricordato più volte il Segretario Generale della NATO, Stoltenberg.

È necessario, perciò, fermare la folle escalation di Putin prima che sia troppo tardi: ciò è vitale per noi, per la Russia e per il mondo intero. La principale minaccia alla pace e alla stabilità in Europa è l’autoritarismo imperiale aggressivo, che la Russia continua ad infliggere a sé stessa da troppo tempo.

È questo il contesto in cui Zelensky, la sera del 29 settembre si è rivolto ai cittadini russi in lingua russa, usando questi termini:

“L'occupante riempie di tombe il territorio occupato dell'Ucraina. E scava sempre più tombe anche sul territorio della stessa Russia. L'occupante organizza camere di tortura nel territorio occupato e riempirà l'intero territorio della Russia di camere di tortura.

Questo è l'unico modo in cui la polizia russa ed i servizi speciali russi funzioneranno da ora in poi. La legge in Russia è stata distrutta. E coloro che hanno portato da noi tutte queste morti, prepotenze, stupri, li porteranno anche a casa propria”.

Il presidente dell'Ucraina ha aggiunto che in Russia "una sola persona" vuole continuare la guerra. Per questo motivo, afferma Zelensky, "l'intera società russa sarà lasciata senza un'economia normale, senza una vita dignitosa, senza rispetto dei valori umani”.

“Si può ancora fermare tutto questo. Ma per farlo, dovrete fermare colui che in Russia vuole la guerra più della vita. La vostra vita, cittadini russi”, ha concluso il suo appello Zelensky.

Il presidente ucraino qui ha ragione da vendere: sono i russi che ora dovranno decidere se vorranno davvero continuare su questa strada, ben sapendo che in questo caso il risultato finale non potrà che essere la catastrofe per il proprio Paese.

Fortunatamente, il popolo russo ha già dimostrato più volte in passato di essere in grado di ribellarsi quando ha davvero raggiunto il proprio limite di sopportazione.

Fino ad allora, però, il nostro compito dovrà continuare ad essere quello di continuare a sostenere l’Ucraina in una lotta che ogni giorno che passa diventa sempre più nostra.

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Daniele Angrisani, 43 anni. Appassionato da sempre di politica internazionale, soprattutto Stati Uniti e Russia. 
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