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Guerra in Ucraina

Perché per l’Ucraina non è ancora finita, anche se i russi hanno preso Severodonetsk

Dopo oltre 120 giorni di guerra, i russi hanno ottenuto il loro primo vero successo nel Donbass. Basterà per far capitolare l’Ucraina? Dipende dall’invio delle armi pesanti americane. L’unica cosa che può ancora cambiare le sorti della guerra a favore di Kyiv.
A cura di Daniele Angrisani
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Un sistema di lancio multiplo HIMARS.
Un sistema di lancio multiplo HIMARS.
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Dopo oltre 120 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, i russi hanno ottenuto il loro primo successo tangibile nel Donbass: il comando ucraino ha infatti ordinato il ritiro delle truppe ucraine presenti a Severodonetsk, che è così finita nelle mani russe, dopo una battaglia durata oltre un mese – era infatti il 13 maggio quando è iniziato l’assalto russo alla città.

È stato per primo il governatore della regione di Luhansk, Serhiy Hayday, ad annunciare il ritiro delle forze ucraine da Severodonetsk motivandolo come necessario per “evitare ulteriori perdite di personale e mantenere una difesa più forte altrove”.

Successivamente il capo dell’amministrazione militare di Severodonetsk, Roman Vlasenko, ha dichiarato che alcune unità ucraine sono rimaste a Severodonetsk il 24 giugno per coprire la ritirata del grosso delle truppe, ma ha aggiunto che le forze ucraine completeranno il ritiro in "pochi giorni".

Come si è arrivati a questo?

Quando ad inizio aprile la leadership russa ha annunciato l’inizio della battaglia per il Donbass, i comandanti russi si sono trovati di fronte ad un difficile compito: portare a termine una operazione con la vittoria senza avere abbastanza forze e tempo a disposizione.

Dopo aver valutato una serie di opzioni, tra cui quella dell’accerchiamento dell’intero gruppo di truppe ucraine in Donbass, il comando russo alla fine ha scelto una strategia più ridotta: quella di "spaccare il fronte", cioè di cercare di sconfiggere l'esercito ucraino in una serie di operazioni successive di scala ridotta (ma fattibili per l'esercito russo) al fine di esaurire e disorganizzare le difese del nemico.

Per ottenere questo risultato, il comando russo ha deciso di usare in maniera massiccia il proprio vantaggio principale sul campo: quello dell’artiglieria, che è stata concentrata al massimo nelle zone decisive, fino ad arrivare in alcune zone ad un vantaggio di 10 ad 1 nel numero dei sistemi di artiglieria tra le due parti in campo.

Dopo un mese di duri combattimenti di artiglieria all'inizio di maggio, le città di Rubizhne (a nord di Severodonetsk sulla riva sinistra – la più vicina alla Russia – del Seversky Donets) e Popasna (a sud-ovest di Lysychansk) sono state occupate dai russi.

È stata soprattutto la conquista di Popasna a rappresentare una svolta tattica per l’esercito russo: da lì, infatti, soldati russi e mercenari del PMC Wagner hanno potuto avanzare verso nord, mettendo così potenzialmente a repentaglio i rifornimenti dell’intero gruppo ucraino presente a Lysychansk e Severodonetsk.

Lo sfondamento russo è stato fermato con difficoltà solo dopo diversi giorni dai rinforzi ucraini, ma una delle due vie principali che rifornivano le truppe ucraine, quella che parte da Bakhmut per arrivare a Lysychansk, è stata praticamente interrotta: sebbene le truppe russe non siano riuscite ad occuparla, di fatto la strada è impossibile da usare a causa dei continui bombardamenti dell’artiglieria russa.

Le truppe russe dopo la cattura di Rubizhne hanno cercato di tagliare anche la seconda strada per Lysychansk, che passa per la città di Seversk. Tuttavia, per fare questo, l'esercito russo ha dovuto provare ad attraversare il fiume Seversky Donet.

L'operazione avvenuta ad inizio maggio nella zona di Bilohorivka si è conclusa in un disastro: l'artiglieria ucraina ha distrutto i ponti di barche e la maggior parte delle attrezzature che avevano attraversato il fiume (circa 100 unità di carri armati, veicoli da combattimento di fanteria e veicoli di ingegneria), causando centinaia di morti tra i soldati russi.

Il comando russo ha quindi cambiato strategia, rinunciando per ora al completo accerchiamento ed attaccando invece direttamente il complesso urbano di Severodonetsk e Lysychansk da diverse direzioni: Severodonetsk da est e da sud, Lysychansk da sud.

In pochi giorni quasi tutta Severodonetsk è caduta nelle mani dei russi, ma i rinforzi ucraini sono riusciti a mantenere il controllo della zona industriale della città (dove si trova l’impianto chimico Azot) per diverse settimane. La zona industriale è separata da Lysychansk (in realtà una città satellite di Severodonetsk) solo dal fiume Seversky Donet.

Questo fatto ha creato difficoltà al gruppo ucraino a Severodonetsk, il cui rifornimento passava attraverso tre ponti sul fiume, che sono stati successivamente fatti saltare in aria (dall'artiglieria russa o dagli stessi ucraini). Negli ultimi 10 giorni, i militari ucraini presenti nella città al di là del fiume sono stati riforniti da barche e i soldati si sono spostati tra le città anche a nuoto.

La svolta a favore dei russi

La situazione è cambiata solo negli ultimi giorni quando, dopo diverse operazioni non del tutto riuscite in varie direzioni, i russi sono riusciti, tra il 18 ed il 21 giugno, a sfondare a sud di Lysychansk, occupando i villaggi di Toshkovka e Vrubovka.

A seguito di questo sfondamento, le postazioni difensive attorno a Lysychansk si sono indebolite così tanto che il comando è stato costretto a ritirare le truppe ivi presenti, in particolare dalle città di Horske e Zolote, dove dal 2015 era stata attrezzata una vasta area fortificata ucraina, che era stata presa d’assalto senza successo almeno dai primi giorni della guerra.

Il ritiro, a quanto pare, si è rivelato caotico ed è stato accompagnato da pesanti perdite: fonti della Repubblica popolare di Luhansk hanno pubblicato video di decine di soldati catturati ed una serie di mezzi e veicoli abbandonati di fretta e furia dai soldati in fuga.

Tuttavia, dal punto di vista tattico, l’operazione è riuscita: le truppe ucraine sono riuscite ad evitare il completo accerchiamento ed in gran parte si sono ritirate prima della chiusura della sacca.

Il ritiro delle truppe ucraine dalla sacca di Zolote ha però consentito ai russi sia di avvicinarsi direttamente da sud sia alla periferia meridionale di Lysychansk che soprattutto (sebbene per ora ad una distanza di diversi km) all’altra strada restante per il rifornimento delle truppe presenti a Lysychansk, quella che passa per Seversk.

Ciò ha creato la minaccia concreta, non più teorica, dell'accerchiamento delle truppe ucraine presenti a Lysychansk e Severodonetsk. Da qui la decisione del comando ucraino di ritirare le truppe da Severodonetsk che a questo punto non era più tenibile come posizione, vista la minaccia diretta verso Lysychansk.

Ed ora cosa succederà?

Non è ben chiaro al momento in che condizioni si stia effettuando questo ritiro: giornalisti occidentali presenti in zona parlano di caos, con attacchi di MLRS ed attacchi aerei contro i soldati in ritirata, e gli ucraini che rispondono al fuoco con obici M777 di origine americani schierati intorno alle città. “Un flusso costante di veicoli che trasportano soldati verso Bakhmut e dintorni”, scrive ad esempio Bryce Wilson su Twitter.

Lo stesso Wilson, comunque aggiunge che “per la cronaca, le forze militari ucraine si sono ovviamente ritirate con successo dall'area. Non ci sono ‘rese di massa’ o massacri. È caotico solo perché ci sono centinaia di veicoli che si muovono avanti e indietro”, per poi aggiungere: “L'invasione russa dell'Ucraina è stata un enorme fallimento. Quasi tutta Severodonetsk è distrutta. L'esercito russo ha subito perdite catastrofiche in tutta l'Ucraina”.

Anche un funzionario del Pentagono americano ha espresso moderatamente ottimismo: durante il briefing di ieri ha osservato che il ritiro ucraino da Severodonetsk consentirà alle truppe ucraine di assicurarsi posizioni difensive migliori e di logorare ulteriormente le forze russe che già “mostrano segni di logoramento e morale debilitato”.

Tutto ciò, a tendere, non farà altro che rallentare ulteriormente le operazioni offensive russe nel Donbass a lungo. Ma questo dipende immediatamente dalla capacità del comando ucraino di condurre la ritirata senza subire troppe perdite o viceversa dalla capacità del comando russo di approfittare di questa situazione per trasformare la ritirata in una vera e propria rotta.

Il comando ucraino ha da tempo creato una seconda linea di difesa, da Seversk a Bakhmut. Grandi riserve ucraine sono state già viste operare negli ultimi giorni nell'area di Bakhmut (ed alcune di esse potrebbero essere già state lanciate in battaglia per rallentare l’avanzata russa).

Tuttavia, le truppe provenienti da Severodonetsk devono ancora arrivare su questa linea: almeno in alcuni punti la strada è molto difficile da percorrere a causa dei continui bombardamenti dell’artiglieria e dell’aviazione russa. È probabile quindi che durante la ritirata, le truppe ucraine subiranno perdite anche consistenti, in particolare dei loro mezzi pesanti.

Lysychansk sarà difesa a tutti i costi?

In questo scenario, una difesa prolungata ad ogni costo delle restanti aree della regione di Luhansk, ovvero in particolare della città di Lysychansk, potrebbe essere un errore, nonostante il ritiro da queste zone rappresenterebbe il primo risultato effettivo per Putin dall’inizio della guerra.

Nelle ultime settimane, infatti, pur di mantenere le proprie posizioni a tutti i costi l’esercito ucraino ha subito perdite uguali o persino maggiori di quelle inflitte alle truppe russe, e non sembra essere stato in grado di sfruttare a pieno la finestra temporale per condurre una ritirata organizzata da Severodonetsk.

Allo stesso tempo, neppure le truppe russe hanno però mostrato di essere in grado di avanzare nelle profondità delle difese nemiche e per un motivo principale: non vogliono infatti uscire da sotto "l'ombrello" della loro artiglieria, che fornisce il loro vantaggio principale.

La tattica principale dell'esercito russo in questa fase è il bombardamento costante per diversi giorni delle postazioni ucraine con l’artiglieria pesante, seguito poi da attacchi di fanteria. In tali condizioni, senza voler rischiare maggiormente, i russi non saranno probabilmente in grado di chiudere il "calderone di Lysychansk" ed interrompere la ritirata ucraina prima che sia già avvenuta in buona parte.

Per questo motivo, è molto probabile che le forze ucraine cercheranno per il momento di mantenere a tutti i costi le proprie postazioni difensive intorno a Lysychansk da dove continueranno a resistere agli assalti russi, infliggendo loro dure perdite, anche dopo la caduta di Severodonetsk.

La posizione più elevata di Lysychansk rispetto al terreno circostante potrebbe consentire loro di respingere gli attacchi russi per un certo periodo di tempo se nel frattempo i russi non saranno in grado di chiudere l’accerchiamento, ipotesi da considerarsi complicata per il fatto che i russi non sembrano essere in grado di avanzare da nord, dopo il fallimento di inizio maggio di attraversamento del fiume Seversky Donets.

Gli ucraini inoltre hanno un altro vantaggio, dovuto stavolta al terreno: tra le posizioni russe a sud-ovest di Lysichansk e la strada verso Seversk lungo la quale si stanno ritirando le truppe ucraine, c'è un'altra zona industriale, quella della raffineria di petrolio di Lysichansk. E come abbiamo già visto con Azovstal a Mariupol e Azot Severodonetsk, le zone industriali rappresentano ottime aree per fortificare le postazioni difensive ucraine e guadagnare tempo prezioso.

È quindi molto probabile che le forze ucraine si ritireranno deliberatamente da Lysychansk già nei prossimi giorni verso le posizioni fortificate della linea Seversk/Bakhmut solo nel caso in cui le forze russe si dimostreranno essere in grado di sfondare ulteriormente da sud e minacciare di tagliare del tutto i rifornimenti alla città.

Arriva la cavalleria: gli HIMARS americani

In questa situazione oggettivamente difficile per Kyiv, la principale ancora di speranza per il comando ucraino arriva dalle consegne delle armi occidentali che sembrano essere arrivate ad un punto di svolta. Per la prima volta, infatti, dopo settimane di addestramento, proprio questa settimana le forze ucraine hanno potuto utilizzare sul campo i sistemi HIMARS (High Mobility Artillery Rocket System).

Si tratta di sistemi estremamente avanzati di origine americana con munizioni con munizioni a guida satellitare e gittata fino a 70 km che permettono agli ucraini di poter attaccare da distanza di sicurezza e con sufficiente precisione postazioni nemiche ben al di là della precedente capacità, in particolare anche obiettivi in profondità oltre le linee nemiche.

Sebbene le prime consegne da parte americana di questi sistemi siano state in numero limitato – al momento è stato consegnato solo il primo gruppo di 4 sistemi HIMARS, e del secondo gruppo di altri 4 HIMARS il cui invio è stato annunciato questa settimana, è prevista la consegna solo entro la metà di luglio – l’impatto del loro utilizzo è stato immediatamente visibile.

Questa notte, ad esempio, è stato colpito un obiettivo a Svatove, nella regione di Luhansk, nella zona occupata dai separatisti ad oltre 50 km dalla linea del fronte, una postazione che finora era al di là delle capacità di colpire dell’artiglieria ucraina.

Inoltre, per tutta la notte sia la città di Donetsk che le sue immediate vicinanze sono state oggetto di pesanti attacchi di artiglieria da parte ucraina, forse anche mediante l’uso di sistemi HIMARS da parte ucraina. Infine, ci sono segnalazioni dell’utilizzo di questi sistemi anche in altre parti dell’Ucraina, in particolare nella regione di Kherson, dove gli ucraini si stanno preparando per una controffensiva su larga scala entro l’estate.

L’esito della battaglia di Severodonetsk ha dimostrato più che mai come l’esercito ucraino abbia bisogno di aiuti militari sempre più massicci da parte dell’Occidente. Ma la situazione è precaria: a causa delle conseguenze economiche della guerra in Europa, l'Ucraina potrebbe invece subire al contrario sempre più pressioni per raggiungere un accordo di pace con la Russia che non è nei suoi piani, come ha dichiarato il primo ministro britannico Boris Johnson.

"Troppi Paesi stanno dicendo che questa è una guerra europea non necessaria, quindi la pressione crescerà per incoraggiare – o forse addirittura costringere – gli ucraini ad una ‘pace’ a qualsiasi costo", ha detto Johnson, aggiungendo che se il presidente russo riuscisse ad avere la meglio in Ucraina sarebbe pericoloso per la sicurezza internazionale e si tratterebbe di una "catastrofe economica a lungo termine".

È la stessa posizione espressa di recente anche dal Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg, che ha detto che una vittoria russa in Ucraina peggiorerebbe la sicurezza a lungo termine dei Paesi dell’Alleanza Atlantica e che quindi è necessario a tutti i costi aiutare Kyiv a difendersi e vincere questa guerra.

Ma, a prescindere dalle dichiarazioni ufficiali, la realtà è che la stanchezza delle opinioni pubbliche occidentali si fa sempre più sentire e che le notizie in arrivo dal campo di sicuro non aiutano a ritenere che l’Ucraina possa ottenere un successo militare di rilievo nel prossimo futuro.

Ora che le nuove armi promesse sono arrivate o in fase di ultimazione di consegna, è arrivato quindi per Kyiv il momento della verità: dimostrare che grazie a queste gli ucraini non siano solo in grado di contenere le avanzate russe, ma anche di sferrare offensive ampie, in Donbass ed altrove.

Solo in questo Kyiv potrà dimostrare ai sempre più scettici Paesi europei che vale la pena sacrificarsi ancora per aiutare l’Ucraina ad ottenere un risultato che per ora sembra sempre più allontanarsi.

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Daniele Angrisani, 43 anni. Appassionato da sempre di politica internazionale, soprattutto Stati Uniti e Russia. 
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