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Perché per gli americani è così importante conoscere lo stato di salute dei candidati

Negli Stati Uniti si tende a pensare che conoscere lo stato di salute di chi si vota sia un diritto degli elettori, e fornire dettagli a riguardo un dovere dei politici. Non è solo un fatto pratico, ma un fatto d’immagine, e Hillary Clinton potrebbe pagare cara la sua polmonite.
A cura di Flavia Guidi
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Parkinson, sifilide, artrite, trauma celebrale, instabilità mentale: sono solo alcune delle malattie che negli ultimi mesi sono state attribuite a Hillary Clinton, ben prima che la si vedesse barcollare sorretta da due bodyguard mentre lasciava prima del previsto la cerimonia per l’anniversario dell’11 settembre.

Se Hillary qualche ora dopo è apparsa in pubblico sorridente e si è già ripresa da quella che si è rivelata essere una polmonite, ci sono due conseguenze indirette di quello che è avvenuto, e sono ben più preoccupanti delle voci fantasiose di chi ipotizza che il partito democratico abbia già pronto un candidato alternativo (sempre che non sia già stata sostituita da un sosia, come credono – ovviamente – molti amanti del complotto.)

Il primo effetto riguarda la sua reputazione politica, e rinforza un’idea di Hillary che da tempo rappresenta per lei un problema. Tutta la carriera politica dell’ex senatrice, ex first lady ed ex Segretario di Stato, è caratterizzata infatti dall’aurea di segretezza che la avvolge e dalla sfiducia con cui viene percepita dagli americani. Secondo un recente sondaggio, sei elettori americani su dieci non si fidano di Hillary Clinton, ma il numero di quelli che dichiarano di fidarsi di lei è solo l’11 percento secondo altre fonti, mentre da tempo tra le parole che vengono associate più comunemente al suo nome dagli elettori al primo posto c’è l’aggettivo “bugiarda”.

Questa mancanza di fiducia è da attribuire ad aspetti sia politici che personali. Da una parte, deriva infatti dall’immagine fredda e riservata che Clinton di fatto ha sempre scelto, mantenendo la sua privacy e puntando su un’immagine solida piuttosto che empatica. Dall’altra, è il risultato delle sue scelte politiche. Dal 1993, periodo in cui era First Lady e il suo nome venne associato ad alcuni licenziamenti del personale della Casa Bianca, il cosiddetto Travelgate, al problema con le conferenze stampa, che ha spesso e volentieri evitato durante questa campagna, fino all'ultimo scandalo delle “email segrete” durante il suo incarico come Segretario di Stato, la carriera politica di Hillary non è certo esente da ombre che ne compromettono la trasparenza.

In questo panorama, il fatto che non abbia comunicato la polmonite nel momento in cui le è stata diagnosticata—lo scorso venerdì—è stato visto dall’opinione pubblica e dai commentatori come l’ennesima conferma della sua inaffidabilità. Una qualità politica di certo non invidiabile per una candidata alla presidenza.

Il secondo effetto collaterale della malattia non è di origine politica ma culturale: riguarda infatti le conseguenze di quell’episodio a livello di immagine. In altre parole, ha che fare con il rapporto che gli elettori americani hanno con la salute dei propri candidati—e con l’immagine che questi devono dare di sé e degli Stati Uniti.

La storia americana non è immune da presidenti con problemi di salute.

Per nominare solo i casi più noti e fondati, nel 1919, l'allora presidente Woodrow Wilson fu colpito da un ictus durante il suo mandato, di cui l'opinione pubblica seppe ben poco; Franklin D. Roosevelt, uno dei presidenti più amati di sempre dagli americani, appariva raramente nelle immagini pubbliche sulla sedia a rotelle su cui lo aveva costretto quella che veniva considerata una poliomelite, e sulla malattia al cuore che lo colpì sul finire della sua vita non furono rilasciate grandi informazione; Lo stesso Kennedy, il presidente più giovane mai eletto che in pubblico appariva come lo specchio del vigore e della salute, soffriva di diversi problemi fisici, mai del tutto chiariti, che lo portavano a fare un uso consistente di medicine.

Tuttavia, se questi problemi non erano di dominio pubblico né veniva richiesto che fossero tali, negli anni recenti la situazione è radicalmente cambiata  L’opinione pubblica ha posto un’attenzione sempre maggiore sulla salute fisica dei candidati, e ha cominciato a richiedere, anche se non ufficialmente obbligatoria, una sempre maggiore trasparenza.

Già George Bush, nel 2000, aveva presentato la cartella clinica che ne attestava lo stato di salute, e l’apice di accuratezza in merito è stato raggiunto nel 2008 dal senatore John McCain, sfidante repubblicano di Barack Obama. Considerata l'età e i problemi fisici passati, alla diffusa preoccupazione sul suo stato di salute McCain aveva risposto rendendo pubbliche più di 1,173 pagine che mostravano nel dettaglio la sua cartella clinica, mentre era stato molto più conciso Obama.

Ma se per il presidente uscente l’immagine non è mai stata un problema ma piuttosto una carta da giocarsi a suo favore, per Clinton e Trump, che con rispettivamente 69 e 70 anni sono i candidati più vecchi della storia degli Stati Uniti, l’opinione pubblica è stata molto meno permissiva. Le cartelle cliniche rese pubbliche in precedenza, che pure erano più dettagliate di quelle presentate da Mitt Romney e Barak Obama alle precedenti elezioni, non sono bastate per fermare le voci sui problemi fisici di entrambi, né a soddisfare la richiesta di trasparenza in merito.

Negli Stati Uniti infatti, più che in altri paesi , nonostante il dibattito sul tema sia aperto e in molti difendano la privacy dei candidati in quanto alla salute, si tende in generale a pensare che conoscere lo stato fisico di chi si vota sia un diritto degli elettori, e fornire dettagli a riguardo un dovere dei politici.

I motivi dietro quest’atteggiamento sono in primo luogo meramente pratici: si vuole scongiurare l’ipotesi di trovarsi negli Stati Uniti, la nazione più influente del mondo, senza una guida—o almeno si vuole limitare il più possibile il rischio che questo avvenga.

Ma, non meno importanti, sono i motivi legati all’immagine. Negli Stati Uniti, in modo più amplificato rispetto al resto del mondo, si ha la tendenza a votare candidati che rispettano certi canoni estetici, e che trasmettono un’immagine positiva e affidabile, l’immagine che ha forgiato di se stessa l'America nei suoi decenni da super potenza. L’equazione tra bello e bravo, sano e bello, non è un’invenzione dei film di Hollywood né un astretto retaggio del passato: ha risvolti reali sulla società e sulla politica americana, come dimostrano studi autorevoli, e come racconta la storia.

Ieri sera, come aveva annunciato, la candidata democratica ha diffuso una sua cartella clinica più dettagliata. Hillary Clinton appare in un ottimo stato di salute, migliore di quello del suo avversario, Donald Trump, che quasi contemporaneamente sfruttava una trasmissione televisiva per presentare la sua.

Tuttavia, come mostrano gli ultimi sondaggi, la gara tra i due è un testa a testa, e rimane il fatto che Hillary Clinton, al contrario del suo avversario, è stata immortalata in un momento di debolezza—un fatto che negli Stati Uniti, non sempre viene perdonato.

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