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Guerra in Ucraina

Perché Orban ha bloccato 50 miliardi di euro di aiuti all’Ucraina e cosa vuole ottenere il leader ungherese

Il professor Aldo Ferrari (ISPI): “Quella del leader ungherese è però una tattica molto abile, sebbene a noi non piaccia: mercanteggia su tutto e riesce ad ottenere molto per il suo Paese, soprattutto dal punto di vista economico, minacciando continuamente di far saltare importanti progetti europei”.
Intervista a Professor Aldo Ferrari
Responsabile delle ricerche ISPI su Russia, Caucaso e Asia centrale e docente all'Università Ca' Foscari di Venezia.
A cura di Davide Falcioni
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Dopo aver sbloccato il negoziato per l'adesione dell'Ucraina all'Unione Europea ieri il primo ministro ungherese Viktor Orban ha posto il veto su 50 miliardi di euro di aiuti da parte dell'UE a Kiev. La decisione è giunta dopo un'intera giornata di trattative, con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che ha tentato di minimizzare lo stallo dichiarando: "Abbiamo strumenti per garantire la nostra affidabilità, gli ucraini possono contare sul nostro sostegno, in questo pacchetto, su cui c'è ampio accordo politico a 26, ci sono 50 miliardi per l'Ucraina". Il problema è che senza un accordo a 27 (cioè con tutti i Paesi dell'Unione Europea) difficilmente la misura potrà andare in porto.

Dopo lo stop ai 60 miliardi di dollari di aiuti dagli Stati Uniti il veto ungherese sugli aiuti da parte dell'UE rischia di lasciare l'Ucraina a mani nude in una delle fase più delicate della guerra contro la Russia. Ma dietro la mossa di Orban ci sono calcoli interni e un'efficace e spregiudicata strategia di "mercanteggiamento". A spiegare a Fanpage.it le ragioni del leader ungherese è il professor Aldo Ferrari, responsabile delle ricerche ISPI su Russia, Caucaso e Asia centrale e docente all'Università Ca' Foscari di Venezia.

Il professor Aldo Ferrari
Il professor Aldo Ferrari

Ieri i leader Ue, a sorpresa, hanno approvato l’apertura dei negoziati di adesione dell’Ucraina all'Unione Europea. La decisione è stata presa grazie all’assenza strategica Viktor Orban, uscito dall'aula al momento del voto. Come va interpretata questa mossa del del premier ungherese?

Da tempo Orban conduce una politica complessa nella quale l'atteggiamento nei confronti dell'Ucraina è solo parte di una strategia di forte differenziazione nei confronti di alcune scelte europee. Quella del leader ungherese è però una tattica molto abile, sebbene a noi non piaccia: mercanteggia su tutto e riesce ad ottenere molto per il suo Paese, soprattutto dal punto di vista economico, minacciando continuamente di far saltare importanti progetti europei. La politica di Orban è sicuramente sgradevole ma è piuttosto efficace: ieri, uscendo dall'aula durante il voto, ha dato il sostanziale via libera all'Ucraina in UE, ma contestualmente ha rifiutato di approvare il nuovo pacchetto di aiuti da 50 miliardi di euro a Kiev.

Improvvisamente Orban è diventato favorevole all'ingresso dell'Ucraina nell'Unione Europea?

Quel che è certo è che il leader ungherese è contrario all'ingresso di Kiev in Europa. Devo dire che si tratta di una posizione sotto molti aspetti condivisibile: stiamo avviando le trattative per accogliere uno stato che molto difficilmente potrà entrare a far parte dell'Unione Europea, e comunque senza apportare nessun vantaggio economico e politico ai nostri Paesi. Credo che l'UE debba smetterla di ragionare in maniera così supina nei confronti di indicazioni che provengono dagli Stati Uniti e che non sempre vanno a nostro beneficio.

Lei ci descrive Orban come un leader politico spregiudicato e abile, abituato a "mercanteggiare" a vantaggio del suo Paese, l'Ungheria. In questo caso quale potrebbe essere la posta in gioco?

A causa di alcune politiche poco gradite all'Unione Europea Orban ha difficoltà ad accedere a una serie di fondi comunitari. Ieri, avendo bloccato il finanziamento a Kiev, ha iniziato un vero e proprio negoziato politico: al prossimo appuntamento otterrà lo sblocco di finanziamenti finora congelati per l'Ungheria in cambio dello sblocco di almeno una parte degli aiuti a Kiev. Da questo punto di vista Orban è abilissimo: da un lato ha una visione molto diversa da quelle europea, dall'altro riesce a "sfumare" queste differenze ottenendo vantaggi per l'Ungheria. D'altro canto la regola dell'unanimità presente in UE ci impone di cercare anche il suo consenso. Siamo costretti, per avere il via libera di Orban, ad aprire i cordoni della borsa benché non ci sia volontà da parte dell'UE di finanziare l'Ungheria, visti i suoi rapporti con la Russia, lo scarso sostegno all'Ucraina e le politiche interne di stampo conservatore-nazionalista.

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Un ritardo nell'erogazione degli aiuti europei cosa potrebbe comportare per l'Ucraina?

Ieri è stato dato l'inizio alle trattative per l'ingresso dell'Ucraina nell'Unione Europea. Questi negoziati saranno lunghi e complessi anche perché, obiettivamente parlando, l'UE ha sviluppato una narrazione su Kiev che non è affatto corretta. In funzione anti russa abbiamo ampiamente sopravvalutato il livello di democrazia dell'Ucraina, che in verità è bassissimo. Inoltre stiamo parlando di un'economia che già prima della guerra era molto deficitaria, e che ora è semidistrutta, per non parlare del piano giuridico. Insomma, quella europea di è una decisione puramente politica. A mio giudizio l'integrazione nell'UE è senza dubbio una buona notizia per Kiev, anche perché si accompagna a una situazione militare preoccupante. Non solo è fallita la controffensiva estiva, ma i russi stanno avanzando, seppur limitatamente. Se gli aiuti economici occidentali diminuiranno, soprattutto alla vigilia delle elezioni in USA, per l'Ucraina si prospetta una situazione molto preoccupante. E qui si pongono altri interrogativi: cosa farebbero gli Stati Uniti, e soprattutto l'UE, se il fronte ucraino collassasse?

Putin ieri ha parlato delle relazioni russe con gli Stati Uniti e l’Europa, incolpando entrambi di aver cercato di “spingerci al secondo o al terzo posto ignorando i nostri interessi”. Il presidente russo ha detto di essere pronto a ripristinare le relazioni con il nostro continente, ma ha anche affermato che la Russia non ha fatto “nulla di male” per essere stata “attaccata con vigore”. È l’apertura a un possibile dialogo?

Ieri Putin ha detto molte cose. Il miglior andamento della guerra, il suo sdoganamento in molti Paesi e il fatto che abbia ricominciato a viaggiare gli dà molta sicurezza, molta più di quanto ne avesse un anno fa dopo il successo della controffensiva ucraina e anche più di quanta ne avesse dopo il tentato golpe di Yevgeny Prigozhin dello scorso giugno. Per il capo del Cremlino la situazione è ora di netto miglioramento: può permettersi non solo di parlare, ma anche di proporre le sue condizioni, che naturalmente prevedono il mantenimento di tutti i territori occupati e la neutralità di Kiev. Non credo che però le proposte russe siano accettabili per USA, UE e soprattutto per l'Ucraina. Resta tuttavia aperta una questione importante: quanto è utile per l'Occidente insistere nel sostegno incondizionato a un paese, l'Ucraina, che questa guerra non riuscirà mai a vincerla? Sta a noi a questo punto decidere cosa fare: rivedere le politiche adottate finora, oppure insistere nel sostegno a Kiev con scarsissime possibilità di successo.

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