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Guerra in Ucraina

Perché ora la Russia sta vincendo la guerra in Ucraina: l’analisi dell’esperto

Sui campi di battaglia “un anno di stallo e poi di nuovo un vantaggio per Kyiv” ma “Mosca non subirà una disfatta e conserverà la Crimea”. L’analisi della guerra in Ucraina di Mark Galeotti, tra i maggiori esperti mondiali delle forze armate e dei servizi segreti russi.
A cura di Riccardo Amati
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“La Russia non potrà mai subire una disfatta in Ucraina, né tantomeno vincere la guerra”. Sta però certamente vincendo la guerra della propaganda. Perché “l’Occidente ha molti punti deboli”, gli stati occidentali “privilegiano i loro interessi nazionali rispetto a quelli in comune” e “non riescono ad articolare un motivo convincente per sostenere Kyiv”. Parola di Mark Galeotti, tra i maggiori esperti mondiali delle forze armate e dei servizi segreti russi, autore di “Putin’s Wars” (Oxford, 2022) e di molti altri libri sulla politica del Cremlino. Galeotti ritiene che la situazione sul terreno resterà in stallo per tutto il 2024 e che poi il vento riprenderà a soffiare in favore di Kyiv “ammesso che in America o in Europa non ci siano cambiamenti politici clamorosi”. Ma non significa che l’Ucraina potrà riprendersi la Crimea”. Intanto, l’Occidente dovrà trovare una sintesi delle sue posizioni e dichiarare con maggior chiarezza quali siano “gli interessi in gioco”.

Fanpage.it ha parlato con Mark Galeotti mentre dagli Stati Uniti arrivava l’allarme sulla possibile fine imminente dei fondi destinati all’Ucraina e il Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg avvertiva che dal fronte c’erano da aspettarsi “anche cattive notizie. Intanto, a Kyiv, il popolare sindaco Vitali Klitschko rilasciava dichiarazioni preoccupate sul centralismo perseguito dall’amministrazione Zelensky e il capo di Stato maggiore Valerii Zaluzhny, in rotta con il presidente, ripeteva i suoi amari commenti sul fallimento della controffensiva delle sue forze armate.

Professor Galeotti, Putin sta vincendo la guerra?

In Ucraina non può perdere, e nemmeno vincere. L’economia russa si è adattata molto bene. È diventata un economia di guerra con grandi vantaggi per l’industria della difesa. La disoccupazione è bassa. E i salari aumentano perché c’è una forte domanda di lavoro. Detto ciò i problemi di lungo termine sono all’orizzonte. Il budget è per il 70 percento dedicato alla spesa militare. Prevedono di tagliarla nel 2025. Ma è improbabile che la guerra tra tra un anno sarà finita.

Perché è improbabile?

Nessuna delle due parti ha capacità offensive che consentano qualcosa in più di attacchi localizzati. Lo scenario più realistico è che per l’intero 2024 si protragga una situazione di stallo.

E quando potrebbe rompersi lo stallo?

A tempo debito. Quando l’economia di guerra comincerà a evidenziare le sue fisiologiche incongruenze. I settori civili sono già piuttosto nei guai. Il Pil cresce solo sulla spinta del settore militare. Le riserve stanno diminuendo. Ma soprattutto, Putin sarà costretto a lanciare una seconda mobilitazione, nel 2024. Aspetterà fino a dopo le elezioni presidenziali (nel marzo 2024 in Russia si voterà per la presidenza, ndr). Ma dovrà farla. Cominceremo a vedere proteste.

Addirittura? Gli oppositori sono perlopiù in carcere o all’estero. Chi andrà a manifestare?

Nelle scorse settimane ci sonno andate le mogli e le madri dei soldati, contro il prolungamento della ferma. Proteste sparute, ma ci sono state. E le autorità, stranamente, non le hanno represse. A Mosca il sindaco Sobyanin addirittura ha ignorato il suggerimento del Cremlino di chiudere la piazza della manifestazione con la scusa di lavori stradali.

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Sergey Sobyanin sembra chiamarsi fuori dalla propaganda guerrafondaia del regime. Si sta candidando a un dopo-Putin

Probabile. Fa il minimo richiesto dal regime per non farsi accusare di “tradimento”. Ma niente di più. Ha in testa qualcosa per un futuro diverso.Però per Putin le cose vanno bene, al momento. Anzi, in questi dieci mesi di guerra ha rafforzato il suo potere. A colpi di leggi liberticide e di propaganda anti-occidentale. 

Alcuni provvedimenti contro la libertà, come quello che definisce “terroristico” il movimento Lgbt, secondo me sono più di facciata che altro. In Russia ci saranno le elezioni presidenziali. Tra soli tre mesi. Il vincitore potrà essere solo Putin. Ma si vuol creare il maggior consenso possibile. Soprattutto, instillando nella popolazione la sensazione di essere sotto attacco e di necessitare dell’uomo forte al comando. Dalla  narrativa è praticamente sparita l’Ucraina: perché la guerra non è popolare. Così si allarga l’orizzonte e si parla del conflitto di valori con l’intero Occidente. Il regime non riesce a proporre nient’altro. In passato garantiva ai cittadini un miglioramento del tenore di vita in cambio della loro apatia politica. Ma ormai la vita non migliora più. La legittimazione la si cerca in modo diverso. Usando la paura e agitando lo spettro di una minaccia esistenziale. Giustificando la possibilità di tempi duri. Convenientemente, si ripropone il mito della capacità di resistere per la patria, ritenuta propria dei russi.

Tornando dal fronte interno a quello ucraino. Diceva di prevedere uno stallo per il prossimo anno. Ancora un punto a favore per Putin, ci pare. E poi? Nel 2025 che succederà?

Se non ci saranno cambiamenti politici drastici in America o in Europa nel corso del prossimo anno, alla fine del 2024 il pendolo oscillerà di nuovo verso l’Ucraina e l’Occidente.

Perché?

Soprattutto per motivi di munizionamento. La Russia adesso produce più munizioni dell’Occidente e dell’Ucraina. Ma entro la fine del 2024 gli investimenti fatti dai Paesi occidentali nell’industria della difesa cominceranno a far vedere i loro effetti. La capacità produttiva aumenterà di parecchio.

E in Russia invece non aumenterà?

Ci sono problemi nel produrre armamenti di alta precisione. Ma le risorse si son dimostrate maggiori di quanto molti analisti miliari prevedessero. Ecco perché se la Russia non può vincere questa guerra, non può nemmeno davvero perderla. Non vedo la possibilità che la Crimea torni sotto il controllo di Kyiv. La situazione sul terreno potrebbe a un certo punto convincere Putin a cercare qualche tipo di accordo. Ma non ci sarà mai una vera disfatta russa.

I rifornimenti di armi da parte di Corea del Nord e Iran sono cruciali per la Russia? 

Non sono vitali. Ma aiutano eccome. I nord-coreani hanno già fornito munizioni per artiglieria sufficienti per un mese di guerra, e continueranno a inviarne. I droni iraniani sono arrivati in un momento topico per gli attacchi sull’Ucraina. E adesso i russi producono direttamente droni, su disegno iraniano.

E che aiuto dà la Cina?

I cinesi stanno assicurando assistenza militare diretta. E appena firmato un contratto per la fornitura veicoli fuoristrada, di cui l’esercito russo ha molto bisogno.

Parlava di possibili cambiamenti politici in Occidente. Una presidenza Trump metterebbe definitivamente nei guai l’Ucraina? Che vantaggi potrebbe portare a Mosca un suo ritorno alla Casa Bianca nel 2025?

Difficile da dire. Nel periodo in cui fu presidente, parlò in modo molto caloroso di Putin. Ma non tradusse questo atteggiamento in una politica favorevole alla Russia. Anzi, alla fine del suo mandato la politica statunitense nei confronti di Mosca era dura come non mai dalla fine dell’Unione Sovietica. Il fatto è che a Trump interessa solo Trump. Quel che dice serve a creare consenso più che a raggiungere davvero obiettivi politici. Potrebbe esserci una levata di scudi isolazionista da parte del Partito repubblicano. Ma credo che con Trump di nuovo alla Casa Bianca ci sarebbero molte dichiarazioni sulla volontà di porre fine al conflitto ucraino e poca sostanza dal punto di vista pratico. Intanto, Putin ha un motivo in più per tener duro, sul teatro ucraino. Nella speranza che sulla scena possa arrivare un deus ex machina a dare una svolta al copione.

Nel frattempo, a essere scossa da problemi politici interni è l’Ucraina: Zelensky e il suo capo di Stato maggiore Zaluzhny non vanno più d’accordo. Anche col sindaco di Kyiv, il popolare ex pugile Vitali Klitschko, ci sono problemi. Che succede? La Russia sta soffiando sul fuoco?

Di certo al Cremlino sono felici di quel che sta avvenendo a Kyiv. Ma ciò che si è letto riguardo ad agenti “dormienti” dei servizi di Putin chiamati all’azione in Ucraina per creare torbidi non mi convince per niente. Mi pare un tentativo grossolano di mascherare una realtà meno drammatica e spettacolare: quella di genuini problemi politici. In Ucraina si fa politica. Vige un sistema che permette dibattiti vivaci e prese di posizione distinte, anche se l’invasione russa li rende meno frequenti. Ci sono preoccupazioni sincere sulla centralizzazione del potere affermatasi nel corso della guerra. Non c’è dietro la mano di Mosca.

Quindi, la Russia non può vincere la guerra “calda” in Ucraina e nemmeno perderla, dice lei. Ma la guerra ibrida con l’Occidente non la sta forse vincendo? Il sostegno a Kyiv si fa più timido. Manca una visione univoca credibile. Il Sud globale — o parte di esso —  ci accusa della tragedia di Gaza, e sembra avere come faro Putin. Siamo “decadenti” come dice lui?

In questo senso Mosca la guerra la sta vincendo, seppure a un costo terribile. Perché la Russia da questa vittoria esce devastata. Ma alla fine Putin ha avuto ragione su molte cose, riguardo all’Occidente: non vogliamo mobilitare la nostra popolazione; non vogliamo mandare i nostri soldati a combattere; non vogliamo trasformare le nostre economie per aumentare la capacità militare. E se guardiamo al blocco dei tir in corso alla frontiera tra Ucraina e Polonia (gli autotrasportatori polacchi protestano contro le agevolazioni concesse dall’Ue ai loro colleghi ucraini per via della guerra, ndr), ci rendiamo perfettamente conto di come gli interessi nazionali prevalgano rispetto al sostegno all’Ucraina. Alla fine, il problema è la difficoltà di articolare un motivo convincente per il nostro impegno: non è che se la Russia riuscisse in qualche modo a vincere in Ucraina aggredirebbe la Nato. Quantomeno per anni non sarebbe in condizione di farlo. La sicurezza globale e la difesa del diritto internazionale, poi, sono argomenti senza richiamo popolare. Il fatto è che l’Occidente a molti punti deboli. Forse perché siamo “decadenti”? Più probabilmente, perché non abbiamo abbastanza interessi in gioco.

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