Perché ora la Cina vuole provare a mediare per la pace tra Russia e Ucraina
Domani sarà un anno dall’invasione russa in Ucraina, un conflitto per il quale si stimano già oltre 200 mila vittime, che ancora sembra non trovare una soluzione diplomatica, ma che vede ora un rinnovato impegno cinese. Mentre Biden a Kiev abbraccia Zelensky affermando il “fallimento di Putin”, il capo della diplomazia cinese Wang Yi viaggia tra Ue e Russia proponendo una nuova iniziativa di pace, cercando un punto di incontro con Bruxelles, suo principale partner commerciale, e riaffermando la solidità del rapporto con Mosca, suo principale partner strategico con cui opporsi allo status- quo americano.
Lo scenario
Per il dipartimento di Stato Usa, l’incontro di Wang con Putin di ieri e le prospettate “nuove frontiere” più che un tentativo di mediazione, sono un preoccupante segnale di vicinanza tra Mosca e Pechino e si prevede che aprono il campo per una visita ufficiale di Xi tra qualche settimana. Il segretario di Stato Antony Blinken -che sarebbe già dovuto essere in Cina se non fosse stato per la saga del pallone spia (che abbiamo descritto qui)- si è detto preoccupato per la fornitura di armamenti cinesi ai russi, perché questo scenario cambierebbe completamente le proporzioni del conflitto. Il timore, che ha trovato spazio anche in uno scoop del Wall Street Journal e nelle dichiarazioni di Josep Borrell e altri alti ufficiali europei, non ha tuttavia ancora prove certe e Pechino dichiara di non aver nessuna intenzione di partecipare alla guerra, ribadendo la propria neutralità.
Per gli analisti, la Cina risente sempre più della guerra e teme che sfugga di mano, per questo mette al centro una nuova iniziativa di pace globale tipica del proprio soft power che mira ad accrescere principalmente la propria influenza, piuttosto che andare a rischiare un’estensione del conflitto ancora più problematica per la propria situazione. Secondo quanto riportato dal New York Times, dopo le conseguenze della pandemia e della politica zero-covid “ha urgente bisogno di rilanciare la propria economia, vuole ricucire i rapporti con l'Europa ma stenta a creare distanza tra sé e Mosca.”
L’iniziativa proposta in questi giorni infatti non è stata ben accolta da tutti. Mentre con Italia, Francia, Germania e Ungheria si è parlato di cooperazione e mediazione, con gli Usa sono volate reciproche accuse alla 59° conferenza internazionale sulla sicurezza di Monaco. Non un bel segnale per il luogo scelto “per comunicare la visione di una sicurezza comune, globale, cooperativa e sostenibile promossa dal presidente Xi Jinping”.
L’incontro con Putin
Neanche Mosca sembra aver recepito di buon grado la proposta di Pechino. Per Wang Yi il rapporto con la Russia “è solido come roccia" e “insieme si supporta il multipolarismo e si lavora per la democratizzazione delle relazioni internazionali”. In questi giorni non ha incontrato solo Putin, ma anche Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di Sicurezza -che ha ribadito il sostegno alla Cina per Taiwan e Hong Kong- e il Ministro degli esteri Lavrov, il quale ha negato che l’incontro abbia messo al centro il nuovo piano di pace cinese. Nonostante sia vero che il Cremlino stia studiando delle proposte, allo stesso tempo per il ministro degli esteri russo si tratta “dell’ennesima distorsione della realtà” da parte dei media occidentali.
Le dichiarazioni di Putin e degli altri ufficiali hanno infatti tutte evidenziato come il dialogo sia stato volto ad accrescere un rapporto che ancora, nonostante evidenti difficoltà, viene presentato come “in continua crescita”. Per il Global Times, tabloid inglese del Quotidiano Popolo, media di stato cinese: “gli analisti cinesi hanno affermato che la Cina farà del suo meglio per mediare, ma se un piano di pace sarà efficace dipenderà da entrambe le parti delle parti. Kiev è profondamente influenzata da Washington, che non è interessata a un cessate il fuoco immediato ma preferisce un conflitto prolungato per continuare a indebolire Mosca e cambiare lo status quo con la forza. E’ difficile trovare una formula che entrambe le parti possano accettare. La pace può arrivare solo dopo che più vittime e danni sui campi di battaglia faranno cambiare idea a qualcuno.”
Il piano di pace
La cooperazione per la pace è stata invece il fulcro della narrazione di Wang durante il suo viaggio in Francia, Italia, Germania e Ungheria. Tra le proposte accennate si è parlato di cessate il fuoco, della prevenzione contro le armi nucleari (“nessuno vincerebbe una simile guerra”) e soprattutto del rispetto della sovranità territoriale dei paesi “per eliminare le cause della guerra alla radice”. Più che un richiamo alla pace di Vestfalia, una rivisitazione della già vista Global security initiative.
Ciò riguarda, dunque, non solo l'esito del conflitto ucraino ma anche questioni come Hong Kong e Taiwan, la cui “sovranità cinese” dovrebbe essere maggiormente rispettata, in quanto parte della politica dell’Unica Cina riconosciuta dalla gran parte dei governi. Una situazione differente dal Donbass e dalla Crimea, che non sono riconosciuti sotto la sovranità russa. Secondo questo punto di vista sorgono già alcuni dubbi: Xi potrebbe anche volere la pace a costo dell’indebolimento di Putin, ma non potrebbe mai accettare una sua sconfitta totale, perché l’occidente e la Nato ne uscirebbero rafforzati, anche sul fronte Pacifico e sulla questione taiwanese. La prima domanda è come farà Xi a conciliare l’evitare una debacle totale per Putin con il rispetto della sovranità territoriale ucraina, la quale comprende anche Donbass e Crimea. La seconda è, ha davvero l’influenza necessaria per poter portare Putin a cedere le sue uniche, soffertissime, conquiste?
Per gli analisti cinesi, “gli incontri di Wang con il massimo leader e gli alti funzionari della Russia mostrano che Mosca apprezza molto i suoi legami strategici con la Cina e sta anche trattando seriamente l'idea cinese sulla questione ucraina, e questa è la prova dell'influenza unica di Pechino a fini di mediazione.” Ne sapremo di più quando il piano verrà presentato ufficialmente, per ora Wang ha rassicurato l’Ue sul proprio impegno, sulla ripresa dalla pandemia e sul ripristino della normalità con la speranza di “riavviare completamente gli scambi e aumentare la cooperazione” su punti come il commercio e il cambiamento climatico. Tuttavia, secondo Yun Sun, direttore del China Program allo Stimson Center di Washington, il principale punto sollevato dalla Cina riguarda l’insistere sul fatto che “la guerra non può essere vinta e l'Europa sta diventando vittima della strategia di sicurezza degli Stati Uniti”.
Sinoeuropei e sinorussi
Il viaggio diplomatico cinese, inoltre, arriva in seguito ad anni difficili per il rapporto Cina-Ue. Bastano poche parole per ricordare: sanzioni, dazi, diritti umani, Hong Kong, Xinjiang, Huawei, e la lista è ancora lunga. Per Pechino, Bruxelles è troppo soggetta alla volontà di Washington ed è incapace di fare i propri interessi in termini di sicurezza. Il rapporto della Cina con la Russia invece, vantato ieri anche sul piano economico da Putin, non è in realtà “l’amicizia senza limiti” di un anno fa. Il Cremlino è ora più che mai dipendente da Pechino ed è un suo partner minore. Come scritto negli ultimi mesi qui su Fanpage, ci sono numerose contraddizioni, differenze e problematiche che complicano la relazione tra Xi e Putin.
Per esempio, il commercio tra i due paesi ha raggiunto il record di 192 miliardi nel 2022, rispetto ai 147 miliardi del 2021. Entrambi facilmente raffigurano tutto ciò come un successo. Quello che non emerge subito da questi numeri è che alle Olimpiadi di febbraio 2022, i due leader si accordarono per raggiungere quota 250 miliardi, un traguardo ancora lontano. Soprattutto, il commercio con la Russia nel 2022 è valso meno del 5% della totalità degli scambi cinesi, mentre l'Ue rappresenta circa il 16%.
Pace, scetticismo e interessi
C’è chi suppone che nonostante le accuse pubbliche di armare Putin, Usa e Cina si stiano parlando davvero ma stiano aspettando di arrivare ad incontrarsi in una posizione di maggiore forza. Le intenzioni cinesi sono razionalmente comprensibili, in quanto l’impatto di un prolungamento del conflitto, così come una sconfitta totale per la Russia, danneggerebbero ulteriormente Pechino su numerosi fronti socio-economici e geopolitici, il quale continua nel suo equilibrismo. Supporta Mosca in termini più retorici che materiali, si muove con cautela e non è la prima volta che prova questo approccio con l’Ue in relazione al conflitto ucraino. Infatti lo scetticismo è palpabile anche da parte dell’Unione. Diversi funzionari europei non credono abbia la volontà o la capacità di convincere Putin a ritirare tutte le sue truppe, che alcuni leader considerano un prerequisito fondamentale per qualsiasi accordo di pace”.
“La Cina è brava a promuovere dialoghi”, continua Yun Sun dello Stimson Center, “è economico e facile. La parte difficile è l'aspetto dell'accordo e come convincere le parti ad accettarlo e ad attuarlo.” Lo scetticismo non è solo dovuto alla fiducia nella volontà o abilità cinese ma al fatto che i tentativi di mediazione di Pechino sono legati a quanto l’Europa sarà in grado a sua volta di influenzare gli Usa, di esserne meno soggetta, o ancora, a quanto spazio sarà in grado di concedere alla Cina sulle questioni più dirimenti per lei, compreso Taiwan. Ciò non toglie che la diplomazia e la mediazione siano sempre più fondamentali e che non si possa prescindere da un ruolo più attivo della Cina e del suo rapporto con il Cremlino nella risoluzione di una catastrofe che non può permettersi ulteriori escalation.