Visto il parziale successo delle recenti offensive russe, sempre più spesso negli ultimi giorni si sentono sui talk show televisivi opinioni del tipo “Putin sta letteralmente sventrando il Donbass”: queste sono, ad esempio, le parole esatte usate dal professor Alessandro Orsini durante la puntata di Non è l’Arena di domenica sera. Il punto è che si tratta di iperboli che hanno nulla a che fare con la realtà sul campo di battaglia ed il cui utilizzo rischia soltanto di creare confusione per chi non segue da vicino la situazione sul terreno, dando l’impressione di un collasso ucraino imminente, ben lungi da quanto sta avvenendo effettivamente sul campo. È arrivato il tempo, dunque, di fare un po’ di chiarezza.
Di cosa parliamo, quando parliamo di Donbass
Anzitutto, quando parliamo di Donbass facciamo riferimento sostanzialmente a due regioni. La prima è quella più orientale, vale a dire la regione di Luhansk con una superficie di 26.683 km², mentre la seconda è la regione di Donetsk, geograficamente a sud e ad ovest della prima, con una superficie di 26.517 km². L’obiettivo dichiarato da parte di Mosca è quello di voler “liberare” entrambe le regioni dal controllo ucraino fino al loro confine amministrativo e porle sotto il controllo integrale delle due Repubbliche separatiste, in vista di una potenziale successiva annessione alle Federazione Russa.
Al momento, però, la Russia si sta avvicinando ad ottenere questo obiettivo solo in una due regioni: quella di Luhansk, che al momento è occupata al 95% dai russi e dai suoi alleati separatisti, ad eccezione del complesso urbano di Severodonetsk/Lysychansk (da considerare che le due città sono divise tra loro solo dal fiume Seversky Donets).
La regione di Donetsk invece è occupata dai russi per circa il 60% del proprio territorio ed attualmente restano fuori dalla zona di occupazione russa importanti centri urbani come Bakhmut e soprattutto le due roccaforti ucraine nel Donbass, Slavyansk e Kramatorsk, dove si concentra il grosso delle forze ucraine nel Donbass (oltre 50 mila soldati, secondo le stime più attendibili).
Il piano di Mosca (e come è cambiato)
Prima di analizzare in dettaglio la situazione aggiornata sul terreno in Donbass, è utile fare un passo indietro ed analizzare il contesto generale della guerra in Ucraina. Il piano iniziale di Mosca era quello di conquistare velocemente tutto l’est dell’Ucraina arrivando fino almeno al fiume Dnjepr (che divide in due il Paese) e prendendo il controllo delle due principali città ucraine, Kyiv e Kharkiv, e di tutta la costa sud del Mar Nero.
Questo piano è fallito miseramente a marzo a causa dell’ostinata resistenza ucraina nella regione di Kyiv. Quando i russi si sono resi conto di non poter proseguire in questo modo ed hanno ritirato le proprie truppe dalle regioni del nord (Kyiv, Chernihiv e Sumy) lasciando dietro di sé chiari segni di massacri e crimini di guerra (vedasi Bucha in particolare), Mosca ha annunciato la seconda fase della guerra: la “liberazione” del Donbass.
Il piano iniziale nel Donbass era ambizioso: circondare tutto il gruppo di forze armate ucraine con una doppia manovra a tenaglia, partendo da nord dalla zona di Izyum (dove i russi a marzo sono riusciti a creare una testa di ponte al di là del fiume Seversky Donets) e da sud dalla regione di Donetsk o dalla zona occupata della regione di Zaporizhzhya.
Anche questo piano però è fallito a causa della strenua resistenza ucraina nella zona di Izyum, e dell’incapacità da parte russa di avanzare da sud. Per di più contemporaneamente, a fine aprile ed inizio maggio, gli ucraini sono stati in grado di passare al contrattacco nella regione di Kharkiv, arrivando fin quasi al confine di Stato con la Federazione Russa.
A questo punto l’invasione russa dell'Ucraina, che mirava inizialmente a conquistare e occupare buona parte del Paese, si è quindi trasformata sostanzialmente in un'offensiva disperata e sanguinosa per conquistare sostanzialmente una sola regione nell’est, quella di Luhansk.
Dove sta vincendo la Russia
Anche solo per ottenere questo obiettivo estremamente limitato rispetto alle ambizioni iniziali, i russi hanno bisogno quantomeno di circondare il più ristretto gruppo di truppe ucraine (circa 10 mila secondo le stime più attendibili) che difendono il complesso urbano di Severodonetsk/Lysychansk.
A tale scopo occorre anzitutto bloccare tutte le vie di rifornimento verso Lysychansk. Ed è proprio qui che i russi hanno ottenuto delle parziali vittorie negli ultimi giorni.
Grazie alla loro avanzata da sud (ovvero dalla zona di Popasna) le truppe di Mosca si sono avvicinate all’importantissima strada che collega Lysychansk a Bakhmut, la cosiddetta “strada della vita”, ovvero la principale linea di rifornimento delle truppe ucraine posizionate nell’insediamento urbano di Severodonetsk.
Inizialmente le truppe russe erano addirittura riuscite a tagliare tale strada prendendo il controllo di una piccolissima parte a nord di Popasna, da cui però sono state scacciate a seguito di una controffensiva ucraina negli ultimi giorni.
Nondimeno questa strada resta, al momento, sotto il costante tiro dell’artiglieria russa, il che rende molto difficile utilizzarla effettivamente per rifornire le truppe ucraine in posizione avanzata nel saliente di Severodonetsk.
Per fortuna di Kyiv, esiste comunque anche una seconda via di rifornimento, ovvero la strada che collega Lysychansk a Siversk. Da questa via (che si trova più a nord della prima) la prima linea russa più vicina è ancora distante tra i 13 ed i 15 km, il che significa che di fatto, ad oggi, nonostante tutte le difficoltà, la via per rifornire le truppe ucraine a Severodonetsk è ancora sostanzialmente aperta.
La battaglia dei rifornimenti
Chi segue da tempo la situazione sul campo, può subito immaginare il motivo principale per il quale i russi non sono riusciti a bloccare i rifornimenti: la vera arma difensiva degli ucraini in questa regione è il fiume Seversky Donets che finora sta impedendo a Mosca di poter attaccare da nord e chiudere la tenaglia per accerchiare le truppe ucraine a Severodonetsk.
L’8 maggio (lo stesso giorno in cui i russi hanno sfondato con parziale successo il fronte a sud nella zona di Popasna) un tentativo russo di attraversare il Seversky Donets a nord nella zona di Bilohorivka si è trasformato in un disastro: oltre 400 morti, decine di mezzi distrutti dall’artiglieria ucraina che ha bombardato senza pietà le unità russe che erano riuscite ad attraversare il fiume.
Il secondo motivo è che anche l’avanzata da sud, dalla zona di Popasna, si è di fatto arrestata negli ultimi giorni, ed anzi, come abbiamo visto, ci sono segnali di piccoli contrattacchi da parte ucraina che hanno bloccato, almeno per ora, l’avanzata russa verso Bakhmut.
Il mancato accerchiamento non ha però impedito ai russi di attaccare lo stesso Severodonetsk da tre direzioni, senza però ottenere finora un grande successo. L’esercito di Mosca è stato, finora, in grado di prendere il controllo solo di alcune zone periferiche della città: l’hotel Mir ed il parcheggio dei bus nella periferia nord-est.
Il grosso della città di Severodonetsk resta invece, al momento, saldamente nelle mani ucraine, ed i difensori ucraini stanno già infliggendo pesanti perdite agli attaccanti russi che cercano di penetrare nella città. Come già successo a Mariupol, ogni volta che la battaglia si sposta dal campo aperto alle zone urbane, per i russi ogni metro conquistato ha un durissimo prezzo in termini di uomini e mezzi.
Inoltre, viene messa in dubbio la validità stessa della strategia russa: come afferma ad esempio il think tank americano The Study of War, “Putin sta ora lanciando uomini e mezzi contro l'ultimo grande centro abitato rimasto in quell'oblast', Severodonetsk, come se la sua conquista potesse far vincere la guerra al Cremlino, ma si sbaglia pesantemente”.
Secondo il think tank americano, i progressi russi in questa zona derivano sostanzialmente dal fatto che Mosca ha concentrato su questo obiettivo forze, attrezzature e mezzi che sono stati spostati da altre direzioni. Le truppe russe non sono state in grado di avanzare su altri assi per settimane e in gran parte non hanno nemmeno tentato di farlo.
La controffensiva ucraina
Se anche dovesse alla fine riuscire a conquistare a duro prezzo Severodonetsk, Mosca non sarà in grado di recuperare una buona parte della potenza di combattimento che sta usando per ottenere questo obiettivo. Ci sono anzi sempre più segnali del fatto che i russi hanno problemi a sostituire i veicoli persi in battaglia, essendo stati, ad esempio, già costretti a tirar fuori dai magazzini anche ferraglia dell’età sovietica come i tank T-62 ormai vecchi di cinquanta anni.
Quando la battaglia di Severodonetsk finirà, a prescindere da quale due parti avrà il controllo della città in quel momento, l'offensiva russa a livello operativo e strategico sarà probabilmente arrivata al suo culmine, dando all'Ucraina la possibilità di ricominciare le sue controffensive a livello operativo per respingere le forze russe sia in Donbass che altrove, conclude The Study of War.
A controprova di queste affermazioni c’è il fatto che l’unica altra importante avanzata russa di questi ultimi giorni è quella che ha permesso loro di prendere il controllo di Lyman. Si tratta però dell’unica altra città sulla riva orientale del Seversky Donets che era ancora controllata dagli ucraini, oltre a Severodonetsk, e che proprio per questo motivo era estremamente difficile da difendere per gli ucraini.
Ciò nonostante, le truppe ucraine che hanno lasciato Lyman non hanno smesso di combattere e si sono invece ritirate nella boscaglia a sud della città dove ora stanno montando la resistenza per rallentare a tutti i costi l’avanzata russa verso le rive del fiume – ed un possibile tentativo di attraversamento.
Teoricamente da qui, infatti, i russi potrebbero puntare direttamente verso Slavyansk ed il cuore delle forze ucraine nel Donbass (nella regione di Donetsk), ma per poterci riuscire dovrebbero riuscire a fare ciò che finora non sono stati in grado di fare: attraversare con successo il Seversky Donets senza farsi distruggere dall’artiglieria ucraina e creare una solida testa di ponte sulla riva occidentale.
Concludo accennando al fatto che le poche città che sono state conquistate finora dai russi in questa regione, come Popasna e Rubizhne, hanno subito il cosiddetto “trattamento” Mariupol: sono in gran parte rase al suolo, con il 90% degli edifici distrutti o inagibili ed in buona parte ancora senza accesso ad energia elettrica e acqua potabile.
Tutto lascia pensare che lo stesso “trattamento” verrà applicato anche alle altre città in cui si sta combattendo in questo momento: probabilmente, l’unico modo sensato di usare il termine “sventrare” è proprio per definire il modo in cui i russi stanno trattando queste città.
Tuttavia, resta una domanda: valeva davvero la pena per Mosca provare a conquistare a così caro prezzo di uomini e mezzi, quelli che ora sono veri e propri enormi cumuli di macerie, il cui valore strategico residuo è perlomeno dubbio e che andranno ricostruiti da zero dopo la guerra? Ai posteri l’ardua sentenza.