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Perché Marine Le Pen è stata condannata a 4 anni e come è scoppiato il caso dei fondi pubblici Ue

Per Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, è arrivata una condanna a quattro anni di carcere – di cui due da fare ai domiciliari – e non si potrà far eleggere per cinque anni. Alla base della sentenza c’è il fatto che il Rn aveva costruito un “sistema organizzato” per usare i fondi europei in modo irregolare: una frode da 2,9 milioni di euro. Le Pen ha annunciato ricorso.
A cura di Luca Pons
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Per Marine Le Pen, la 56enne leader del partito di estrema destra francese Rassemblement National, è arrivata una condanna in primo grado a quattro anni di carcere – di cui due senza condizionale, quindi da svolgere almeno ai domiciliari con braccialetto elettronico – e soprattutto all'ineleggibilità per cinque anni. Questo significa che, a meno che il secondo grado non stravolga la sentenza, Le Pen non potrà candidarsi all'Eliseo alle prossime elezioni presidenziali, previste nel 2027.

La condanna è arrivata per appropriazione indebita di fondi pubblici, nel caso degli assistenti pagati con soldi del Parlamento europeo ma usati per lavorare solamente per il partito. Insieme a lei sono stati condannati anche altri 23 esponenti del partito, a dimostrazione del "sistema organizzato" che il Rn aveva messo in piedi per utilizzare i fondi pubblici a suo piacimento, andato avanti dal 2004 al 2016, con "contratti fittizi" per una frode dal valore complessivo di 2,9 milioni di euro.

Il processo era iniziato a fine settembre ed era durato due mesi, oggi è arrivata la sentenza.  L'avvocato di Le Pen ha annunciato che presenterà ricorso. Nel frattempo, la pena dell'ineleggibilità è già attiva. "Non è solo Marine Le Pen che viene ingiustamente condannata. È la democrazia francese che viene giustiziata", ha commentato sui social il presidente del Rassemblement National, Jordan Bardella.

Perché Marine Le Pen è stata condannata per appropriazione indebita

Il caso era nato tra il 2014 e il 2015, quando dal Parlamento europeo erano arrivate le prime segnalazioni su un sospetto uso scorretto dei fondi pubblici da parte del Rassemblement national (all'epoca chiamato ancora Front National). Anche Sophie Montel, ex eurodeputata del Front National poi entrata in contrasto con Le Pen, l'aveva accusata di aver spiegato personalmente agli eletti europei come sarebbero stati usati quei soldi. Le indagini degli inquirenti francesi hanno poi portato al processo, che si è svolto alla fine dello scorso anno, e infine alla condanna.

Secondo quanto emerso dalla sentenza, tra il 2004 e il 2016 il partito ha preso i fondi Ue dedicati a pagare gli assistenti dei parlamentari europei, e  li ha usati per fare altro. In particolare, per stipendiare persone che lavoravano per il partito senza aver mai messo piede a Strasburgo. Insomma i soldi comunitari venivano usati per fare gli interessi del RN, andando contro i regolamenti europei. In tutto, il partito si sarebbe appropriato di 2,9 milioni di euro.

Tra le persone condannate c'è anche Louis Aliot, vicepresidente del RN e ex compagno di Le Pen. Oltre a lui Marion Maréchal, nipote di Le Pen che ha lasciato il partito nel 2022. C'è anche una pena pecuniaria: 100mila euro di multa alla leader del RN e due milioni di euro per il partito. La procura aveva chiesto 300mila euro per Le Pen e 4,3 milioni per il Rassemblement national.

Nel processo erano coinvolti nove parlamentari Ue e dodici assistenti. Tra gli esempi citati dagli inquirenti la ex guardia del corpo di Jean-Marie Le Pen (padre di Marine, fondatore del Front National) e poi della stessa Marine, Thierry Légier. Ma anche la sorella della leader di RN, Yann Le Pen, che era registrata come un'assistente parlamentare europea ma ha detto di non essere mai stata al Parlamento, e ha ammesso che nessuno le aveva nemmeno mai chiesto di lavorare su temi legati all'Unione europea. Mentre l'Ue, di fatto, pagava il suo stipendio. Non a caso il Parlamento Ue si è costituito parte civile nel processo.

Il "sistema dei contratti fittizi" di RN e la difesa di Le Pen sui fondi pubblici

La sentenza, letta dal presidente del tribunale di Parigi Bénédicte de Perthuis, riporta che si trattava di un vero e proprio "sistema organizzato", per "far risparmiare" il partito assumendo assistenti parlamentari con "contratti fittizi". "È stato accertato che tutte queste persone lavoravano in realtà per il partito, che il loro deputato (di riferimento) non aveva affidato loro alcun compito" e che "passavano da un deputato all'altro". Una formalità per mascherare il fatto che in realtà gli incaricati lavoravano a vario titolo per il partito in Francia.

"Che le cose siano chiare: nessuno viene processato per aver fatto della politica, non è il tema", ha specificato la giudice. "La questione è sapere se i contratti sono stati eseguiti o meno". La sentenza afferma che Marine Le Pen "è al centro di questo sistema, dal 2009, con autorità".

La difesa di Le Pen, durante il processo, era stata che di fatto è difficile distinguere chi lavora per il partito in Europa e chi in Francia, dato che l'attività politica è intrecciata: "Un deputato lavora forse per se stesso? No, lavora per le sue idee. E chi trasmette quelle idee? Il partito. L’attività politica è sempre svolta nell’interesse del partito", dovunque avvenga, aveva sostenuto. La realtà, però, non è questa: esiste un preciso regolamento del Parlamento europeo, che stabilisce per cosa possono essere utilizzati gli assistenti pagati con fondi Ue.

Perché Le Pen non potrà candidarsi a presidente della Repubblica

Uno degli aspetti che ha fatto più scalpore della condanna è il divieto di farsi eleggere. Il reato di appropriazione indebita di fondi pubblici in Francia prevede che l'ineleggibilità possa durare fino a dieci anni, mentre per Le Pen ne durerà ‘solo' cinque. Ma nei prossimi cinque anni cadrà anche l'elezione presidenziale per scegliere il presidente della Repubblica dopo Macron: la data prevista è il 2027, a meno che l'inquilino dell'Eliseo non si dimetta prima.

Dunque, per Le Pen sfumerebbe la possibilità di essere eletta presidente e portare l'estrema destra al potere. Negli ultimi mesi, i sondaggi sul tema l'avevano vista in testa alle preferenze (almeno per il primo turno di votazioni). La giudice però ha stabilito che l'ineleggibilità deve avere "esecuzione immediata", cioè scattare subito e restare in vigore anche mentre si svolge il processo di appello. "Si tratta di garantire che i rappresentanti eletti, come tutti coloro che sono soggetti alla legge, non beneficino di un regime preferenziale", ha specificato.

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