Perché lo scambio di prigionieri tra Usa e Iran vale 6 miliardi di dollari
Cinque cittadini statunitensi, alcuni detenuti in Iran da quasi dieci anni, hanno lasciato il Paese. Sono stati liberati durante un controverso scambio di prigionieri tra Teheran e Washington avvenuto oggi, lunedì 18 settembre. I due stati hanno trovato l'accordo per liberare cinque prigionieri a testa.
L'accordo, risultato di diversi anni di negoziati tra i due Paesi, che non intrattengono relazioni diplomatiche dalla Rivoluzione islamica del 1979, ha previsto anche lo "scongelamento" da parte di Washington di 6 miliardi di dollari di fondi iraniani bloccati a causa delle sanzioni statunitensi.
"Oggi cinque americani innocenti imprigionati in Iran stanno finalmente tornando a casa", ha scritto in un comunicato il presidente Joe Biden, aggiungendo che "saranno presto riuniti con i loro cari, dopo anni di agonia, incertezza e sofferenze".
Chi sono i prigionieri liberati
Tra loro c'è anche Morad Tahbaz, 67 anni, cittadino iraniano, britannico e statunitense arrestato nel 2018, accusato di essere una spia degli Stati Uniti e condannato a 10 anni di prigione per "attività contro la sicurezza nazionale dell'Iran". Solo la sua identità, e quella di altri due prigionieri, è stata resa nota.
Gli altri prigionieri liberati di cui si hanno informazioni sono Siamak Namazi, 51 anni, ed Emad Sharghi, 59, entrambi uomini d'affari con la doppia cittadinanza, iraniana e statunitense, arrestati rispettivamente nel 2015 e nel 2018 e accusati di spionaggio. Nel gruppo ci sarebbe anche una donna.
L'identità dei cinque iraniani invece è stata resa pubblica da Teheran ma non è ancora chiaro se ritorneranno in Iran. Si chiamano Kaveh Lotfolah Afrasiabi, Mehrdad Ansari, Amin Hasanzadeh, Reza Sarhangpour Kafrani e Kambiz Attar Kashani. Quasi tutti erano detenuti per non aver rispettato le sanzioni imposte dagli Stati Uniti.
Da dove vengono i soldi dello scambio
I miliardi di dollari sbloccati da Washington, entrate petrolifere iraniane, sono parte dei negoziati che l'Iran sta intrattenendo da tempo con gli Stati Uniti e l’Europa riguardo al suo programma nucleare e alle sanzioni conseguenti. Sembrerebbe anche che Washington e Teheran abbiano posto anche in essere un “mini-accordo”, informale e non scritto, che prevedrebbe un arricchimento non oltre il 60% da parte dell’Iran.
Il Qatar mediatore dell'accordo
Sul delicato ed elaborato accordo, molto contestato, le diplomazie dei due Paesi hanno lavorato per mesi e ora i cinque americani sono stati prelevati dal loro hotel a Teheran e imbarcati su un volo per il Qatar, prima tappa del loro viaggio di rientro a Washington. A fare da mediatore tra Stati Uniti e Iran è stato proprio il Paese arabo, a partire dal trasferimento elettronico dei soldi verso conti correnti qatarioti o svizzeri.
Il dipartimento di Stato ha fatto sapere che i soldi utilizzati nello scambio sono fondi iraniani bloccati dall'amministrazione Trump nel 2018 in Corea del Sud, quando gli Stati Uniti hanno lasciato l'accordo sul nucleare con l'Iran. Gli Stati Uniti hanno fatto sapere inoltre che il Qatar vigilerà sull'uso dei fondi dello scambio, affinché questi vengano spesi in beni primari, come cibo e prodotti agricoli, e medicine, non sottoposti alle sanzioni del governo statunitense seguite alle operazioni di arricchimento dell'uranio portate avanti dall'Iran.
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha immediatamente contestato questa limitazione: “Quel denaro appartiene al popolo iraniano e al governo iraniano, quindi sarà la Repubblica islamica a decidere come utilizzarlo”.
Le critiche dei Repubblicani
I Repubblicani e alcuni ex detenuti politici iraniani hanno accusato il presidente degli Stati Uniti Joe Biden di aver trovato un accordo con il più grande Stato terrorista del mondo e che questo incoraggerà il governo dell'Iran a utilizzare gli arresti arbitrari come strumento diplomatico. Inoltre, secondo i detrattori dello scambio, controllare in cosa saranno spesi i fondi "scongelati" sarà impossibile per le autorità statunitensi e che non regge la minaccia fatta dagli Stati Uniti di tirarsi indietro nel caso in cui i soldi venissero impiegati in modo diverso da quello previsto.
Anche Richard Ratcliffe, marito di Nazanin Zaghari-Ratcliffe, cittadina con nazionalità britannica e iraniana detenuta in Iran dal 2016 al 2022, ha criticato il tempismo del rilascio dei prigionieri così vicino al primo anniversario della morte di Mahsa Amini, la ragazza di 22 anni uccisa dalla polizia religiosa.