Perché le sanzioni contro la Russia rischiano di fare il gioco di Putin
Questo articolo non è firmato a tutela del nostro inviato a Mosca, dopo l'approvazione di leggi contro la libertà di stampa in Russia
Pyotr guarda perplesso l’ingresso sbarrato del negozio Gucci della Petrovka, nel centro di Mosca. Sulla vetrina, un cartello di scuse che non specifica il motivo della chiusura. “Peccato, volevo comprare una cosa per mia moglie”, dice Pyotr. Ma non si preoccupa. “È una situazione solo temporanea, tutto passerà presto”. Sono giorni di festa e di regali, in Russia. L’8 marzo qui è una cosa seria, per tradizione sovietica. Non si lavora, e siccome quest’anno cade di martedì, si fa pure il ponte.
Si comprano fiori e doni per mogli, mamme e fidanzate. Sulla Petrovka e su Stoleshnikov pereulok, le strade dello shopping di lusso, c’è un viavai di gente che cammina in fretta con i suoi pacchetti. Poco importa se alcuni dei negozi più prestigiosi sono chiusi per protesta contro quella che il Cremlino definisce come ”l’operazione militare speciale in Ucraina”. Tsum, il grande magazzino degli stilisti famosi, è pieno di persone. Anche il negozio della Apple è aperto e affollato, seppure l’azienda di Cupertino non venda più online nel paese di Putin, né vi esporti più nuovi prodotti.
Le carte di credito funzionano normalmente. Ci vorrà qualche giorno perché il boicottaggio deciso da Visa, Mastercard e American Express abbia qualche effetto. Che non si sentirà in Russia, ma fuori. Infatti, come parte dell’impegno del governo per rendere indipendente e quindi meno attaccabile da sanzioni il proprio sistema finanziario, fin dal 2015 esiste il Mir, sistema di pagamento delle carte di credito del tutto autonomo, praticamente autarchico. La Sberbank, la più grande banca russa, ha subito chiarito che per i propri clienti non ci saranno problemi, rende noto la Tass. Invece, nessuna carta emessa da istituti russi funzionerà più all’estero.
Una pessima idea, quella di Visa, Mastercard e Amex, secondo il responsabile del programma Politica interna del think tank Carnegie di Mosca Andrey Kolesnikov: “Il bando all’utilizzo delle carte di credito fuori dal Paese – dice – è il miglior aiuto che si possa dare a Putin per raggiungere quello per lui è un obiettivo primario: isolare i russi dal mondo. E chi pensava di emigrare per sfuggire alle persecuzioni politiche non potrà più farlo”. Quindi l’Occidente finisce per fare il gioco del Cremlino? “Le sanzioni porteranno la gente a stringersi attorno al regime -, risponde Kolesnikov a Fanpage.it. ”Il problema è il livello di isolamento in cui la Russia si trova. Se non fosse così alto, allora la popolazione se la prenderebbe con Putin, per le sanzioni. Ma questo non è oggi il caso”.
Secondo gli studi sociologici dell’istituto di statistica indipendente Levada, ufficialmente stigmatizzato dal governo come “agente straniero”, finora le sanzioni adottate a più riprese dopo l’annessione della Crimea nel 2014 sono state viste dal cittadino medio come indirizzate ai pezzi grossi, più che a lui. Naturalmente ci sono differenze a seconda dei gruppi di età, delle regioni del paese e perfino del genere. Si deve tener conto in particolare del fatto che per le persone più anziane e per chi abita fuori dalle grandi città, per chi naviga meno su internet e non sa cos’è un Vpn – applicazione ormai necessaria, qui, se si vuole accedere a Twitter, Facebook e al resto – la televisione di stato continua ad essere la principale fonte di informazione. E la propaganda sulla “discriminazione della Russia” e contro l’aggressività delle sanzioni occidentali è battente, in tivù.
Il rischio, ha scritto sul Moscow Times l’accademico del Royal United Services Institute Mark Galeotti, è la “nordcoreizzazione”, l’isolamento totale e totalitario che teme anche Kolesnikov. La fine di ogni possibilità di recuperare al mondo il suo Paese più grande per estensione. I russi che cercano di andare avanti con la loro vita mentre i loro risparmi evaporano, e che nelle prossime settimane sentiranno il morso dell’inflazione e della disoccupazione non devono esser lasciati alla mercé della propaganda putinista. Non se lo meritano loro e soprattutto non lo meritano i loro connazionali che hanno il coraggio di scendere in piazza rischiando anni di galera. Non lo meritano gli intellettuali, gli artisti e perfino i generali in disaccordo col regime. Né lo meritano i molti che stanno rifugiandosi all’estero per evitare persecuzioni.
“C’è un’altra Russia dietro ai carri armati di Putin”, scriveva in un tweet la presidente della Commissione Ue Ursula Von Der Leyen il 1 marzo scorso dopo l’annuncio di ulteriori sanzioni. “Noi dobbiamo tendere la mano verso questa Russia per garantirle che avrà il nostro supporto”. È bene chiarire presto quale sarà il supporto, e dirlo forte. Altrimenti si rischia che le sanzioni – sacrosante – finiscano per fare il gioco della propaganda del regime.