L’estrema destra di Le Pen e Zemmour che passa dal 21% dei voti a sfondare complessivamente il muro del 30% e dei 10 milioni di voti. La sinistra radicale di Jean Luc Melenchon che cresce di tre punti, dal 19% al 22%. I partiti tradizionali della Quinta Repubblica francese, socialisti e gollisti che, assieme, superano a fatica il 6%. C’è tantissimo da dire sul primo turno delle elezioni presidenziali francesi, e si può tranquillamente farlo senza nemmeno nominare Emmanuel Macron, il vincitore – se così si può dire – di questo primo turno.
Perché sì, se dovessimo scommettere un euro, con ogni probabilità lo punteremmo sulla rielezione del presidente uscente, nel secondo turno che si terrà il prossimo 24 aprile. Ma lo faremmo con relativa tranquillità solo perché la Storia racconta che la Francia si è sempre mobilitata in massa contro l’eventualità che un esponente erede del Front National – e in ogni caso un membro della famiglia Le Pen – possa mai mettere piede all’Eliseo.
Il problema, semmai, è se ci possiamo fidare della Storia, quando la cronaca ci dice che la distanza tra i due sfidanti è tra i due e i quattro punti percentuali – i sondaggi migliori danno Macron al 52% e Le Pen al 48% – laddove cinque anni fa Macron vinse col 66% dei consensi. E dove solo nel 2002, Chirac trionfò contro Le Pen padre, nella prima storica volta in cui il Front National raggiunse il ballottaggio, con un bulgaro 82 a 17. O se, più prosaicamente, possiamo fidarci del fatto che gli elettori di Melenchon – che sosterrà Macron e che più volte ha chiesto ai suoi elettori che nessuno dei loro voti vada a Le Pen – andranno in massa a votare l’odiato figlio prediletto della finanza e della globalizzazione.
La risposta è semplice: non lo sappiamo. Ma sappiamo che il mondo, rispetto a cinque anni fa, è cambiato troppo perché tutto possa rimanere uguale. Una pandemia globale, una recessione economica devastante, una guerra nel cuore dell’Europa con annessa minaccia di diventare mondiale e nucleare sono abbastanza per generare caos. E dal caos può nascere qualunque cosa. Anche una vittoria di Marine Le Pen.
Anche dovesse prevalere Macron, tuttavia, faremmo bene a non dimenticare cos’è successo in questa tornata elettorale francese. Perché è il segnale di un vento che tira forte verso il nazionalismo, il protezionismo, la chiusura delle frontiere, e uno spirito dei tempi autocratico e illiberale che fa breccia nel cuore dell’Europa nonostante in Ucraina abbia mostrato il suo vero volto, quello peggiore. E che un francese su tre ha mostrato di non disapprovare più di tanto, evidentemente.
Giusto per ricordarcelo: Le Pen è stata negli anni generosamente finanziata dalle banche russe – 10 milioni di euro di prestito dopo l'annessione russa della Crimea del 2014 – e per finanziare quest’ultima campagna elettorale ha ricevuto un prestito di 10 milioni di euro da una banca dell’Ungheria di Viktor Orban, quello che non vuole armi e sanzioni contro l’esercito di Putin e ha appena rivinto le elezioni in Ungheria, anche “contro Zelensky”. A volte i soldi dicono più di mille editoriali.