Perché l’attentato di Tel Aviv non porterà a un aggravamento del conflitto israelo-palestinese
“Nessuno in questo momento vuole un aggravamento del conflitto, ognuno per le proprie ragioni: anche quanto accaduto ieri, con la morte dell'italiano Alessandro Parini, fa parte di quegli eventi sanguinosi che rientrano nella questione dell'occupazione dei territori da parte di Israele”, così a Fanpage.it, Ugo Tramballi, consigliere scientifico Ispi, spiega l'escalation di violenza registrata nei giorni scorsi in Medio Oriente e culminata con l'attentato di ieri a Tel Aviv costato la vita all'italiano Alessandro Parini, travolto e ucciso da un'auto piombata sulla folla.
Secondo Tramballi, gli attacchi che l'esercito di Israele ha effettuato in Libano, in risposta ai razzi lanciati nei giorni precedenti verso il proprio stato fanno parte di un qualcosa che purtroppo conosciamo bene, una sorta di copione già scritto del conflitto israelo-palestinese che, al momento, non sembra destinato a mutare. “Quella di ieri è stata assolutamente l'azione di un lupo solitario – spiega l'analista ISPI – anche la Jihad islamica che ne ha rivendicato l'appartenenza poco dopo, altro non è stato che un pretesto, come spesso accade: hanno rivendicato il martire, ma non c'è una struttura d'attacco più ampia alle spalle. Infatti Hamas è stata silente”.
Nessuna escalation dunque né una violenta risposta da parte del premier Benjamin Netanyahu alle prese con una grave crisi interna e il cui futuro sembra incerto: “Israele è un paese spaccato in due internamente sulla democrazia e sul sistema giudiziario – le parole di Tramballi – Hezbollah ha il Libano alle prese con una crisi economica fortissima e Gaza è disperata alla ricerca di fondi dai paesi arabi per migliorare la qualità della vita dei propri abitanti. Nessuno in questo momento vuole un aggravamento del conflitto”.
Gli stessi militari, che sono parte fondamentale della società israeliana e il centro del sistema difensivo israeliano, si rifiuterebbero di andare a combattere "a meno che non ci sia un aggravamento della situazione, cosa che trovo altamente improbabile". La situazione è precipitata negli ultimi giorni e di fatto, secondo l'analista ISPI "l'elemento che ha innescato tutto sono state le gratuite violenze della polizia di frontiera israeliana alla moschea di Al-Aqsa, e quanto accaduto ieri era prevedibile: se succede qualcosa a Gerusalemme, i palestinese di Ghaza o del Sud del Libano reagiscono col lancio di qualche razzo e gli israeliani rispondono".
Nulla di più, soprattutto da parte di Hamas. “Basti guardare al numero degli israeliani uccisi e di quelli palestinesi, solo nel 2022, per capire che da parte dei palestinesi non vi è alcun intenzione a estremizzare il conflitto come accadeva decenni fa – conclude – l'anno scorso i palestinesi uccisi nei territori occupati sono stati 250, il numero più alto da 20 anni, quest'anno siamo ai primi di aprile e sono già quasi 100. Il numero degli israeliani non sarà più alto di 20”.