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Opinioni

Perché la vittoria di AfD alle elezioni regionali in Germania deve farci molta paura

A guidare l’estrema destra al trionfo in Turingia è il suo leader Björn Höcke, “l’uomo più pericoloso della Germania”. E la sua corrente, l’Ala, sotto osservazione dei servizi segreti in quanto “contro l’ordine democratico libero”.
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Sulla mappa politica della Germania, la Turingia è solo uno dei sedici lander che la compongono, uno dei più piccoli, due milioni di anime che fino al 1989 vivevano lungo il confine occidentale della Repubblica Democratica Tedesca. Al centro del quale c’è la città di Weimar, che diede il nome alla claudicante repubblica tedesca nata dopo la prima guerra mondiale, che fu rovesciata dal nazismo.

Oggi, tuttavia, la Turingia è cronaca, non Storia. Perché alle elezioni regionali di ieri, per la prima volta in Germania dal 1945, ha vinto un partito di estrema destra, Alternative für Deutschland, con un clamoroso 33,1% dei consensi.  Soprattutto, perché AfD ha trionfato nel luogo in cui domina la sua corrente più vicina al mondo del neonazismo. Una corrente guidata da un ex professore di storia dagli occhi azzurri chiamato Björn Höcke. Che già prima di ieri era definito da numerosi analisti politici come “l’uomo più pericoloso della Germania”. E che oggi, se possibile, lo è ancora di più.

Lo diciamo subito: è difficile che Hocke diventerà presidente della Turingia, nonostante il trionfo, perché nessuno vuole allearsi con lui. Nemmeno Sahra Wagenknecht, leader della sinistra identitaria di Bundis, che ha preso un altrettanto clamoroso 15,6% e che pure condivide con Hocke e Afd l’avversione alla Nato e la simpatia per Vladimir Putin.

Non governerà, Höcke, ma fa comunque molta paura. Perché il suo consenso continua a crescere. E perché su AfD si staglia ormai fortissima l’ombra delle sue idee estremiste, e della sua corrente, che si chiama Der Flügel, l’Ala. Una corrente che nel 2020 l’Ufficio Federale per la Difesa della Costituzione ha definito come "un tentativo estremista di destra contro l'ordine fondamentale democratico libero”, e che per questo è stata posta sotto sorveglianza dell'intelligence. Una corrente di cui la stessa leadership nazionale di AfD ha disposto lo scioglimento nel 2020. Una corrente di cui ancora oggi che in teoria non esiste più, si stima faccia parte circa un militante di AfD su cinque e in cui si stima si identifichino quattro elettori su dieci.

Di questa corrente, Höcke è da sempre il leader indiscusso. E col suo eloquio pulito e la sua postura da intellettuale borghese, non ha mai smesso di nascondere le sue simpatie naziste. La sua ideologia, mai rinnegata, è stata esplicitata per la prima volta il 17 gennaio 2017,  in una birreria di Dresda davanti ai ragazzi di Jungen Alternativen, l’organizzazione giovanile di AfD. A loro, Höcke ha parlato della necessità di una “svolta a 180 gradi” rispetto alla cultura tedesca contemporanea del ricordo e dell’espiazione dell’era nazista e ha criticato la commemorazione tedesca dei crimini dell'Olocausto, affermando che "questa stupida politica di fare i conti con il passato ci paralizza". Non pago, ha definito il memoriale di Berlino per gli ebrei assassinati d'Europa “un monumento alla vergogna” che non avrebbe dovuto sorgere “nel cuore della nostra capitale”. Dopo quel discorso l’allora leader di AfD Frauke Petry ha minacciato di lasciare il partito se Höcke non fosse stato cacciato. Höcke è ancora lì. Lei se n’è andata.

Höcke tuttavia non vince per le sue opinioni sul nazismo, però. Non solo, perlomeno. Vince soprattutto perché è negazionista del cambiamento climatico – come primo atto di campagna elettorale ha comprato un automobile diesel – e perché è deciso sostenitore delle politiche di remigrazione – anche se sarebbe più che opportuno chiamarla “deportazione” – dei richiedenti asilo, degli immigrati regolari e dei cittadini di origine straniera “non assimilati”. Un piano, questo, messo nero su bianco durante una riunione in un hotel di campagna vicino a Pots­dam, che si è tenuta lo scorso 25 novembre, cui hanno partecipato esponenti di primo piano di AfD, insieme ad agitatori e militanti neonazisti. E di cui abbiamo notizia  -vale la pena di ricordarlo – grazie a un’inchiesta sottocopertura del giornale tedesco Correctiv.

Ciliegina sulla torta. Se Höcke non ha i numeri per governare da solo in Turingia, e se AfD non ce li ha nemmeno in Sassonia, il “merito” è della tenuta della Cdu guidata da Friedrich Merz, e non certo di socialdemocratici e verdi, che assieme non valgono nemmeno il 15%. Quello stesso Merz che poco più di un anno fa, dopo la prima vittoria di AfD in un comune – a Sonnenberg in Baviera, guidata da Robert Sasselman, un fedelissimo di Bjorn Höcke – disse che “In futuro, al livello comunale soprattutto nei lander orientali, non possiamo più escludere una collaborazione politica con Afd”. Angela Merkel e l’ala moderata del partito gli fecero immediatamente smentire quelle parole. Ma ora Merz è sempre più forte ed è il grande favorito per le prossime elezioni federali. E AfD, elezione dopo elezione, lo è ancora di più.

Il futuro, in Germania, è sempre più nero.
E se è nero in Germania, il resto dell'Europa deve cominciare a preoccuparsi davvero.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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