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Perché la superiorità Usa su Russia e Cina rende più probabile la guerra nucleare

Uno studio accademico indica che i siti di lancio dei missili strategici russi e cinesi potrebbero essere annientati da un attacco Nato con armi convenzionali. “Il disequilibrio minaccia la stabilità e aumenta il rischi di errori irreparabili”, spiega a Fanpage.it uno degli autori del documento. “La comunità internazionale sottovaluta la situazione. Necessarie iniziative per il controllo degli armamenti”.
A cura di Riccardo Amati
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Gli Stati Uniti e la Nato hanno la capacità di distruggere gran parte delle forze nucleari strategiche di Russia e Cina utilizzando solo armi convenzionali. Per le quali la superiorità tecnologica e numerica dell’Occidente è indubbia. Paradossalmente, l’effetto deterrente di questo predominio è tutt’altro che scontato. È una situazione che accelera la corsa agli armamenti, notano alcuni esperti. E rende più probabili errori di calcolo o incidenti così gravi da scatenare la guerra nucleare totale. Il rilancio di iniziative multilaterali per il disarmo si fa sempre più urgente.

“Una rivoluzione silenziosa in atto da 30 anni ha aumentato di molto la capacità di controforza convenzionale americana”, dice a Fanpage.it Manuel Galileo, analista militare e ricercatore della Soas University of London. “La supremazia è diventata schiacciante. Impossibile fare un calcolo preciso, non so se sarebbe il 70, il 90 per cento o altro, ma la maggior parte delle basi di lancio dei missili intercontinentali russi e cinesi potrebbero essere annientate con un attacco non nucleare”.

Insieme al docente Soas Dan Plesch, Galileo ha appena pubblicato uno studio che quantifica e analizza un disequilibrio potenzialmente destabilizzante. E molto rischioso. Nel caso di una crisi severa, non è da escludersi che Mosca o Pechino lancino le loro atomiche preventivamente per recuperare lo svantaggio strategico che le penalizza. E non parliamo di “semplici” atomiche tattiche. Parliamo di Armageddon.

Manuel Galileo, Soas University of London
Manuel Galileo, Soas University of London

Manuel, ma la supremazia convenzionale americana non dovrebbe tranquillizzarci? Se la Nato non ha nemmeno bisogno di ricorrere ai missili balistici intercontinentali strategici per annullare la minaccia di quelli nemici, la deterrenza è assicurata. O no?

In realtà, lo squilibrio sul fronte delle armi convenzionali aumenta di parecchio le possibilità di un conflitto nucleare su larga scala. Perché Russia e Cina sanno bene quali sono i numeri ma non percepiscono tale situazione come portatrice di stabilità. È ciò che gli scienziati politici definiscono “dissonanza cognitiva”.

Un po' come la volpe con l’uva: non arriva ai grappoli e decide che è acerba…

Fatto sta che la percezione a Mosca e Pechino è solo quella di un sostanziale sbilanciamento. La dissonanza cognitiva è evidente. E agisce come una trappola che ti trascina verso il fondo in un ciclo ripetitivo graduale, apparentemente sotto controllo.

Insomma, la situazione è rischiosa perché cinesi e russi vedono le cose a modo loro oppure perché gli Usa hanno troppe armi convenzionali? Di chi è la colpa?

Di nessuno e di tutti. Certamente, la serietà del quadro è sottostimata. E questo minaccia sia le realtà che le percezioni della stabilità strategica. Nel nostro studio non additiamo alcun colpevole. Abbiamo solo messo in fila e analizzato fatti. Riscontrabili nella documentazione e nelle pubblicazioni cinesi, russe e occidentali.

Fatti come il dispiegamento di missili a raggio intermedio in Europa (annunciato a margine vertice Nato del 10 luglio scorso: dal 2026 gli SM-6, i Tomahawk e missili ipersonici ancora in fase di sviluppo saranno dislocati in Germania, ndr) inducono preoccupazione. Spiegano perché a Mosca e a Pechino siano in ansia e perché la Russia, dopo la fine del trattato Inf che li aveva di fatto abolite, abbia ripreso la produzione di quel tipo di armi (il trattato Inf, firmato da Gorbachev e Reagan nel dicembre 1987 è stato abbandonato nel 2019 dagli Usa, che accusano Mosca di averlo più volte violato, ndr).

In realtà, Russia e Cina temono talmente la controforza convenzionale statunitense da aver messo in stand by i loro missili balistici intercontinentali. Sono già pronti al lancio. Una modalità pericolosa: basta un errore e succede l’impensabile.

Su cosa si fonda la superiorità militare convenzionale degli americani e dei loro alleati?

Su quelle che nel nostro studio chiamiamo “le tre D”: Detection, Defeating, Defending.

Ovvero: rilevamento, eliminazione e difesa. Può farci qualche esempio?

Per “rilevamento” intendiamo il lavoro che possono fare i droni strategici, come il Global Hawk (Northrop Grumman RQ-4: in un giorno riesce a coprire 100mila chilometri quadrati, ndr). Ha grande autonomia, vola ovunque. E riesce a scovare i sistemi di lancio mobili mimetizzati in Siberia e nelle regioni della Russia vicine all’Asia centrale. E poi, naturalmente, ci sono i satelliti.

Questo per il “rilevamento”. E i protagonisti della “eliminazione”, quali sono?

I missili più avanzati. Come i JASSMs (joint air-to-surface standoff missiles, la Nato ne ha circa 3.500, stimano gli autori dello studio, ndr ), lanciati dai cacciabombardieri o anche da aerei da trasporto come il C-130, col sistema Rapid Dragon (un modulo in pellet che può accogliere missili cruise o altro materiale destinato al lancio, ndr).

Di questi missili ce ne sono sempre di più, e con gittate sempre maggiori. Ormai le piattaforme nucleari strategiche più remote possono esser raggiunte con facilità. Anche se si trovano, come in Cina, a 2.500 chilometri dalla frontiera più vicina.

Ma alcune basi di lancio, soprattutto in Cina, sono sotterranee, protette da metri di cemento. Pensa davvero che basti un missile Jassm o Tomahawk a farle fuori?

Le basi che in Cina fanno parte della cosiddetta “Grande muraglia sotterranea” sono in effetti le più difficili da distruggere. Ma non è necessaria una distruzione totale. E gli Usa hanno armi convenzionali perfettamente in grado di generare un “effetto terremoto”. Depositi, vie di uscita e silos verrebbero comunque danneggiati. Con ogni probabilità, al punto da rendere la struttura di lancio inutilizzabile.

Manca una “D”, Manuel. Come agisce il fattore “difesa” nella supremazia convenzionale Nato?

Agisce, per esempio, col sistema Aegis. È stato sviluppato negli ultimi 15 anni e può essere utilizzato dalla marina. Nel caso di lanci di missili balistici intercontinentali con testate nucleari da parte di Russia o Cina, navi americane al largo di Murmansk, o nel Mar cinese meridionale e orientale, dotate del sistema Aegis, possono intercettare i vettori nemici nella loro fase di spinta. Ovvero nei primi cinque o cinque minuti dopo il lancio. Quando sono più vulnerabili.

E le “tre D” avrebbero fatto così il loro lavoro…

Esatto. Detection, defeating, defense: le “Tre D” assicurano la possibilità di un attacco convenzionale preventivo. Grazie alla rilevazione di tutti gli obiettivi, ovunque siano. Grazie alla loro eliminazione. E infine, grazie alla difesa nel caso in cui le basi di lancio nemiche sopravvissute rispondessero con i loro missili intercontinentali.

Ma Russia e Cina hanno sistemi di difesa missilistica altamente sofisticati. E così semplice superarli?

La guerra in Ucraina ha dimostrato che anche sistemi ritenuti estremamente efficaci, come l’S-400, possono essere eliminati da semplici siamo di droni tattici. Ma si stanno sviluppando radar e sistemi di allerta precoce sempre migliori. A Kaliningrad, l’exclave tra la Polonia, la Lituania e il Mar Baltico, la Russia ha in funzione il sistema Container, dotato di radar di nuova generazione in grado di monitorare lo spazio aereo a lunga distanza e di rilevare missili balistici.

In generale, che strategie hanno Cina e Russia per contrastare quanto abbiamo detto fin qui?

In breve, i cinesi scavano silos e tunnel sempre più in profondità, per le loro armi nucleari strategiche. E i russi disperdono le loro piattaforme di lancio mobili all’interno del loro immenso Paese. E non è che si tratti di spostare solo un camion. Per ogni lanciatore ci sono molti veicoli di supporto e un apparato logistico sofisticato. Più in generale, quello che sta succedendo è che si aumenta il numero degli armamenti. La risposta di Cina e Russia alla sempre maggior forza convenzionale Usa è ovvia: costruire più armi, e più avanzate. È una corsa che non si ferma.

Qual è lo scopo ultimo del vostro studio?

Quello di far aprire gli occhi su una questione strategica globale di cui si parla poco. La discussione oggi è confinata a livello regionale. Sul conflitto in Ucraina, su quello in Medio Oriente, sulla crisi tra Pechino e Taiwan. Si perde però la visione globale. Si sta correndo verso una sempre maggior militarizzazione del mondo.

Da amanti della pace, abbiamo prodotto un documento pragmatico, realista. Senza prendere una parte o l’altra. Riteniamo necessarie la ricostruzione di una diplomazia del disarmo e un’azione multilaterale per rafforzare la fiducia. Si deve tornare a negoziare sul controllo degli armamenti. Come ha indicato il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres nel luglio scorso, quando si è espresso per la convocazione di un’assemblea straordinaria delle Nazioni Unite per discutere di disarmo e sicurezza globale.

Il compito è difficile. Non impossibile. Ma per riprendere a parlare di controllo degli armamenti bisogna conoscere la situazione attuale e affrontarla in modo pragmatico. Il nostro studio vuol essere un contributo in questo senso.

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