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Opinioni

Perché la strana amicizia tra Russia e Cina può favorire la pace in Ucraina

“Il vero messaggio del vertice di Kazan è il desiderio di un sistema globale più inclusivo”, dicono gli esperti intervistati da Fanpage.it. “Il club non vuole lo scontro con Usa e Ue ma solo migliori condizioni per il commercio”. E preme su Putin “perché accetti compromessi e fermi la guerra”. Nessuna decisione concreta sul sistema anti-dollaro.
A cura di Riccardo Amati
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Vladimir Putin e Xi Jinping vogliono guidare i Brics nella creazione di un nuovo mondo. I due leader tra di loro si chiamano “fratelli”, ma si somigliano poco. L'allineamento tra Mosca e Pechino è strumentale e tutt'altro che senza limiti, notano gli esperti. E il gruppo dei Brics — emerge dal vertice di Kazan — è sempre più concentrato sulle opportunità commerciali, e sempre meno sui proclami politici anti-occidentali. L’appeal sui Paesi del sud globale resta forte, il club è destinato ad ampliarsi. Il suo successo crea preoccupazione a Washington e a Bruxelles. Eppure, spiega il più famoso sinologo russo, può contribuire a rimuovere il vero motivo dell’inusuale partnership tra Mosca e Pechino e la causa di molte paure: la guerra in Ucraina. Allontanando lo spettro di un conflitto termonucleare globale.

Le due staffe di Xi

“Putin vuole davvero un nuovo ordine mondiale, usando l’attuale crisi delle relazioni internazionali per rafforzare il suo status”, dice a Fanpage.it il sinologo Alexey Maslov, componente fisso delle delegazioni russe ai negoziati con la Cina e direttore dell’Istituto di studi asiatici dell’Università statale Lomonosov di Mosca. “La drastica posizione anti-occidentale del nostro presidente, però non è condivisa da molti nel gruppo dei Brics. A partire proprio dalla Cina, che cerca di tenere il piede in due staffe”.

Alexey Maslov
Alexey Maslov

Se da una parte la Cina ha bisogno della Russia, unico suo vero alleato politico nel confronto con gli Usa, dall’altra dipende dal mercato europeo e da quello americano, soprattutto ora che deve ridar fiato a una crescita economica diventata asfittica. America ed Europa sono le due maggiori destinazioni dell’export di Pechino. Il colosso asiatico “è un Paese a orientamento mercantile, molto più di quanto lo sia la Russia”, nota Maslov. L’ordine mondiale la Cina vuole riformarlo, nel modo che più corrisponda ai propri interessi. Non certo distruggerlo.

L’orso e il dragone hanno interessi divergenti almeno dalla metà del Seicento, a causa delle mire espansionistiche degli zar nell’Asia orientale. Le relazioni sono state quasi sempre improntate a una profonda sfiducia reciproca. Nel secolo scorso, le rivoluzioni comuniste nei due Paesi aggiunsero alla rivalità una componente politico-ideologica.

Tolleranza pragmatica

“Oggi Cina e Russia condividono l’avversione per gli Stati Uniti e un forte desiderio di plasmare il mondo a modo loro”, commenta a Fanpage.it Robert Daly, ex diplomatico americano, direttore del Kissinger Institute on China and the U.S. presso il think tank Wilson Center. “È una medicina potente, che li lega strettamente nonostante la sfiducia e il disprezzo reciproci”. Daly è stato l’interprete del presidente Usa Jimmy Carter, del Segretario di Stato Henry Kissinger e del presidente cinese Jiang Zemin. In Cina lo riconoscono per strada: ha condotto programmi e recitato come attore in una popolare serie in tivù.

Robert Daly
Robert Daly

La miglior definizione della partnership Mosca-Pechino però ce la dà un inglese che vive a Mosca: “Tolleranza pragmatica”. Copyright: Christopher Weafer, amministratore delegato di Macro Advisory, storica società di consulenza strategica per chi investe nell’area eurasiatica.

Per il vertice dei Brics, Putin ha riunito a Kazan più di 30 leader mondiali. Oltre all’amico Xi, c’erano — tra gli altri — il premier indiano Narendra Modi, il nuovo presidente dell’Iran, Masoud Pezeshkian e il presidente del Sud Africa, Cyril Ramaphosa. Per il capo del Cremlino è stata la più prestigiosa passerella internazionale dall'invasione russa dell’Ucraina, nel febbraio 2022. È arrivato anche il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Per l’ira di Kyiv.

Putin in passerella

Al di là della retorica mirata a magnificare le sorti progressive dell’amicizia con la Cina e dei Brics, il capo del Cremlino ha voluto mostrare al mondo che la Russia tutto è fuorché isolata. “Questo era molto importante, per il presidente, e il segnale dato è stato ottimo”, sottolinea Maslov.

Fondata nel 2009 da Brasile, Russia, India e Cina, l'alleanza Brics si è ampliata nel 2010 con l'aggiunta del Sudafrica. Lo scorso anno, l'espansione ha incluso Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti come membri permanenti. Senza contare l’Arabia Saudita, che entrerà a breve, il blocco attualmente rappresenta oltre il 37% del Pil e il 41% della popolazione del pianeta. Azerbaigian e Malesia hanno chiesto formalmente di diventare membri. Così come la Turchia, che fa parte della Nato. Diversi altri Paesi hanno espresso interesse ad aderire.

Che Putin al summit dei Brics ci tenesse parecchio lo si capiva da mesi: Kazan, capitale della repubblica russa del Tatarstan, è stata tirata a lucido. Spesa totale, l’equivalente di 80 milioni di dollari, ha detto il sindaco. Molti edifici sono stati restaurati. Gli hotel hanno costruito suite presidenziali. Come misura di sicurezza, durante il vertice scuole e università sono state chiuse, così come biblioteche e musei. I dormitori degli studenti sono stati utilizzati dalle forze dell’ordine arrivate da mezza Russia. I dipendenti statali sono stati mandati in ferie. I cittadini, avvertiti di portare sempre con sé documenti di identità.

Abbasso il dollaro

Le aspettative erano molte. Le decisioni operative prese nel summit sono state poche. Sulla costruzione di un sistema alternativo per i pagamenti internazionali, proposta da Putin e finalizzata a depotenziare il dollaro come arma politica, è stato fatto qualche progresso ma nessun passo definitivo. Altro che moneta comune, come qualcuno si aspettava. Il fatto è che qualsiasi manovra per “de-dollarizzare” l’economia globale è vista come il fumo negli occhi anche da alcuni degli stessi Paesi fondatori dei Brics, come l’India e il Brasile.

“Non c'è stata alcuna discussione su una valuta Brics”, chiarisce Weafer a Fanpage.it: “La maggior parte dei paesi membri non vuole nemmeno parlare di de-dollarizzazione. Non vogliono dichiarazioni politiche. Né messaggi negativi contro Stati Uniti e Ue”. Questo club in rapida espansione non desidera diventare unicamente pro-Cina, pro-Russia e anti-Occidente.

Christopher Weafer
Christopher Weafer

Brics Bridge

La Russia sta lavorando a un sistema digitale di regolamento finanziario delle transazioni commerciali alternativo al sistema interbancario Swift: si chiama Brics Bridge. “C’è un crescente interesse globale per le valute digitali come un modo per aggirare le sanzioni finanziarie occidentali”, spiega a Fanpage.it l’economista del Council on Foreign Relations Agatha Demarais, autrice di Backfire (Columbia University Press, 2022), saggio sugli effetti contrari della sanzioni Usa. “Emesse dalle banche centrali e conservate nei portafogli telefonici, queste valute sono scollegate dai sistemi finanziari occidentali”.

L’India però, così come molti altri membri Brics, è soddisfatta dell'attuale sistema di regolamento delle transazioni. Il dibattito sugli strumenti finanziari sarà ripreso al prossimo summit in Brasile. Demarais ritiene improbabile una loro ampia adozione globale, data la radicata predominanza del dollaro, che copre oltre l'80% del commercio globale e quasi il 60% delle riserve delle banche centrali. E poi Swift è un sistema ormai troppo integrato nelle banche mondiali. Le diverse economie e i diversi obiettivi politici dei Brics complicano ulteriormente le loro ambizioni.

Agarmtha Demarais
Agarmtha Demarais

Pressioni di pace

L’India è forse il Paese su cui l’Occidente deve puntare di più per evitare che il gruppo Brics diventi una piattaforma politica filo-Putin e Filo-Xi tout-court. Mentre i leader di Mosca e Pechino parlavano testa a testa e in segreto della guerra in Ucraina, il premier Modi ha fatto una dichiarazione pubblica molto chiara sulla necessità di negoziare subito la pace. E non è stato il solo. Dal canto suo, Putin ha reiterato che la Russia non intende trattare sui quattro territori parzialmente invasi e formalmente annessi. Ma al peso dell’India potrebbe aggiungersi quello, che con ogni probabilità sarebbe risolutivo, della stessa Cina.

"La Cina ha bisogno di Mosca per vari motivi, tra cui il sostegno al Consiglio di Sicurezza dell'ONU e l'importazione di petrolio a prezzi scontati", spiega Alexey Maslov. Tuttavia, Pechino considera la guerra in Ucraina un ostacolo ai suoi obiettivi commerciali, e Xi Jinping “vuole fermare il conflitto al più presto, senza entrare nelle questioni territoriali e politiche”.

Maslov suggerisce che Putin potrebbe essere convinto a un cessate il fuoco sulle attuali linee del fronte. Se non addirittura a un ritiro parziale. Altri membri presenti e futuri dei Brics, Paesi mediorientali in testa, premono per una soluzione. Secondo Christopher Weafer, i Brics si sentono a disagio nel sembrare sostenitori della Russia. E ciò danneggia i loro interessi commerciali.

Occasioni da sfruttare

Il successo dei Brics, con il previsto allargamento dei Paesi partecipanti, potrebbe aumentare oltremodo la pressione su Putin. Che poi ha tutto l’interesse a che il club si espanda e abbia successo. “Per Mosca si tratta anche di diversificare il rischio Cina”, nota Wafer. Con la guerra, la dipendenza dal “fratello” asiatico è cresciuta fino a diventare vitale. La Russia da partner potrebbe finire vassallo.

Il peggior sbaglio dell’Occidente sarebbe quello di snobbare i Brics, secondo Robert Daly: “Il messaggio da Kazan è che molti Paesi cercano un sistema globale più inclusivo. Si stanno unendo ai Brics non per seguire idee o creare sistemi, ma per evitare la diretta influenza occidentale, e perché si sentono sottorappresentati nelle istituzioni globali esistenti. È urgente rendere il sistema attuale più inclusivo ed equo”.

Più che un nuovo pericolo da temere, l’Occidente dovrebbe considerare la crescita dei Brics e le contraddizioni nella strana amicizia tra Russia e Cina come occasioni da sfruttare per cercar di fare del mondo un luogo più giusto e meno pericoloso.

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Giornalista e broadcaster. Corrispondente da Mosca a mezzo servizio (L'Espresso, Lettera 43 e altri - prima di Fanpage). Quindici anni tra Londra e New York con Bloomberg News e Bloomberg Tv, che mi inviano a una serie infinita di G8, Consigli europei e Opec meeting, e mi fanno dirigere il servizio italiano. Da giovane studio la politica internazionale, poi mi occupo di mostri e della peggio nera per tivù e quotidiani locali toscani, mi auto-invio nella Bosnia in guerra e durante un periodo faccio un po' di tutto per l'Ansa di Firenze. Grande chitarrista jazz incompreso.
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