Perché la Russia non può né vuole prendere Kharkiv: l’analisi dalla città ucraina sotto i missili
Kharkiv non è “indomita” né tantomeno intrepida, dice Yevhen Streltsov. “Non lo sopporto, quando la definiscono così. Siamo solo persone. Normali persone che vorrebbero veder finire questa guerra il più presto possibile”. Yehven ha il polso della sua città. Ne conosce bene le ire e la stanchezza, le paure e le speranze. È il direttore di Radio Nakypilo. I suoi concittadini si confidano in diretta ai conduttori, tra un bombardamento e l’altro. Un programma è dedicato all’assistenza psicologica per la popolazione. “Non c’è panico. Il sentimento che prevale è la rabbia”, racconta a Fanpage.it.
“Putin non ha capito niente di noi. Siccome qui quasi tutti parliamo russo, ci ha proclamato russi. Ma siamo un altro popolo. Siamo ucraini. E ci teniamo. Non vogliamo far parte della Russia. Non vogliamo avere niente a che fare con il totalitarismo e con il comportamento terrorista del Cremlino”. Yevhen parla con noi in inglese. Preferisce non parlare più il russo.
Radio Nakypilo trasmette sulla frequenza che fino al dicembre del 2022 era occupata da Zizhn, una delle emittenti propagandistiche che trasmettono da oltre confine. Zizhn in russo vuol dire “vita”. Ma lo slogan della radio era “Ti ucciderò”. Compariva sullo stereo dell’auto quando ti sintonizzavi. “Zizhn ripeteva all’infinito che l’Ucraina e gli ucraini non esistono, che eravamo parte della Russia e che il nostro esercito doveva arrendersi”, ricorda Yehven. “All’inizio della guerra abbiamo vissuto il momento più brutto. Sembrava che Kharkiv potesse cadere da un momento all’altro”. Con il sottofondo di Radio Zizhn.
Una bella soddisfazione, riprendersi la frequenza occupata dagli invasori. La controffensiva del settembre 2022, con la liberazione dei territori occupati dai russi nella regione, sciolse solo provvisoriamente la tensione. Da venti giorni, con la nuova offensiva russa, i bombardamenti sono quotidiani. La seconda città dell’Ucraina, al contrario della capitale, ha difese aeree altamente insufficienti.
La strage dell’ipermercato, il 25 maggio, è stato il culmine. Prima, altri attacchi raccapriccianti. Non solo per il numero dei civili uccisi ma per la scelta degli obiettivi: le stamperie di alcuni dei maggiori gruppi editoriali ucraini. Il missile sulla Factor-Druk, tra le maggiori tipografie europee, ha causato 7 morti e 22 feriti. E una perdita enorme per la cultura ucraina.
“Vogliono colpirci nella nostra identità più profonda, proprio quando è in atto un boom dell’editoria in lingua ucraina”, dice a Fanpage.it Maria Avdeeva, politologa di Kharkiv spesso intervistata dalle maggiori tivù internazionali, comprese quelle italiane. Kharkiv è la capitale ucraina del libro. L’80 per cento di quel che si stampa nel Paese arriva da qui. “Gli attacchi alle tipografie potrebbero aver ridotto di un buon quaranta per cento la produzione nazionale di libri”, ritiene Avdeeva. I missili colpevoli e ignari sono moderni ma il crimine è ben ragionato e antico: si chiama falò dei libri.
“La strategia di questi attacchi sulla città è chiara”, spiega la politologa: “Spopolarla e colpire i suoi valori. Oltre a provocare stress psicologico costante per chi non se ne va. Per questo i bombardamenti sono quasi sempre in pieno giorno, durante le attività quotidiane della gente. Che è molto provata”.
In realtà la città mostra una resilienza degna di ammirazione. I bar continuano a lavorare anche con le vetrate in frantumi per le esplosioni. Spesso offrono dolci e caffè ai soccorritori al lavoro. Intanto, Kharkiv accoglie gli evacuati dalle aeree vicine dove sono in corso i combattimenti.
A Vovchansk, una settantina di chilometri a nord-est del capoluogo, si lotta casa per casa. I civili hanno già provato l’occupazione russa. E in diecimila sono scappati, lasciandosi alle spalle tutto quello che avevano. “Questo risponde alla propaganda secondo cui nell’est dell’Ucraina tutti odiano il governo ‘nazista’ di Kyiv”, nota Avdeeva: “Se avessero voluto diventare russi, quei diecimila non sarebbero sfollati così”.
Chi è rimasto, se non è cadavere per strada vive nelle cantine, riferisce la politologa. Che è in contatto con i rifugiati dalla cittadina e i profughi che passano a nord-ovest, nell’area di Sumy, per fuggire dai russi. Secondo Avdeeva, l’Ucraina non potrebbe accettare un cessate il fuoco sulla linea attuale del fronte proprio per non lasciare dall’altra parte la sua gente. “Non è una questione di territori. È una questione di persone”.
L’offensiva russa è ferma ormai da giorni. Gli avanzamenti della prima settimana hanno perso ogni slancio. “Le nostre forze armate non hanno la capacità di prendere Kharkiv, e probabilmente nemmeno intendono farlo”, commenta a Fanpage.it uno dei più autorevoli analisti militari russi. Ci parla da Mosca, chiedendoci l’anonimato perché qualsiasi cosa dica di diverso dalla versione ufficiale del Cremlino potrebbe costargli anni di prigione.
“L’avanzata iniziale è stata dovuta al fatto che gli ucraini dopo aver riconquistato la regione di Kharkiv alla fine del 2022 non hanno costruito forti linee difensive”, spiega. “Erano sotto il tiro dell’artiglieria nemica. Fortificarsi avrebbe comportato molte perdite e prodotti scarsi risultati. Le linee difensive di Kyiv sono più in profondità. È normale che i reparti russi incontrino sempre maggiori difficoltà”.
L’esperto di difesa ritiene inoltre che l’arenarsi dell’offensiva sia inevitabile a causa dello scarso utilizzo di carri armati, dovuto alla fitta presenza di armi anticarro e droni suicidi in linea. “Viene mandata avanti solo la fanteria, senza mezzi corazzati e con un’intelligence satellitare carente: Mosca ha tecnologie inferiori a quelle avversarie e non pratica la ricognizione aerea per non perdere apparecchi e piloti”. Resta solo la copertura dell’artiglieria e dei droni. “E certo non basta, per una ‘blitz krieg’”, aggiunge l’analista. Che ha informazioni su “limitati contrattacchi ucraini” già in corso.
Impegnare il nemico nell’oblast di Kharkiv può aiutare a trovare sguarnite altre parti de fronte. Ma questo non è un fattore decisivo. Perché “l’esercito di Kyiv mantiene un’ottima mobilità per le sue riserve, grazie a un ottimo sistema ferroviario”.
Quando Vladimir Putin, parlando a Tashkent, in Uzbekistan, ha detto — tra molte altre cose — che l’obiettivo russo non è conquistare Kharkiv ma creare una “zona cuscinetto” a ridosso del confine, forse ha fatto come la volpe con l’uva. O forse ha davvero una ragione tattica: “L’offensiva russa d’estate è già pienamente in atto, il fronte è molto esteso e il focus di Mosca non è solo su Kharkiv”.
Putin ha fretta di creare le condizioni per un collasso militare ucraino, non necessariamente a Kharkiv. “Può sempre succedere, dipende dall’eventuale interazione di molte circostanze, come sempre nelle guerre. Ma il tempo è limitato: l’offensiva d’estate deve raggiungere risultati definitivi entro ottobre”. Altrimenti, la Russia comincerà a risentire dell’espansione dell’industria bellica occidentale in termini quantitativi e qualitativi.
“Mosca a lungo termine non può confrontarsi con la capacità produttiva dei Paesi Nato. Neanche se portasse la spesa militare al 30 per cento del Pil, cosa peraltro economicamente insostenibile”. Al momento, Mosca spende per il settore difesa il 7,1 per cento del prodotto interno. Il 35 per cento dell’intera spesa pubblica, secondo dati dell’istituto svedese per la ricerca sulla pace Sipri. Non può fare molto di più.
Il nostro analista militare è convinto che presto gli Usa e i loro alleati non invieranno più a Kyiv solo quel che definisce “il fondo del barile” dei loro arsenali, ma materiale più avanzato ed efficace. “L’Occidente finora non si è impegnato davvero, ma i segnali sono tutti per un maggior coinvolgimento. Potremmo presto vedere sui campi di battaglia nuove diavolerie tecnologiche in grado di fare la differenza”.
Il via libera all’utilizzo di armi americane e occidentali per colpire obiettivi militari in Russia non sarebbe di per sé un “game changer”, perché comunque “non riguarderebbe missili di gittata superiore ai 300 chilometri”, sostiene l’esperto. E la Russia è grande e profonda. Intanto, da posizioni perfettamente identificate nell’Oblast di Belgorod, in uno degli ultimi attacchi a Kharkiv sono partiti otto missili da una batteria S-300.
“Ecco perché abbiamo bisogno di poter colpire i sistemi di lancio in Russia, oltre che di maggiori difese anti-aeree”, sottolinea Maria Avdeeva. “Il confine è a soli 40 chilometri da Kharkiv. Da lì ci bombardano come vogliono. E noi non possiamo toccarli. È una situazione strategicamente insostenibile”.
Ma chi si oppone ha più di qualche ragione, facciamo presente. Non solo l’Ucraina ma anche gli alleati che gli danno le armi vengono già accusati di voler aggredire la Russia. “Quando le armi arrivano in Ucraina non sono più americane o francesi o italiane. Diventano ucraine. E non le useremo mai per scopi offensivi ma solo per difenderci. E solo contro obiettivi militari”.