Non fatevi ingannare dall’età, dallo sguardo bonario, dalla nomea di vecchio senatore moderato che si porta appresso, finanche dall’appelletivo di “Sleepy Joe” – Joe il dormiglione – che gli affiliato il suo predecessore-rivale-convitato di pietra Donald Trump durante la campagna elettorale delle elezioni presidenziali di novembre 2020.
Non fatevi ingannare, perché quella di Joe Biden, che giurerà oggi come 46esimo Presidente degli Stati Uniti d'America, sarà una presidenza rivoluzionaria, destinata a cambiare l’America e il mondo, o perlomeno ad accompagnarne un poderoso cambiamento.
Sarà una rivoluzione perché Joe Biden non ha più niente da perdere. Ha 78 anni, e tra quattro anni ne avrà 82. È senatore degli Stati Uniti d’America dal 1973. È già stato vicepresidente di Barack Obama tra il 2008 e il 2016. Soprattutto, ha già annunciato che non si ricandiderà e ha solo quattro anni, non otto, per lasciare il suo segno sulla Storia, l’eredità politica per la quale verrà giudicato. Non ha remore per non farlo.
Sarà una rivoluzione, perché c’è da cancellare l’eredità politica di Donald Trump, la nemesi di tutto ciò che Biden rappresenta, dagli accordi sul clima al muslim ban, dalla riforma sanitaria alla limitazione all’uso delle armi, dall’Europa alla Cina, dal Medio Oriente alle Nazioni Unite. In ognuno di questi ambiti, Biden rappresenta l’opposto dei valori e delle idee di Trump. E chi l’ha votato si aspetta sia consequenziale.
Sarà una rivoluzione perché Biden ha tutti gli strumenti per realizzarla. Soprattutto, almeno nei primi due anni, ha dalla sua due camere a maggioranza democratica. Ancora: ha a disposizione un bazooka finanziario necessario a fronteggiare l’emergenza Covid-19 e la relativa crisi economica. Due armi transitorie e irripetibili, da sfruttare qui e ora.
Sarà una rivoluzione perché il Partito Democratico spingerà Biden alla rivoluzione. Lo farà l’ala sinistra di Alexandria Ocasio Cortez e lo farà la sua vice Kamala Harris, che non potrà presentarsi come erede naturale di una presidenza debole e incompiuta.
Sarà una rivoluzione perché il mondo è in ebollizione, e non solo per la pandemia. Lo scontro economico-geopolitoco con la Cina, la sfida ambientale, il rilancio della globalizzazione, l’argine allo strapotere delle big tech, un nuovo legame con l’Europa del dopo Merkel, il destino dell’Africa sono solo le principali tra le sfide che Biden dovrà affrontare nei prossimi quattro anni.
Sarà una rivoluzione, perché altrimenti arriverà la controrivoluzione di Trump e dei suoi epigoni. Perché per quanto possa sembrare controintuitivo l’unico modo per ricucire gli Stati Uniti d’America dalle lacerazioni degli ultimi quattro anni è cambiare tutto.