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Perché la nuova presidente del Messico potrebbe vincere la guerra ai narcos

Massimo De Giuseppe, professore associato di Storia contemporanea presso l’Università IULM ed esperto di Messico: “Da sindaca Claudia Sheinbaum ha trasformato Città del Messico in una delle città coi più bassi tassi di criminalità dell’America Latina. C’è da sperare che sia in grado di applicare a tutto il Paese alcune ricette già testate con successo nella capitale”.
Intervista a Professor Massimo De Giuseppe
Professore associato di Storia contemporanea presso l’Università IULM di Milano e membro corrispondente per l’Italia della Academia Mexicana de la Historia.
A cura di Davide Falcioni
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Claudia Sheinbaum, la nuova presidente del Messico
Claudia Sheinbaum, la nuova presidente del Messico

Quella che si è appena conclusa è stata una delle campagne elettorali più sanguinose della storia del Messico. Decine e decine di candidati locali sono stati assassinati prima delle elezioni del 2 giugno e altre centinaia, terrorizzati, hanno preferito rinunciare alla loro corsa per la carica di sindaco o consigliere comunale. In questo quadro di recrudescenza della violenza la vittoria delle elezioni presidenziali è andata a Claudia Sheinbaum, esponente del Movimento Rigenerazione Nazionale, meglio noto con l'acronimo di Morena: la 62enne, ingegnera ambientale, dovrà nei prossimi anni governare uno dei Paesi più importanti del continente americano affrontando, tra le altre sfide, i potenti cartelli della criminalità organizzata responsabili di decine di migliaia di omicidi ogni anno.

Claudia Sheinbaum non ha messo la lotta alla criminalità organizzata al centro del suo programma di governo preferendo puntare sui programmi sociali di welfare e sulla lotta alla carenza idrica e al cambiamento climatico. Eppure, come ricorda a Fanpage.it il professor Massimo De Giuseppe, tra i maggiori esperti italiani di Messico, proprio lei potrebbe essere in grado di infliggere un durissimo colpo ai cartelli del narcotraffico. Cosa che ha già dimostrato di saper fare durante il suo mandato da sindaca di Città del Messico, diventata oggi una delle megalopoli più sicure dell'America Latina.

Negli ultimi anni il Messico è stato teatro di decine di migliaia di omicidi commessi da parte di gruppi armati spesso collegati al narcotraffico. Nel 2023 le persone uccise sono state circa 30mila. Perché? Cosa sta accadendo?

Partiamo dai dati nudi e crudi. Sebbene il tasso di omicidi in Messico resti altissimo in realtà il numero delle vittime sta facendo registrare un trend in calo rispetto al passato. Nel 2022 i morti furono circa 38mila, nel 2023 quasi 30mila. Per il momento siamo leggermente sotto. Tuttavia è innegabile che negli ultimi due mesi della campagna elettorale vi sia stata una netta recrudescenza dei delitti, crimini che tuttavia si legano non tanto al voto per le elezioni presidenziali, quanto per quello delle elezioni locali. Molti dei candidati uccisi correvano per la carica di sindaco o di consigliere di ayuntamiento. Provando a fotografare la distribuzione delle violenze, sono state commesse generalmente negli stati più "deboli", quelli storicamente più segnati dal narcotraffico come Sinaloa, Guerrero e Tamaulipas, ma anche in altri in cui la violenza è cresciuta negli ultimi anni come Jalisco, Guanajuato, una parte del Michoacán e alcune aree del Chapas.

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Quai sono stati i risultati ottenuti nella lotta alla criminalità organizzata durante l'ultimo mandato presidenziale, quello di Andrés Manuel López Obrador?

La gestione del contrasto alla violenza durante la presidenza di Andrés Manuel López Obrador è stata caratterizzata da un cambio di strategia rispetto al passato. Occorre quindi contestualizzare e fare un passo indietro nel tempo: l'enorme escalation di violenza in Messico è iniziata dopo il 2006, anno in cui il presidente Felipe Calderón  – membro del PAN (Partido acción nacional) – lanciò la "guerra al narcotraffico" in accordo con l'amministrazione statunitense di Bush junior. L'idea era quella di condurre un contrasto militare ai cartelli del narcotraffico, dominati in quella fase da uno scontro tra i cartelli di Sinaloa e quello del Golfo. Da quel momento la situazione è degenerata: le violenze, fino ad allora delimitate a piccole aree, si sono estese a tutto il territorio messicano. I cartelli hanno iniziato a controllare non solo il traffico di droga, ma anche altri settori come la riscossione del pizzo e la tratta degli immigrati. Gli omicidi sono quindi dilagati negli anni successivi. Enrique Peña Nieto promise una sorta di pacificazione nazionale, che non si è mai realizzata, mentre il successore Andrés Manuel López Obrador (AMLO) ha provato a cambiare strategia sotto il profilo organizzativo e sotto quello comunicativo.

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Quali politiche sono state messe in campo da AMLO?

È stata creata una Guardia Nacional che dovrebbe intervenire nel controllo del territorio, e lo ha fatto con risultati contrastanti. Il presidente si è affidato anche all'Esercito e alla Marina Militare, specializzata proprio nel contrasto al narcotraffico. Contestualmente è stato rinnovato l'aspetto comunicativo con lo slogan "Abrazos, no balazos" (abbracci, non proiettili), una sorta di pacificazione morale del Paese. Vista da qui può sembrare una banalità, però l'idea di AMLO aveva una sua logica nel tentativo di costruzione di uno spirito di pacificazione nazionale. C'è poi un'altra grande questione che tendiamo a non considerare abbastanza: si pensa che la violenza in Messico sia un fenomeno essenzialmente nazionale, quando in realtà è intrecciato alla criminalità organizzata transnazionale, che ha la sua centrale principale negli Stati Uniti (come prima area di consumo) e poi in Europa.

Claudia Sheinbaum sarà la prima presidente donna del Messico. Avrà la capacità di affrontare il tema delle violenze e la lotta al crimine organizzato?

Claudia Sheinbaum si insedierà solo a dicembre dopo un periodo di transizione. Quello che possiamo dire è che la presidente è stata molto abile nell'amministrazione di Città del Messico, di cui è stata sindaca: parliamo di una megalopoli di 23 milioni di abitanti, con forti contrasti e grande dinamicità. Ebbene, tra le megalopoli latino-americane oggi Città del Messico è una di quelle con i più bassi indici di criminalità, inferiori rispetto alle grandi città brasiliane o argentine. C'è da sperare che Claudia Sheinbaum sia in grado di applicare a tutto il Messico alcune ricette già testate con successo nella capitale del Paese.

Secondo la scrittrice ed editorialista di Al Jazeera Belén Fernández è sbagliato dire che a vincere le elezioni messicane è stata una donna, perché il vero vincitore è stato il crimine organizzato. Lei è d’accordo con questa interpretazione?

Non condivido affatto. È vero, uno dei grandi problemi del Messico è quello della corruzione, ma il narcotraffico è oggi estremamente potente ed intrecciato a meccanismo finanziari anche "limpidi", per cui è molto difficile da combattere. C'è anche da considerare che il Messico non è solo narcotraffico: parliamo della dodicesima economia del mondo, di un Paese con un pil superiore a quello di Spagna, Australia e Corea del Sud. Insomma, non si tratta di di un "narco-stato" centroamericano, ma di un colosso con 137 milioni di abitanti, con un enorme peso a livello continentale, che rappresenta un hub fondamentale dell'industria automobilistica e biomedica. Il Messico va considerato un grande Paese, pur con molte contraddizioni. E il contrasto al narcotraffico è solo una delle sfide che la sua leadership deve affrontare. Non l'unica.

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In un editoriale del NY Times si afferma che Claudia Sheinbaum non avrebbe messo al centro del suo programma di governo la lotta alle violenze e al narcotraffico. Eppure, come ci ha ricordato anche lei, durante il suo mandato di sindaca di Città del Messico gli omicidi sono diminuiti di circa la metà.

Che Claudia Sheinbaum non abbia messo al centro la lotta al narcotraffico è vero. Questo anche perché Morena, il partito della presidente, ha puntato su altri temi, in primis sulla redistribuzione delle ricchezze e sul welfare, elementi che ne hanno trainato il consenso. Il programma Sembrando Vida nelle aree rurali, ad esempio, ha generato una buona redistribuzione. Claudia Sheinbaum  sapeva che la partita vera si giocava sulle questioni sociali e sul contrasto alla povertà.

Ma la violenza resta un tema centrale. Quali politiche metterà in campo la nuova presidente nei prossimi anni?

Sarà fondamentale la sua capacità di gestire il rapporto con l'esercito. A differenza degli altri Paesi dell'area il Messico, fin dalla rivoluzione del 1910-1920, ha tenuto le forze armate un po' ai margini della vita pubblica. Dal 2006 in poi però l'esercito ha assunto un'importanza sempre maggiore e Claudia Sheinbaum dovrà essere brava a trovare in equilibrio tra i suoi poteri, quello dei governatori e il ruolo delle forze armate. Servirà poi uno sforzo transnazionale: è già stato messo in campo un grande scambio di informazioni con altri Paesi, Italia compresa, perché il narcotraffico non è un problema "solo" messicano ma globale. Un altro punto cruciale sarà migliorare il sistema giudiziario, oggi grande anello debole visto che il 90% dei reati resta impunito. Insomma, ci sarà molto da fare. Ma Claudia Sheinbaumha tutte le carte in regola per imprimere una svolta, come dimostra la sua esperienza di sindaca di Città del Messico.

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