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Guerra in Ucraina

Perché la nuova arma segreta ucraina non cambierà il corso della guerra (ma dà un vantaggio a Kiev)

Il missile ibrido Palianytsia “assicura un vantaggio tattico a Kyiv ma non cambia le sorti della guerra”, dice a Fanpage.it l’accademico Michael Boyle. Zelensky però potrebbe arrivare più forte a un tavolo negoziale. Il ricercatore Federico Borsari: “Aeroporti, industrie militari e basi russe a rischio fino a 700km dal confine”.
A cura di Riccardo Amati
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L’attacco con i droni-missile Palianytsia sul deposito di armamenti e munizioni di Toropets, nell'oblast di Tver, Federazione Russa, è stato devastante. Dimostra che l’Ucraina ha ancora la capacità di infliggere grossi danni al nemico. Chi ritiene che la partita sia chiusa e che Kyiv in un futuro negoziato debba dire di sì a qualsiasi cosa chieda il Cremlino, forse dovrà rifare suoi conti.

“È chiaro che la nuova arma permette all’Ucraina di colpire in profondità la Russia: opera come un missile cruise a lungo raggio lanciato da postazioni terrestri mobili”, dice a Fanpage.it Michael J. Boyle, autore di The Drone Age. How Drone Technology Will Change War and Peace (Oxford University Press, New York, 2020) e docente al dipartimento di Scienze politiche della Rutgers University. “Avrà un impatto spettacolare, con altri attacchi a depositi di armi. Darà all’Ucraina un vantaggio tattico, anche se solo nel futuro immediato”.

Infatti il vantaggio, in questi casi, è quasi sempre temporaneo. I russi si saranno già messi al lavoro per trovare il modo di intercettare i per loro impronunciabili Palianytsia, o di confondere irreparabilmente il segnale che li guida. Ma non è detto che sarà facile. Perché al normale sistema di controllo da una stazione sul terreno e alla navigazione inerziale integrata con Gps, gli ucraini hanno aggiunto accorgimenti contro la guerra elettronica.

Michael J. Boyle, Rutgers University
Michael J. Boyle, Rutgers University

Guerra elettronica

“L’arma non ha una telecamera che comporti un payload (trasmissione di dati all’utilizzatore, ndr) come avviene per altri droni”, spiega a Fanpage.it Federico Borsari, ricercatore al dipartimento di Difesa e sicurezza transatlantica del Centre for European Policy Analysis (Cepa) di Washington. “Questo già mette al riparo da jamming e spoofing, le interferenze che fanno impazzire il sistema di guida”.

Federico Borsari, Cepa
Federico Borsari, Cepa

Inoltre, è probabile che il drone/missile monti un sensore digitale elettro ottico, in grado di scannerizzare il terreno sorvolato e fare una comparazione con immagini o informazioni precaricate sul vettore. “Sappiamo che l’Ucraina ha aggiornato e sviluppato questa tecnologia”, rivela il ricercatore del Cepa. E non è escluso che venga utilizzata anche l’intelligenza artificiale, per dare informazioni al Palianytsia e indirizzarlo sul bersaglio.

Nuove armi e vecchi sistemi

La guida con sensore elettro ottico è tipica dei “vecchi” Storm Shadow, messi a punto quando il Gps era ancora poco più che un progetto. Gran Bretagna e Francia (nella versione francese denominata Scalp) ne hanno forniti diversi all’Ucraina. Ma vige tuttora il divieto di utilizzarli sul territorio russo. E non si sa quanti ne siano rimasti.

Kyiv ha però inventato per conto suo qualcosa che sembra molto più efficace degli Storm Shadow. “Se poi il Palianytsa potesse trasportare una testata a frammentazione, capace di sparare submunizioni in ogni direzione, potrebbe fare danni davvero enormi”, sottolinea Borsari.

Gli obiettivi, non sono solo i depositi di armamenti. Anche i depositi di carburante, gli aeroporti, le sedi di comando, i sistemi di difesa antiaerea, le fabbriche di munizioni e di armi, le basi logistiche sono a rischio. Solo di aeroporti militari ce ne sono una ventina, nel raggio di azione del drone/missile in Russia.

Un attacco devastante

Per certo, nel deposito di Toropets i Palianytsia — circa 100, secondo più fonti che non abbiamo potuto verificare — hanno provocato danni per centinaia di milioni di dollari. Soprattutto, hanno distrutto mesi e mesi di produzione di missili balistici tattici ipersonici come gli Iskander e di armi e munizioni meno sofisticate ma altrettanto preziose per rifornire i reparti in linea.

Potrebbe essere un bel problema, per la Russia. Che ha aumentato la sua capacità produttiva ma non ha grandi stoccaggi di armamenti. Soprattutto di missili. “Ne produce parecchi ma ne utilizza altrettanti, solo recentemente sembra sia riuscita a costituire un minimo di scorte”, riferisce Borsari.

La struttura colpita si estende per cinque chilometri. Le immagini satellitari prese prima dell’attacco mostrano container e materiale bellico di ogni tipo lasciato allo scoperto, apparentemente ammassato alla rinfusa. Sconcertante, per chi non ha dimestichezza con la cialtroneria che spesso caratterizza le forze armate di Vladimir Putin. I video immediatamente successivi all’attacco mostrano un’esplosione gigantesca. Visibile dallo spazio. A forma di fungo.

L’esplosione

“Chi ha definito la potenza delle detonazione in termini di chilotoni, come per un evento nucleare, ha comunque detto una sciocchezza”, puntualizza Federico Borsari. “La testata di ogni Palianytsaia non può contenere più di 50 chilogrammi di esplosivo”. Con un maggior peso, il missile-drone non potrebbe arrivare così lontano. Il deposito colpito è a 500 chilometri dalla frontiera russo-ucraina. La gittata massima è di 700, ritiene l’analista. .

“La forza predominante dell’esplosione di Toropets è stata dovuta alle detonazioni secondarie delle munizioni e degli esplosivi immagazzinati nella struttura colpita”, conviene Michael J. Boyle. “Le testate di questi droni/missile a lunga raggio non sono così potenti”.

Ma insomma, si tratta di missili o droni? “Somigliano molto a un missile cruise controllato da terra e dotato di motori a reazione come i droni ad ala fissa”, risponde Boyle. “Ma ovviamente non sono riutilizzabili come la maggior parte dei droni. L’idea di fondo è quella delle loitering munition (munizioni circuitanti, per esempio i droni kamikaze, ndr)”.

Più missile che drone

“I Palianytsaia viaggiano a una velocità tra i 500 o 600 chilometri orari, e questo li differenzia in modo drastico dai droni finora usati dall’Ucraina per gli attacchi a lungo raggio, e che non superano i 120 chilometri l’ora”, aggiunge Borsari. Secondo cui anche la forma e il raggio di azione fanno in pratica di questa arma un missile da crociera.

Tra l’altro, anche se è stato detto e scritto il contrario, i Palianytsaia non si muovono in sciami come i droni, virando in sincrono come uno stormo di uccelli. Agiscono invece proprio come missili: vengono lanciati e guidati individualmente, anche quando il bersaglio è unico.

Difficile dire quanto ne siano stati costruiti. Boyle non crede che quelli caduti su Toropets fossero solo prototipi. È stata più probabilmente la prova di utilizzo di ordigni già in produzione. L’accademico è certo che il progetto e lo sviluppo dell’arma sia interamente ucraino. E che anche l’utilizzo sia “indipendente dalla Nato e dai Paesi occidentali”.

Made in Ukraine

L’Ucraina ha una lunga tradizione nell’industria della difesa, fin da quando faceva parte dell’Unione Sovietica. Il successo dei suoi nuovi missili Neptun contro la Flotta del Mar Nero ha già dimostrato che la tradizione persiste. Kyiv ha senz’altro la capacità di progettare e costruire armamenti sofisticati senza aiuti diretti da parte dei Paesi che la sostengono. “Sta sviluppando da tempo diversi tipi di droni a lungo raggio, quello visto in azione nella regione russa di Tver è solo uno dei modelli”, osserva Michael Boyle.

Il costo di ogni Palianytsaia è inferiore al milione di dollari, ha reso noto il governo ucraino. Nemmeno tanto. Un missile Tomahawk costa quasi il doppio. La produzione in serie potrebbe abbassare ulteriormente gli investimenti necessari per ogni unità. Per Borsari “questa nuova arma può essere un asset di tutto rispetto per l’Ucraina, vista la titubanza dei Paesi occidentali nell’autorizzare l’utilizzo dei loro missili sul territorio russo”.

Da qui a considerare l’arrivo del drone/missile nell’arsenale di Kyiv un punto di svolta nella guerra, però, ce ne corre. "I benefici tattici per gli attacchi in profondità non dureranno a lungo: i Palianytsaia non cambieranno il corso del conflitto", sostiene Michael J. Boyle. “Non c’è mai una singola arma che possa davvero modificare i giochi”, concorda Federico Borsari.

La pace che sarà

Fatto sta che l’Ucraina è ancora in grado di colpire duro con nuove armi sviluppate in proprio, nonostante oltre due anni e mezzo di estenuante resistenza contro la Russia. Il Paese invaso è vivo e vegeto. Il tempo non è dalla sua parte. Zelensky lo sa. Non conosciamo il piano di pace che illustrerà il 26 settembre a Washington. Ma qualsiasi cosa contenga, un compromesso territoriale sembra inevitabile.

Se il sostegno occidentale non verrà meno e Kyiv nei prossimi mesi potrà sfruttare ogni vantaggio tattico che riesce a strappare, a colpire gli ordigni che piovono ogni giorno sull’Ucraina e gli aerei che li trasportano prima che partano, l’atteggiamento di inflessibile sufficienza del Cremlino, finora deciso ha imporre una sorta di capitolazione, forse si ridimensionerà. E per gli ucraini il compromesso potrà essere meno doloroso.

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