Perché la morte di Khader Adnan rischia di scatenare una nuova escalation tra Israele e palestinesi
Khader Adnan, detenuto palestinese di 44 anni, leader della Jihad islamica, è morto la scorsa notte per le conseguenze di uno sciopero della fame durato 87 giorni. L’uomo, padre di nove figli e originario della città occupata di Jenin, in Cisgiordania, è stato trovato privo di sensi nella sua cella nelle prime ore di oggi: trasferito nell’ospedale di Ramle, è deceduto poco dopo.
Adnan era una figura di spicco della resistenza palestinese: arrestato altre 12 volte, aveva intrapreso un nuovo sciopero della fame – il quinto della sua vita – contro la "detenzione amministrativa", tipologia di arresto in cui gli indagati sono reclusi per un tempo minimo di 6 mesi senza conoscere le accuse nei loro confronti e senza che venga neppure celebrato un processo. Ad oggi Israele applica la detenzione amministrativa nei confronti di 530 detenuti, quasi tutti palestinesi.
La morte di Khader Adnan rischia di gettare benzina sul fuoco tra Israele e palestinesi. La vedova dell’uomo ha dichiarato: "Non accetteremo messaggi di cordoglio ma solo congratulazioni". Poi ha tentato di scongiurare vendette: "Il mio defunto marito diceva che non si deve versare una sola goccia di sangue. Ora, dopo la sua morte e tutti i sacrifici che ha fatto, non vogliamo che venga versata neppure una goccia di sangue". La donna ha quindi chiesto che venga immediatamente fermato il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza.
Per capire quanto siano alte le tensioni tra Israele e palestinesi, e soprattutto cosa potrebbe accadere nei prossimi giorni, Fanpage.it ha interpellato Michele Giorgio, scrittore, direttore di Pagine Esteri e storico corrispondente dal Medio Oriente del Manifesto.
Chi era Khader Adnan?
Khader Adnan era un membro della Jihad islamica, una figura politica piuttosto nota all'interno della sua organizzazione soprattutto dal punto di vista simbolico. Adnan era stato arrestato altre volte da Israele e in cinque occasioni aveva proclamato scioperi della fame per protestare contro la "detenzione amministrativa".
Cosa prevede questo provvedimento?
Si tratta di una forma di custodia cautelare applicata da Israele: non solo non viene celebrato nessun processo nei confronti dell'indagato, ma la persona arrestata è all'oscuro persino dell'accusa nei suoi confronti, quindi è impossibilitata a organizzare una difesa efficace. La "detenzione amministrativa" entrò in vigore durante il mandato britannico sulla Palestina tra il 1917 e il 1948 ma Israele ha deciso di conservarla nel suo attuale ordinamento giuridico, applicandola quasi esclusivamente sui palestinesi all'interno dei territori occupati. Ebbene, Khader Adnan stava conducendo uno sciopero della fame da 87 giorni per protestare contro questo nuovo arresto mai seguito da un processo. Come lui altri detenuti palestinesi di altre organizzazioni hanno condotto negli anni scioperi della fame, sia individuali che collettivi, contro la "detenzione amministrativa". In questo momento sono centinaia i palestinesi sottoposti a questa misura, alcuni dei quali sono minori. Sono tutti in carcere a "tempo indeterminato" senza neppure sapere di cosa sono accusati.
Contro la "detenzione amministrativa" si sono ripetutamente espresse organizzazioni per i diritti umani…
Sì, quel tipo di detenzione era e resta un grosso problema: la detenzione amministrativa è stata condannata da tutte le istituzioni internazionali competenti in materia e da importanti ONG. L'interruzione di questa forma di arresto senza processo rappresenterebbe sicuramente un importante passo avanti.
In passato gli scioperi della fame condotti contro la "detenzione amministrativa" hanno sortito degli effetti?
Sì, lo stesso Khader Adnan aveva in passato proclamato dei digiuni persino più lunghi di 87 giorni; così avevano fatto molti altri detenuti palestinesi e spesso le autorità israeliane avevano ceduto, rilasciando i prigionieri dopo qualche settimana o un paio di mesi, con l'assicurazione che il provvedimento non sarebbe stato rinnovato. Questa forma di detenzione ha infatti una durata minima di sei mesi ma può essere prolungata di volta in volta. Ci sono stati detenuti palestinesi che in passato hanno scontato pene di anni senza il benché minimo processo e senza conoscere i capi d'accusa.
Lasciando morire di fame Khader Adnan, quale messaggio ha voluto lanciare Israele alla resistenza palestinese?
Israele non ha avviato nessuna trattativa con l'avvocato di Adnan affinché interrompesse lo sciopero della fame. Si tratta solo di un'ipotesi, ma penso che l'attuale governo di Tel Aviv – composto da partiti di estrema destra – abbia deciso di essere molto duro e inflessibile nei confronti dei palestinesi. Più volte il Ministro della Sicurezza Nazionale ha dichiarato di non voler scendere a nessun compromesso con Adnan durante il suo digiuno di protesta.
E quali sono gli scenari futuri? Ci sarà una risposta violenta da parte dei palestinesi?
Siamo già entrati all'interno di un'escalation al momento fortunatamente limitata, ma che potrebbe peggiorare nei prossimi giorni. Ci sono stati lanci di razzi verso il sud di Israele nella Striscia di Gaza, e Tel Aviv ha risposto con dei bombardamenti. Le notizie che arrivano da Gaza è che non è chiaro se il movimento islamico Hamas abbia intenzione di entrare in un confronto militare ampio contro Israele: al momento non sembrerebbe essere questa la sua intenzione. Ci saranno scontri, lanci di razzi e raid aerei, ma probabilmente nessuna delle parti coinvolte intende arrivare a un'ulteriore escalation. Non possiamo però esserne certi: la storia ci insegna che è sempre molto difficile fare delle previsioni e non è possibile escludere una vera e propria guerra tra Israele e Gaza, come avvenuto svariate altre volte in passato.