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Perché la guerra tra Israele e Hezbollah può infiammare l’intero Medioriente

A quasi un anno dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas è iniziata una nuova fase del conflitto. Lo scontro e la tensione alle stelle riguardano sempre di più l’esercito di Tel Aviv e il movimento sciita libanese Hezbollah.
A cura di Giuseppe Acconcia
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L'esercito israeliano (Idf) ha colpito 1600 obiettivi nel Sud del Libano e nella Valle della Bekaa nella giornata di lunedì. Mentre il movimento sciita libanese Hezbollah ha lanciato 165 razzi contro Israele. Secondo il ministero della Salute libanese i morti sono almeno 356, inclusi 24 bambini e 31 donne. È il bilancio più sanguinoso dai tempi della guerra civile libanese (1975-1990). Tra gli obiettivi figura il responsabile delle attività militari di Hezbollah nel Sud del Libano, Ali Karaki, rimasto illeso.

Oltre mille persone sono state ferite nei raid che hanno preso di mira depositi di munizioni ma anche ospedali, ambulanze e centri medici. “Non aspettiamo la minaccia, la anticipiamo”, ha detto il premier israeliano, Benjamin Netanyahu. Si tratta di una grave escalation del conflitto che ha avuto inizio quasi un anno fa, il 7 ottobre
2023, e che ha aperto la strada alla guerra tra Israele e Hamas che ha fin qui causato oltre 41mila morti palestinesi, 1200 israeliani e 250 ostaggi, alcuni dei quali ancora nelle mani del gruppo che governa la Striscia di Gaza. Come se non bastasse, l'esercito israeliano è entrato anche negli uffici della televisione del Qatar al-Jazeera a Ramallah, ordinando la chiusura delle trasmissioni per 45 giorni.

Dalla guerra Israele-Hamas al conflitto Israele-Hezbollah

Il nuovo obiettivo di Israele è la leadership del movimento sciita libanese Hezbollah, accusato di avere legami ideologici con gli ayatollah iraniani e di essere alleato di Hamas nel cosiddetto “asse della resistenza”. La missione di peacekeeping delle Nazioni Unite (Unifil) ha espresso “grave preoccupazione per la sicurezza dei civili in Libano”. “Ogni ulteriore escalation potrebbe avere conseguenze devastanti per l'intera regione”, ha proseguito Unifil. Secondo le Nazioni Unite, “gli attacchi contro i civili in Libano potrebbero rappresentare crimini di guerra”.

A rincarare la dose, sono arrivate le parole del primo ministro libanese, Najib Mikati. Secondo il politico, i raid israeliani contro il Libano sono “un genocidio in ogni senso del termine”. Dal canto suo, il premier israeliano Netanyahu ha assicurato che avrebbe fatto qualsiasi cosa “per ristabilire la sicurezza” al confine con il Libano. Fonti israeliane parlano della possibilità di realizzare una zona cuscinetto tra Israele e Libano per contenere i raid di Hezbollah. L'esecutivo di Tel Aviv ha confermato la volontà di permettere a migliaia di cittadini israeliani evacuati di fare rientro nelle loro case al confine con il Libano.

Prima dell'escalation degli ultimi giorni oltre 600 persone, tra cui almeno 130 civili, sono stati uccisi nei raid israeliani in Libano a partire dal 7 ottobre. Gli attacchi di Hezbollah nel Nord di Israele avevano ucciso 23 soldati israeliani e 26 civili. A causa della guerra in corso, secondo le Nazioni Unite 90mila libanesi e 60mila israeliani hanno dovuto lasciare le loro case nell'ultimo anno.

I raid israeliani contro il quartiere sciita alla periferia meridionale di Beirut di Dahieh sono partiti lo scorso venerdì. Nei bombardamenti hanno perso la vita almeno 45 persone, inclusi tre bambini. Tra le vittime figurano alti ufficiali di Hezbollah, come Ibrahim Aqil e Ahmed Wahbi, insieme a decine di membri delle forze scelte Redwan. Ai funerali di Aqil, ricercato dagli Stati Uniti per gli attacchi contro l'ambasciata Usa e la caserma dei Marines che nel 1983 causarono 63 vittime, il vice del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, Naim Qassem ha assicurato che è iniziata “una nuova fase del conflitto” e ha aggiunto che Israele ha fallito nel suo tentativo di mettere a tacere la resistenza a sostegno del popolo palestinese.

Tra sabato e domenica 150 missili sono stati lanciati dal movimento sciita libanese in territorio israeliano, causando danni intorno alla città di Haifa. L'Idf ha assicurato che gran parte dei proiettili sono stati intercettati, inclusi i missili provenienti dall'Iraq e lanciati dal gruppo sciita della Resistenza islamica. Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, aveva avvertito della “possibilità che il Libano possa trasformarsi in un'altra Gaza”. Mentre la coordinatrice Onu per il Libano, Jeanine Hennis-Plasschaert, ha denunciato che il Medioriente è sull'orlo di “un'imminente catastrofe”.

Nel mirino cercapersone e walkie-talkie

L'esclation del conflitto tra Israele e Hezbollah ha avuto inizio lo scorso 17 settembre. Di 39 morti e 4mila feriti (di cui 152 versano in condizioni gravi) è stato il bilancio delle esplosioni di cercapersone, cellulari e walkie-talkie in dotazione a membri del movimento sciita libanese in Libano e Siria. Tra le vittime si contano il figlio del deputato di Hezbollah, Ali Ammar, e la figlia di dieci anni di un membro del gruppo. Mentre è rimasto ferito lievemente anche l'ambasciatore iraniano a Beirut, Mojtaba Amani. Secondo fonti saudite, 500 membri di Hezbollah hanno perso l'uso della vista nelle esplosioni.

Lo scorso giovedì, il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah aveva assicurato che Israele è il responsabile delle esplosioni e che sono state superate “tutte le linee rosse”. Secondo l'ex capo della Cia, Leon Panetta, gli attacchi che hanno preso di mira i cercapersone sono stati “una forma di terrorismo”. Anche per le Nazioni Unite, prendere di mira dispositivi usati da migliaia di civili libanesi è una “violazione del diritto umanitario internazionale”.

I combattenti di Hezbollah avevano iniziato a usare i cercapersone low-tech di ultima generazione proprio per evitare gli attacchi israeliani e rendere difficile la loro localizzazione. E così per rispondere all'operazione che sarebbe stata pianificata da anni, le Guardie rivoluzionarie iraniane hanno ordinato a tutto il loro personale di non usare nessun tipo di dispositivo di comunicazione, dopo gli attacchi avvenuti in Libano.

Il ruolo iraniano

L'Iran è uno dei paesi più coinvolti nel conflitto. Dopo i raid israeliani su Beirut, la guida suprema Ali Khamenei ha assicurato che solo “l'unità dei paesi islamici” potrà “eliminerà il regime sionista e l'interferenza Usa nella regione”. Khamenei ha anche puntato il dito contro “i crimini vergognosi contro i bambini”, commessi da Israele nel conflitto.

L'escalation della guerra tra Israele e Hezbollah ha accantonato ogni possibilità negoziale per un cessate il fuoco a Gaza e sta minacciando anche il tentativo degli Stati Uniti di evitare una risposta iraniana contro Israele dopo il raid dello scorso 31 luglio a Teheran, costato la vita a Ismail Haniyeh, ex leader di Hamas, che partecipava alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente iraniano, Masoud Pezeshkian.

A due anni dalle proteste che hanno attraversato il paese dopo l'uccisione della giovane curda Mahsa Amini, le autorità iraniane non hanno ancora risposto all'attacco contro Haniyeh ma hanno puntato nel rafforzamento degli accordi in tema di forniture militari con la Russia e nell'attivazione delle milizie sciite nella regione dalla Siria al Libano, dall'Iraq allo Yemen. Anche per il presidente iraniano moderato Pezeshkian, i raid israeliani in Libano rappresentano un tentativo di tendere una “trappola” per trascinare Teheran in una guerra più ampia che potrebbe coinvolgere l'intero Medioriente.

Eppure pesa sul conflitto la fase transitoria in cui si trova la politica degli Stati Uniti, che hanno deciso di inviare altre truppe in Medioriente, in vista delle elezioni presidenziali del prossimo 5 novembre. Se in questo contesto, Joe Biden appare debole dopo aver lasciato il testimone a Kamala Harris, come candidata dei democratici, resta l'incognita della candidatura di Donald Trump. Il repubblicano, molto duro nei confronti dell'Iran nel suo precedente mandato, è stato preso di mira da alcuni hacker iraniani. Lo stesso Trump ha segnalato all'intelligence Usa che documenti riservati sul suo vice, JD Vance, erano stati inviati allo staff di Biden.

Nei giorni scorsi Washington aveva approvato sanzioni mirate aggiuntive contro l'Iran, inclusa la compagnia aerea IranAir, per le forniture di droni e missili balistici, usate da Mosca nel conflitto in Ucraina. Anche i paesi europei, tra cui Germania, Francia e Gran Bretagna, si sono detti pronti a varare misure simili.

A quasi un anno dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas è iniziata una nuova fase del conflitto. Lo scontro e la tensione alle stelle riguardano sempre di più l'esercito di Tel Aviv e il movimento sciita libanese Hezbollah. Non sono bastati i raid mirati contro i dispositivi in dotazione nel movimento in vari paesi, Israele ha colpito Beirut e il Libano cercando di provocare una risposta su larga scala dell'Iran e dei suoi alleati regionali. Fino a questo momento le milizie sciite nella regione hanno risposto in modo limitato alle operazioni israeliane ma l'alto numero di vittime e feriti degli ultimi giorni ha archiviato completamente la fase negoziale dei mesi scorsi e potrebbe provocare reazioni senza precedenti nella regione.

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Giuseppe Acconcia è giornalista professionista e docente. Insegna Stato e Società in Nord Africa e Medio Oriente all’Università di Milano e Geopolitica del Medio Oriente all’Università di Padova. Dottore di ricerca in Scienze politiche all’Università di Londra (Goldsmiths), è autore tra gli altri de “Taccuino arabo” (Bordeaux, 2022), “Le primavere arabe” (Routledge, 2022), Migrazioni nel Mediterraneo (FrancoAngeli, 2019), Il grande Iran (Padova University Press, 2018).
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