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Guerra in Ucraina

Perché la fine della guerra in Ucraina è molto lontana

La situazione è estremamente complicata e sicuramente preoccupante ed è molto probabile che la guerra in Ucraina vada ancora avanti per lungo tempo.
A cura di Daniele Angrisani
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Siamo ormai entrati nel terzo mese di guerra e la situazione in Ucraina sta diventando sempre più complicata, senza che si veda all’orizzonte alcuna via di uscita.

Sul campo di battaglia la situazione resta la stessa di due settimane fa: nel Donbass, il campo di battaglia principale dove si dovrebbe tenere la grande offensiva russa, i guadagni territoriali da parte russa sono stati sinora minimi e le perdite estremamente alte, di fronte alla tenace resistenza ed alla tattica della difesa mobile ucraina, che tanto aveva avuto già successo nel nord dell’Ucraina nel primo mese di guerra.

Nonostante i proclami prematuri di vittoria, anche a Mariupol la situazione finora non cambia, e nonostante una sempre più forte scarsità di cibo, acqua, medicine e munizioni, le restanti forze ucraine della 36esima brigata della Marina ucraina e del reggimento Azov continuano eroicamente a resistere in Azovstal e combattere sporadicamente nelle altre parti della città.

In altre zone occupate dai russi, come la regione di Kherson e quella di Kharkiv al confine con la Russia, sono addirittura segnalate limitate controffensive ucraine, che indicano chiaramente (ed ancora una volta!) la persistenza delle difficoltà incontrate dai russi sul campo nei due mesi appena trascorsi.

In questa situazione, le Forze Armate ucraine si stanno sempre più rafforzando grazie alle armi pesanti promesse e già consegnate in Ucraina da parte occidentale, in particolare americana: parliamo di obici, sistemi antiaerei e veicoli corazzati.

Molti di questi nuovi sistemi al momento non sono ancora operativi perché, essendo di tipologia diversa rispetto a quelli che l’Ucraina ha sinora avuto modo di operare, necessitano di un certo periodo di addestramento da parte delle truppe ucraine prima di essere usati al fronte.

Ciò nonostante, i russi continuano ad avere già abbastanza difficoltà al momento senza riuscire a sfondare le linee ucraine, e quindi è facilmente comprensibile la loro preoccupazione su cosa possa accadere non appena le forze ucraine al fronte inizieranno ad utilizzare massicciamente queste nuove armi di cui sono entrati in possesso.

A questo occorre aggiungere il fatto che la Casa Bianca, dopo aver annunciato due pacchetti da 1,6 miliardi complessivi di dollari di aiuti militari immediati, ha chiesto al Congresso di approvare un nuovo stanziamento di ben 33 miliardi di dollari in aiuti all’Ucraina, di cui 20 di aiuti militari.

Per comprendere bene l’importo di cui stiamo parlando, bisogna notare che per il 2022 il governo Draghi ha stanziato 26 miliardi di euro per l’intera spesa militare italiana, ovvero meno di quanto gli Stati Uniti da soli hanno proposto di stanziare per gli aiuti all’Ucraina.

Il motivo di questi aiuti così ingenti è stato chiarito in maniera limpida dal Segretario alla Difesa americano Lloyd Austin che, in un briefing con i giornalisti tenuto al confine tra Polonia e Ucraina dopo la sua visita a sorpresa a Kiyv ad inizio settimana, ha candidamente ammesso che l’obiettivo americano è quello di “degradare le forze militari russe” a tal punto da impedire che possano effettuare un altro attacco del genere in futuro.

Il punto di vista americano è stato ulteriormente specificato da Victoria Nuland, Sottosegretario di Stato per gli affari politici, che ha parlato così delle intenzioni americane in una intervista a Meduza: “Il nostro obiettivo è la sconfitta strategica di Putin. Vogliamo che questa avventura militare gli costi caro".

Questi commenti (e soprattutto le armi pesanti promesse dagli americani), non sono certo passati inosservati a Mosca, dove i leader politici hanno a loro volta alzato i toni affermando senza mezzi termini – vedasi le recenti parole di Lavrov – che l’intervento occidentale per aiutare l’Ucraina rischia di trasformarsi in una terza guerra mondiale.

Se l’intento di queste dichiarazioni altisonanti è quello di impaurire la NATO o gli Stati Uniti e fermare i loro aiuti militari, non sembra però avere avuto alcun successo. Ma quanto è davvero probabile uno scontro diretto tra NATO e Russia?

Nonostante ciò che afferma la TV di Stato russa — sui cui canali ultimamente si parla dell’ipotesi di una guerra nucleare come qualcosa di quasi inevitabile ed addirittura qualcuno afferma di essere pronto ad andare in Paradiso per la madrepatria russa — uno scontro diretto tra Russia e NATO resta estremamente improbabile.

Nonostante la fine della Guerra Fredda, la dottrina che ha guidato i rapporti tra le due potenze e consentito di evitare una guerra nucleare — la cosiddetta M.A.D., Mutual Assurance Destruction — permane intatta anche oggi.

Un qualsiasi attacco nucleare russo contro Paesi della NATO avrebbe come conseguenza diretta la distruzione completa delle città russe nelle successive 48/72 ore. Non per nulla si parla di Olocausto nucleare: in una guerra nucleare non vince nessuno e perdono tutti.

Anche per questo motivo sia il presidente americano Joe Biden che il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres (in visita a Kiyv) hanno denunciato come una follia l‘ipotesi di una guerra nucleare affermando che il solo parlarne è altamente irresponsabile – anche se Biden ha aggiunto che gli Stati Uniti restano pronti a qualsiasi evenienza.

Personalmente tenderei ad escludere anche un’altra ipotesi di cui ultimamente si parla abbastanza spesso: un uso limitato delle armi nucleari russe (armi nucleari tattiche) su un posto semi disabitato dell’Ucraina. Questo in quanto rischierebbe di avere il risultato opposto da quello che potrebbero sperare i russi.

Invece di convincere gli ucraini ad arrendersi, un uso limitato delle armi nucleari molto probabile finirebbe per inorridire a tal punto l’opinione pubblica mondiale da rendere la Russia ancora più isolata di come non sia oggi, e fargli perdere anche quei pochi e residui supporter su cui può fare ancora affidamento nel mondo — vedasi Cina e soprattutto India.

Inoltre, c’è il rischio che il fall-out nucleare di un attacco del genere venga spinto dai venti verso i Paesi dell’est Europa (membri della NATO) e questo potrebbe essere usato a tutti gli effetti come una giustificazione per l’invocazione dell’articolo 5 e della entrata in guerra dell’Alleanza Atlantica contro la Russia, con tutti i rischi che ne consegue.

Tutto questo a Mosca lo sanno benissimo, e non per nulla gli stessi russi hanno più volte negato questa ultima ipotesi. Escludendo perciò entrambe le casistiche più estreme, quali sono allora gli altri modi a disposizione per i russi per rispondere agli aiuti militari occidentali in Ucraina?

In ordine di probabilità e di escalation:

Rafforzamento degli attacchi di precisione russi contro le spedizioni di armi fornite dall'Occidente all'Ucraina. Attacchi missilistici ed aerei contro la capitale ucraina Kiyv, anche in presenza di funzionari occidentali (come già avvenuto giovedì con la presenza del Segretario Generale delle Nazioni Unite). Tagli alle forniture di gas e petrolio ai Paesi occidentali (abbiamo già visto le prime avvisaglie con Polonia e Bulgaria). Attacco chimico o batteriologico contro qualche insediamento dell'Ucraina, dando la colpa ai battaglioni nazionalisti ucraini appoggiati dall’Occidente. Un imponente attacco informatico contro uno o più Paesi occidentali che aiutano attivamente l'Ucraina, ad esempio il Regno Unito (finora non ci sono stati attacchi informatici su larga scala tali da bloccare un Paese). Attacchi diretti contro gli edifici delle ambasciate occidentali a Kiyv e/o dei loro consolati a Lviv. Un attacco a una base aerea o a un magazzino che fornisce armi all'Ucraina oltre il confine in un Paese della NATO.

Anche le due ultime due ipotesi, ovviamente, hanno insito in sé un rischio di escalation molto elevato, che potrebbe portare il mondo sull’orlo della terza guerra mondiale ed allo scontro diretto tra Russia ed Occidente.

In questa complicata situazione, gli spiragli di mediazione per una soluzione pacifica della crisi sono sempre più ristretti. Dopo qualche barlume di speranza a seguito dei negoziati di Istanbul di qualche settimana fa ed il ritiro delle truppe dal nord dell’Ucraina da parte russa, i negoziati si sono praticamente bloccati. A nulla finora sono serviti i viaggi di alcuni leader occidentali e del Segretario Generale delle Nazioni Unite a Mosca.

Ora ci vuole provare anche Erdogan, ma è difficile pensare che il suo tentativo possa portare a risultati drammaticamente diversi, sebbene il presidente turco voglia provare il tutto e per tutto ed organizzare addirittura un incontro diretto tra i leader delle due parti in campo, Zelensky e Putin.

Il punto è che a Mosca, apparentemente secondo quanto riportano le fonti russe, sembrano aver deciso che è inutile negoziare con gli ucraini e che il risultato di questa guerra si decide solo sul campo di battaglia.

Da parte sua, invece, Kiyv ha posto dei paletti molto stringenti sui negoziati che prevedono il ritiro completo delle truppe russe dalle zone occupate sinora, e che sembrano francamente irrealistici in questo momento, visto che, ad esempio, nella regione di Kherson già la settimana prossima verrà introdotto il rublo come valuta di circolazione e la russificazione continua a tappe forzate.

Sui giornali russi, inoltre, appare sempre più probabile l’ipotesi che nel Donbass si possa tenere già ad inizio maggio un referendum per chiedere l’annessione delle due Repubbliche separatiste di Luhansk e Donetsk alla Russia, dentro i loro confini amministrativi – ovvero comprendenti anche insediamenti ancora attualmente sotto controllo ucraino come Severodonetsk, Slovyansk e Kramatorsk.

Una decisione del genere da parte di Mosca quasi la fine per il prossimo futuro di qualsiasi tentativo di negoziato tra le due parti, in quanto sarebbe percepita da Kiyv (e non solo) come un chiaro segnale dell’intento russo di annettere a tutti i costi i territori occupati. Per non parlare di cosa potrebbe accadere nel caso di una possibile annessione della zona occupata dai russi delle regioni di Kherson e Zaporizhzhya alla Crimea.

In sintesi, la situazione è estremamente complicata e sicuramente preoccupante ed è molto probabile che la guerra vada ancora avanti per lungo tempo. Ma proprio per questo motivo, non bisogna farsi prendere dal panico e ragionare a mente fredda.

Come ci insegnano da piccoli, il modo migliore per rispondere ai bulli è quello di non cadere nelle loro provocazioni e di mostrare forza e fiducia in se stessi – quella stessa fiducia e forza che a loro manca, altrimenti non sarebbero costretti a volerla dimostrare a tutti i costi, comportandosi in questo modo.

La cosa peggiore che si può fare oggi è, perciò, mostrare la nostra debolezza dinanzi alla Russia di Putin, per paura del suo arsenale nucleare: solo così la minaccia di una terza guerra mondiale diventerà concreta, perché nessuno si sentirà più in grado di fermare il folle piano di Mosca di rivedere con la forza l’ordine internazionale che ci ha garantito la pace per oltre 70 anni e Mosca sentirà quindi di avere la strada libera per agire.

Winston Churchill, nell’ora più buia per il Regno Unito, aveva promesso, in un memorabile discorso, “lacrime e sangue” pur di difendere il proprio Paese e sconfiggere l’orrore del nazismo.

Ebbene, questo è il momento in cui noi tutti siamo chiamati, nel nostro piccolo, a dimostrare davvero di essere degni di aver ricevuto, e soprattutto di sapere difendere, questo grandissimo dono — la pace e la libertà — che ci hanno consegnato i nostri nonni, accettando i sacrifici che saranno necessari per questo e non lasciandoci prendere dall’ansia e dal terrore instillato da parte di chi vuole distruggerlo.

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Daniele Angrisani, 43 anni. Appassionato da sempre di politica internazionale, soprattutto Stati Uniti e Russia. 
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