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Perché la battaglia in corso a Idlib potrebbe segnare la fine della guerra in Siria

L’offensiva su Idlib rischia di trasformarsi in una carneficina per quasi tre milioni di civili senza nessuna via di fuga. L’assalto all’ultima roccaforte delle forze anti-Assad, tra cui migliaia di jihadisti, potrebbe essere il passo decisivo per la vittoria finale di Assad. Nonostante gli appelli internazionali per fermare i combattimenti, raid aerei russi e governativi hanno iniziato a colpire diversi obiettivi nella provincia nord-occidentale della Siria.
A cura di Mirko Bellis
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Il corpo senza vita di un bimbo, ucciso ieri nel bombardamento a Jisr al-Shughur (White Helmets)
Il corpo senza vita di un bimbo, ucciso ieri nel bombardamento a Jisr al-Shughur (White Helmets)

L’offensiva su Idlib, la provincia della Siria nord-occidentale in mano a gruppi ribelli e jihadisti, è iniziata con una serie di raid aerei russi e governativi. Secondo quanto hanno riferito fonti locali, i bombardamenti hanno colpito diversi obiettivi nell'area di Jisr al-Shoughor e a Mohambel. Il bilancio è di almeno 13 persone uccise, tra cui cinque minori e tre donne. Una trentina i feriti.

Tutti i tentativi per fermare l’operazione militare sembrano cadere nel vuoto e il mondo si appresta ad assistere impotente ad una nuova e terribile catastrofe umanitaria.

Perché Idlib è così importante? 

Militari russi e siriani pattugliano il confine della provincia Idlib (Gettyimages)
Militari russi e siriani pattugliano il confine della provincia Idlib (Gettyimages)

La provincia di Idlib rappresenta l’ultimo passo per la vittoria finale di Assad in questa sanguinosa guerra che ormai si trascina da oltre sette anni. Da giorni, le truppe governative sono ammassate al confine della provincia in attesa dell’attacco e tutto lascia intendere che, dopo una prima fase di bombardamenti aerei, inizierà l’avanzata terrestre vera e propria.

La provincia confina a nord con la Turchia e si trova a cavallo delle principali autostrade che collegano Aleppo ad Hama e la capitale, Damasco. Caduta Idlib, ai gruppi ribelli anti-Assad rimarrebbero solo alcune sacche di territorio: la perdita dell’ultima roccaforte significherebbe quasi sicuramente la loro sconfitta definitiva.

Chi controlla Idlib?

Miliziani di Hayat Tahrir al-Sham (Hts) a Idlib (Gettyimages)
Miliziani di Hayat Tahrir al-Sham (Hts) a Idlib (Gettyimages)

La principale formazione è Hayat Tahrir al-Sham (Hts), un gruppo jihadista legato ad Al Qaeda. Secondo alcune stime, i combattenti di Hts sarebbero circa 30.000, molti dei quali foreign fighters che militavano tra le fila del Fronte Al Nusra. Hts è considerata una formazione terrorista dalle Nazioni Unite, dagli Stati Uniti e dalla Turchia. La presenza di estremisti islamici ad Idlib, inoltre, è la principale giustificazione della Russia e del governo di Damasco per sferrare l’attacco. Hayat Tahrir al-Sham controlla circa il 60% della provincia, tra cui il capoluogo Idlib e importanti punti chiave come il valico di frontiera con la Turchia di Bab al-Hawa.

Il secondo gruppo è il Fronte di liberazione nazionale. Alleato della Turchia, può contare su quasi 10.000 miliziani, la maggior parte provenienti dall'Esercito libero siriano, la sigla combattente a lungo appoggiata dalle potenze occidentali. E’ considerato un rivale dei jihadisti dell’Hts. Oltre a queste due fazioni armate, nella provincia di Idlib ci sono anche miliziani dell’Isis e gruppuscoli di altri jihadisti, tra cui cinesi di etnia uigura che a Jisr al-Shughour hanno stabilito la loro roccaforte.

Civili senza via di fuga

L'Onu prevede che 800mila civili scapperanno dai combattimenti nella provincia di Idlib (Gettyimages
L'Onu prevede che 800mila civili scapperanno dai combattimenti nella provincia di Idlib (Gettyimages

Nella provincia vivono circa 3 milioni di persone, molte delle quali sfollate dalle altre aree della Siria riconquistate dall'esercito governativo. L’inviato dell'Onu, Staffan de Mistura, ha parlato di una “tempesta perfetta” che si sta per abbattere su Idlib con conseguenze per tutta l’area. Per questo, de Mistura ha chiesto l’apertura di “corridoi umanitari” che consentano ai civili di mettersi in salvo dai combattimenti. Una fonte di preoccupazione per la Turchia, che ospita già oltre 3 milioni e mezzo di profughi siriani. L'Onu stima che circa 800.000 persone potrebbero riversarsi verso il confine turco in caso di un’operazione militare a grande scala sull'intera provincia. “Se si dovessero chiudere i valichi di frontiera con la Turchia, centinaia di migliaia di persone rimarranno intrappolate”, ha detto Linda Tom, portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari a Damasco.

Una catastrofe umanitaria

Nei campi per sfollati ad Idlib si trovano migliaia di civili fuggiti dalle altre aree della Siria (Gettyimages)
Nei campi per sfollati ad Idlib si trovano migliaia di civili fuggiti dalle altre aree della Siria (Gettyimages)

Le Nazioni Unite hanno avvertito che la battaglia per Idlib rischia di essere una “catastrofe umanitaria”. Da giorni sono sempre più insistenti gli sforzi per fermare i combattimenti che avrebbero un altissimo costo in termini di vite umane. Da Papa Francesco al presidente americano Trump, molti governi e istituzioni internazionali chiedono di evitare un bagno di sangue.

L'Unicef calcola che un terzo degli abitanti di Idlib siano bambini e il portavoce italiano dell’organizzazione, Andrea Iacomini, ha lanciato un appello per risparmiare sofferenze ai più piccoli. “In quella zona vivono oltre 1 milione di bambini innocenti, figli di una guerra che non hanno voluto, di scelte di cui non possono né devono essere responsabili. È estremamente importante che prevalga il buon senso, sono estremamente vulnerabili, alcuni di loro sono stati sfollati cinque, sei, sette volte e molti avevano già vissuto massicci attacchi militari in luoghi come Aleppo, Homs e la Ghouta orientale”.

Minacce e diplomazia per fermare l’assalto

Rouhani, Putin e Erdogan. Nelle loro mani il destino di quasi tre milioni di siriani (Gettyimages)
Rouhani, Putin e Erdogan. Nelle loro mani il destino di quasi tre milioni di siriani (Gettyimages)

Il 7 settembre ci sarà a Teheran l’incontro tra Erdogan, Putin e il presidente iraniano Rouhani. Sul tavolo dei tre leader l’offensiva su Idlib e il destino di quasi tre milioni di persone. Nel frattempo, la Russia ha schierato grandi forze navali e aeree nel Mediterraneo di fronte alla costa siriana: 25 navi da guerra, di cui dieci armate con missili di lungo raggio. Un potente sostegno militare al presidente siriano e un chiaro monito agli Usa nel caso dovessero attaccare Damasco. Sempre venerdì è convocato anche il Consiglio di Sicurezza dell'Onu per discutere sull'attacco a Idlib. Da Washington hanno già avvertito che non sarà tollerato l’uso di armi chimiche da parte del governo siriano. “Vogliamo essere chiari – si legge in una nota – se il presidente Bashar al-Assad sceglie di utilizzare nuovamente le armi chimiche, gli Stati Uniti e i loro alleati risponderanno in modo rapido e appropriato”. Avvertimenti e appelli che, per ora, sembrano non aver portato a nessun risultato e i raid aerei di ieri ne sono la dimostrazione.

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