Perché la bancarotta di Evergrande rischia di trascinare a picco il mondo
“Ridateci i soldi, ridateci i soldi”, si sentiva urlare due anni fa per le strade di Shenzhen sotto la sede di Evergrande. Scene già viste per gli scandali che hanno segnato la politica italiana o l’economia globale, ma non tanto comuni in una nazione che fino a pochi anni fa vantava una crescita annua a doppia cifra e che oggi potrebbe faticare a raggiungere il 5%. Segno di anni duri in cui, al Covid e alla guerra in Ucraina, si aggiunge ora una crisi immobiliare dalle proporzioni finanziare potenzialmente globali.
Giovedì, Evergrande ha presentato istanza di bancarotta presso il Tribunale di New York, invocando il capitolo 15 del codice fallimentare statunitense e cercando protezione dai creditori in fase di ristrutturazione, la quale avviene attraverso colloqui tra Hong Kong, le Cayman e le Isole Vergini britanniche. La decisione arriva a seguito di un’inadempienza di debito, con un passivo accumulato superiore ai $340 miliardi. Una cifra pari al 2% del Pil cinese, ma anche a quello di 50 tra gli Stati meno ricchi in termini assoluti e superiore al prodotto interno di nazioni come Nuova Zelanda, Finlandia, Portogallo, Grecia, Romania o Cile.
La storia del colosso
Inizialmente chiamata Hengda Group e fondata da Xu Jiayin nel 1996 a Guangzhou, in 20 anni Evergrande è passata dall’essere il principale simbolo di solidità e crescita dell’immobiliare cinese a divenire icona delle difficoltà dell’intero settore, se non dell'intero paese. Non si è limitata solo agli immobili, si è espansa anche nell'ambito delle auto elettriche, della salute, dell’alimentare, del divertimento ed è diventata leader nel campo calcistico con il Guangzhou Evergrande, squadra dell’omonima città meridionale e allenata da campioni del mondo come Marcello Lippi e Fabio Cannavaro.
Mentre nel 2008 il mondo soffriva della crisi immobiliare Usa alla base della peggiore recessione finanziaria globale del secolo, Evergrande raccoglieva oltre 700 milioni nella borsa americana e cresceva su enormi prospettive che l’hanno condotta a raddoppiare il fatturato in pochi anni, toccando record di $60 miliardi nel 2018, con circa 1300 progetti attivi in 280 città. Tuttavia, la crisi del mercato immobiliare del 2021 ha portato in rosso quasi la metà delle vendite di immobili nel paese, con una perdita per la compagnia di $81 miliardi in un solo anno.
La causa della bolla delle case
La bolla del settore immobiliare cinese lievita da anni. “L'acquisto di immobili è diventato uno dei modi principali per la crescente classe media di accumulare ricchezza e ha creato l'aspettativa che il valore della terra e della casa sarebbe aumentato continuamente.” dichiara Logan Wright del gruppo Rhodium sul Washington Post, “Per questo motivo, le compagnie hanno richiesto alle persone di pagare per intero una casa prima ancora che fosse stata costruita” come in un ‘sistema Ponzi’. “È ancora sottovalutato il fatto che la crisi immobiliare e la crisi del debito pubblico locale” conclude Wright “siano essenzialmente la stessa questione",
La crisi immobiliare del 2021 è stata in parte frutto di una manovra politica di Xi Jinping -“le case dovrebbero essere per vivere, non per speculare” aveva dichiarato- volta a scoraggiare la crescita della bolla edilizia e l’aumento dei prezzi delle abitazioni. Nel 2020 il governo ha limitato l’eccessivo indebitamento, causando insolvenze nelle società immobiliari incapaci di raccogliere fondi come in passato. L'insolvenza di un gigante come Evergrande ha avuto un effetto a catena su tutta la filiera, arrivando a colpire anche i piccoli commercianti e preoccupando l’economia domestica e globale. Secondo la Gavekal Dragonomics, nel 2022 Evergrande aveva pre-venduto 720.000 appartamenti ancora incompleti nonostante dovessero essere terminati da un anno.
Dal selvaggio West alla Via della Seta
Il tipo di speculazione scoraggiata dal governo è lo stesso che per la medesima volontà politica ha portato alla costruzione non tanto di "cattedrali nel deserto", quanto di vere e proprie “città fantasma”, in Cina ma anche in Africa, come Ordos Kangbashi in Mongolia Interna o Kalimba in Angola. La modalità è stata al centro dello sviluppo della Cina del nuovo millennio, con il grande piano di urbanizzazione dell'ovest (gran parte del Pil cinese si fonda su poche città nella costa est), in cui si è ipotizzato di delocalizzare dai villaggi centinaia di milioni di persone per portarle in nuove città appositamente costruite. Non è un caso che simili prospettive abbiamo indotto ad una crescita del settore che oggi vale il 30% del Pil cinese, molto al di sopra di qualsiasi altra economia avanzata.
Un’idea alla base della stessa Nuova Via della Seta (Bri), la quale avrebbe dovuto accrescere notevolmente il bisogno di infrastrutture e immobili, ma che si è scontrata prima con la guerra commerciale e tecnologica di Trump e Biden, poi con una guerra militare che ha compromesso non solo investimenti cinesi in una porta d’Europa, ma più in generale la possibilità che un collegamento euroasiatico non sia più ipotizzabile come prima, né tramite l’Europa dell’est, né tramite il Medio oriente. Secondo un recente studio di William Han Wang del Claremont McKenna College, l’impatto della bancarotta di Evergrande sarà maggiore sui paesi che hanno preso parte al progetto della Bri.
La mossa cinese e il doppio ruolo arabo
All’inizio del 2023, l’azienda ha rivelato il piano per la ristrutturazione del debito, il più grande mai accumulato in Cina, annunciando importanti accordi con investitori internazionali. Nonostante il piano fosse atteso da lungo tempo e con una certa impazienza, la mossa ha colto un pò alla sorpresa in quanto giunge in seguito all’annuncio del rinvio della riunione del gruppo di investitori, posticipata dal 23 al 28 agosto.
Come riportato dai media, Evergrande ci tiene a chiarire che "la società sta portando avanti la sua ristrutturazione del debito offshore come previsto e ciò non comporta istanza di fallimento". Il capitolo 15 invocato presso il tribunale di Manhattan serve per “promuovere la cooperazione tra la corte Usa, i debitori e altre corti” nazionali coinvolte. “La ristrutturazione proposta allevierà la pressione dell'indebitamento offshore della società” continua la compagnia in una nota, “e faciliterà gli sforzi per riprendere le operazioni e risolvere i problemi”. L’azienda prevede un ritorno a pieno regime in tre anni, ma per farlo sono richiesti finanziamenti aggiuntivi, da $36 a $43 miliardi, i quali sembra stiano in parte arrivando. Questa settimana la società automobilistica NWTN con sede a Dubai ha annunciato un investimento di $500 milioni nell’Evergrande EV group in cambio del 27,5% delle sue azioni.
Non è illogico pensare che la partecipazione cinese ai Colloqui di Pace in Arabia (di cui abbiamo parlato qui qualche giorno fa), non sia servita solo a rafforzare la posizione internazionale di Pechino ma anche a cercare di salvare Evergrande con il denaro saudita, o perlomeno a dare un segnale di fiducia ad altri investitori.
Ripple Effect: La seconda Evergrande
Il fatto che dopo due anni Evergrande stia ancora negoziando con i creditori, non è solo conseguenza del Covid, ma anche dimostrazione di come la Cina si stia muovendo molto gradualmente per comprendere non solo come gestire un debito simile, ma più in generale come affrontare la crisi immobiliare per evitare che divenga una crisi finanziaria globale. Dal 2021 l’impatto sul mercato del real estate, sui proprietari degli immobili e sul sistema finanziario locale è stato crescente, con un calo del China HY real estate index dell’ 82%, ovvero ai livelli della crisi del 2008. Come se non bastasse, la ripresa dalla politica zero-Covid è ardua, con ancora molte aziende riluttanti nell’assumere, consumatori diffidenti nell'acquistare, depositi e filiere ancora lontani dai livelli pre-pandemici.
Dal collasso di Evergrande molti altri grossi gruppi come Kasia, Fantasia e Shimao sono state sommerse dai debiti. Oggi il ripple effect domestico non si è ancora arrestato. Country Garden sembra si stia avviando sulla stessa rotta di Evergrande con circa 200 miliardi di pagamenti insoluti, un debito di 7,6 miliardi di dollari solo nell’ultimo anno, e la mancata consegna di circa di un milione di appartamenti in Cina. Per i media di Partito, non è così. Gli analisti cinesi non credono che Country Garden diventerà “la seconda Evergrande” in quanto il rischio è controllabile, soprattutto a seguito dell’introduzione di riforme e iniziative per far tornare a crescere la fiducia nel settore. Che l'immobiliare cinese stia vivendo “una correzione senza precedenti” lo confermano anche gli analisti della giapponese Nomura Holdings. Che possa tornare la fiducia nei tempi desiderati è invece un dato molto meno scientifico. L’opinione pubblica cinese sui social non ha infatti gradito la prospettiva di una seconda Evergrande, reagendo con rabbia alla notizia e invocando “dolorosi ricordi”.
“Il governo non può permettersi che le società continuino ad essere insolventi” ha dichiarato Alicia García Herrero, capo economista dell'area Asia-Pacifico per la banca Natixis. "Hanno bisogno di un intervento diretto nel mercato immobiliare. Nonostante le misure normative adottate, le persone continuano a dire che aspetteranno per comprare una casa, perché non pensano che sia finita".
Le conseguenze globali: dagli immobili alla finanza
E’ pressoché scontato che un duro colpo al più importante settore della seconda economia globale avrà ritorsioni su altri paesi, non solo quelli emergenti o legati ai progetti infrastrutturali della Nuova Via della Seta, ma anche quelli oltre. Un indebolimento dell’economia cinese o un rating del credito minore, potrebbero portare a un aumento dei prezzi se più aziende fallissero e le esportazioni cinesi rallentassero.
Secondo l’European Central Bank, nonostante il settore immobiliare rappresenti la gran parte del debito, l'indebitamento delle famiglie cinesi sta raggiungendo quello delle economie avanzate. Triplicatosi dalla crisi finanziaria globale, ora è molto vicino alla media dell'area dell'euro e ai livelli raggiunti negli anni '90 dalle famiglie giapponesi. Ma in Europa e nel mondo la situazione è in continuo monitoraggio per evitare che la crisi si diffonda nel mercato globale, come dichiarato dalla Bank of England lo scorso mese, per cui la situazione del mercato immobiliare cinese “potrebbe avere un impatto sulla stabilità finanziaria del Regno Unito attraverso il commercio o le ricadute finanziarie". Come riportato dall’Ansa, gli investimenti stranieri in Cina sono calati del 4% in 7 mesi, in borsa c’è preoccupazione e frenano i titoli del greggio e dei petroliferi, del gas, dell’oro, delle banche e del lusso, tra cui diversi italiani ed europei. L'Hang Seng, l’indice azionario della Borsa di Hong Kong, segna una perdita del 14% negli ultimi 6 mesi, cedendo ieri un altro 2% ed entrando nel ‘bear market', ovvero in un pericoloso vortice ribassista.
La svolta: un “whatever it takes” cinese?
Per Marko Papic del Clocktower Group “i mercati finanziari globali erano già a conoscenza dei problemi del debito di Evergrande, quindi il deposito di giovedì non dovrebbe essere uno shock.” Tuttavia, “i responsabili politici cinesi dovrebbero agire rapidamente per rafforzare la fiducia, pur osservando che i governi occidentali hanno impiegato quasi un decennio per elaborare un playbook efficace per rilanciare le loro economie in simili crisi. Tali piani hanno incluso tagli dei tassi, quantitative easing o acquisto di titoli di stato, ma ultimamente anche un bazooka carico di stimoli fiscali.”
Per la Cina, Papic pensa di prendere in prestito il "whatever it takes” di Mario Draghi. Il paese “potrebbe aver bisogno di assorbire dal settore privato circa 1 trilione di dollari in asset immobiliari inaciditi, in una mossa simile all'acquisizione da parte della Federal Reserve di mutui tossici durante la crisi finanziaria globale del 2008”.
L’incertezza di un sogno venduto
I giganti degli immobili come Evergrande e Country Garden si sono specializzati nel vendere il sogno di una casa di proprietà alla classe media emergente in piccole città, con buona parte dei progetti in via di sviluppo in aree considerate periferiche. Mentre gli analisti dibattono sul fatto se ci si trovi o meno davanti ad una Lehman Brothers cinese, in milioni sono preoccupati che le autorità siano in grado di prevenire la crisi dall’espandersi ulteriormente fuori da ogni controllo. Parliamo di un mercato che negli ultimi decenni è stato quasi esclusivamente guidato dalla volontà politica del governo e il paese si aspetta che sia il governo ad uscirne, anche se un simile stimolo potrebbe non arrivare mai come già accaduto per il salvataggio di società di real estate in passato.
Da due anni si parla del collasso del settore immobiliare così come da anni si parla di crisi economiche che possano far implodere la politica o la società cinese, ma la Cina nel suo unicum le ha sfatate più volte. Di sicuro, ancor più che con la politica zero-Covid, ancor più che con la Nuova via della seta, dalla fiducia nel costruire una casa passa il successo o il fallimento del Nuovo Sogno Cinese di Xi Jinping.