Perché Kamala Harris è andata meglio di Donald Trump nel dibattito in tv: l’analisi dell’esperto
"Harris ha sicuramente vinto questo dibattito perché è riuscita a essere più ordinata, precisa nel perseguire la sua strategia che era quella di concentrare l'attenzione su Trump, la sua presidenza e tutti i suoi difetti come candidato e leader politico. L'ex tycoon? È sembrato un narcisista patologico. Più che i temi, da questo dibattito sono uscite fuori le personalità dei due candidati".
Mattia Diletti, docente della Sapienza Università di Roma ed esperto di politica americana, ha commentato così a Fanpage.it il primo e atteso dibattito in tv tra Kamala Harris e Donald Trump, i due candidati alle elezioni USA 2024 in programma il prossimo 5 novembre.
Prof. Diletti, i sondaggi danno per vincitrice del confronto tv la vicepresidente in carica. Lei è d'accordo?
"Harris ha sicuramente vinto questo dibattito perché è riuscita a essere più ordinata, precisa nel perseguire la sua strategia che era quella di concentrare l'attenzione su Trump, la sua presidenza e tutti i suoi difetti come candidato e leader politico. È stata abile a fare in modo che fosse lui il centro del confronto. In questo momento storico c'è un senso di rabbia, una dinamica populista, c'è scontento che è legato a fattori reali, come l'inflazione. Eppure, lei è riuscita a non farsi incastrare sull'eredità di Biden, che tutto sommato è stato un punto di attacco molto poco utilizzato dal suo avversario, che, invece, ha dimostrato tutti i suoi difetti. È sembrato un narcisista patologico, ha continuato a deragliare dalle domande dicendo anche una serie di bugie, alcune ridicole come la storia dei gatti e dei cani mangiati dagli immigrati in Ohio. In realtà questi dibattiti spostano pochissimo, è importante non farli andare male ma farli bene non garantisce nulla in particolare. In generale, in un contesto di polarizzazione così forte, tutti e due hanno rassicurato il proprio elettorato".
Tra i temi più forti sul banco ci sono stati aborto e politica estera…
"Secondo me, prima dei temi in questo dibattito sono venute fuori le personalità dei due candidati. Lei si è dimostrata "presidenziabile", un candidato politico serio senza neanche dare risposte particolarmente brillanti. Lui è sempre stato il solito Trump mentre ci si aspettava che si contenesse in qualche modo anche perché, oltre a convincere i suoi, questa è una delle poche occasioni in cui si entra in contatto con scettici e indecisi. In questo senso non ha fatto nulla per allargare il campo in cui è già ben radicato. Dal punto di vista dei contenuti è venuto fuori in maniera chiara quali sono i segmenti di elettorato con cui loro vogliono entrare in contatto. Trump l'ha fatto in maniera quasi parossistica sui temi dell'immigrazione, mentre su quello dell'aborto ovviamente Harris è stata molto più credibile, parlando da donna e militante, stabilendo una forte connessione con l'elettorato femminile che sarà decisivo in queste elezioni. Per quanto riguarda la politica estera, anche qui è stata più una questione di personalità. Lei ha insistito tantissimo sul fatto che Trump non è credibile sulla scena mondiale e lui da narcisista patologico ha risposto che se ci fosse stato lui non ci sarebbe stata alcuna guerra".
Cosa ne è uscito dal punto di vista dei contenuti?
"Su Gaza la Harris è rimasta nel solco dell'amministrazione Biden, non ha detto nulla di particolarmente diverso. Anzi, è sembrata molto tradizionalista anche per quanto riguarda l'Ucraina, rivendicando l'idea che gli USA debbano difendere la democrazia, secondo una dinamica di interventismo democratico che è tipicamente americano. Lui invece ha detto che se fosse stato al comando avrebbe risolto qualsiasi tipo di conflitto, cercando anche di far arrivare un altro messaggio: una serie di questioni fuori dai confini americani non dovrebbero preoccupare gli americani".
Cosa succede adesso? Crede ci sarà un altro confronto tra i due?
"Adesso ci sono valutazioni che faranno staff e candidati. A Trump non credo converrebbe presentarsi ad un nuovo dibattito, ma può darsi che pensino che un secondo passaggio possa essere utile in questa fase di campagna. Rendiamoci conto che questi sono gli unici due mesi di vera campagna elettorale. L'appuntamento di questa notte era anche per entrare in connessione con un elettorato che in realtà ha quella mancanza di attenzione verso la politica come esiste anche da noi. C'è una fetta di popolazione che vota e che non vota, che segue poco, che è disinteressata. L'appuntamento del confronto televisivo serve a questo".
Alla fine del dibattito è arrivata un importante endorsement per Kamala Harris, quello della pop star Taylor Swift. Quanto è importante?
"È importante ma bisogna vedere se il suo impegno nella campagna elettorale continua. Certo, ha avuto un tempismo incredibile, ha cavalcato l'onda del momento in cui l'America si interessa al dibattito politico. È anche entrata nel filone dei gatti e dei cani – questa sarà ricordata come la campagna dei gatti sia nei dibattiti che nei meme, dalla gaffe del candidato vicepresidente di Trump, Vance, sulle gattare che vengono trattate come cittadine di serie b, e poi di nuovo gatti mangiati dagli immigrati. Non so lei quanto sarà presente ma ricordiamo che il voto giovanile è importante, sono un elettorato pigro per cui questo sistema di attivazione delle celebrity conta. Si deve tenere a mente che ora tutto conta. Dal punto di vista del voto si deciderà su pochissimi voti, dall'intervento di personalità di rilievo ai messaggi a singoli segmenti di elettorato".