Conflitto in Sudan del 2023, perchè è scoppiata la guerra e cosa c’entrano Russia e Wagner
È alta la tensione in Sudan, dove dallo scorso 15 aprile sono in corso scontri armati tra l'esercito regolare, fedele al generale Abdel Fattah al-Burhan, capo del Sovrano Consiglio di governo di transizione del Paese dopo il colpo di stato nel 2021, e le forze paramilitari di supporto rapido (RSF), circa 100mila uomini guidati dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, noto come Hemedti, vice capo del Consiglio e filorusso.
Finora si parla di oltre 400 morti e decine di feriti, ma il bilancio potrebbe essere molto più alto. Per questo, Usa e Ue, Italia inclusa, hanno deciso di evacuare i propri cittadini presenti nel Paese. Il rischio è che ci sia una vera e proprio guerra civile.
Tuttavia, il conflitto in corso, cominciato dalla Capitale Khartoum e ben presto allargatosi al resto del Paese, è il risultato di una serie di tensioni latenti da anni ma che sono scoppiate nelle ultime settimane, su cui hanno gettato benzina anche Nazioni straniere che in Sudan, nel cuore del Corno d'Africa, hanno interessi economici e politici, in primis Usa e Russia.
La situazione politica del Sudan dopo la caduta di Al Bashir
In realtà, Abdel Fattah al-Burhan e Mohamed Hamdan Dagalo erano alleati. Sono stati gli uomini di fiducia dell'ex presidente Omar al-Bashir che è stato destituito durante la rivoluzione sudanese nel 2019 dopo 30 anni al potere.
Al-Bashir fu accusato di genocidio in merito alla guerra civile nella regione del Darfur, cominciata nel 2003 e terminata nel 2008, in cui l'esercito del Sudan si rese protagonista di un massacro contro le popolazione non musulmane. Si parla di circa 300mila morti in quegli anni, ma si tratta di numeri sicuramente sottostimati. Alla strage parteciparono anche le RSF, l'esercito fondato da Degalo nel 2013 e composto principalmente dalla milizia araba dei Janjaweed (ovvero "demoni a cavallo"), vicini alla milizia russa Wagner.
Durante il golpe Abdel Fattah al-Burhan e Mohamed Hamdan Dagalo erano dalla stessa parte. E dopo la destituzione di al-Bashir si instaurò un governo transitorio che avrebbe dovuto portare poi a elezioni democratiche. Nell’autunno del 2021, i due unirono le forze per far cadere lo stesso governo civile a cui entrambi partecipavano e diedero così vita all’alleanza militare del Consiglio Sovrano.
Perchè i generali Al Burhan e Hemedti "Dagalo" sono in guerra
Ma il rapporto tra i due ha cominciato ben presto a deteriorarsi. Verso la fine del 2022 l'esercito governativo, anche dietro la promessa di ricevere nuovi aiuti economici da parte della comunità internazionale, aveva acconsentito a riprendere la via della democratizzazione che i due leader avevano bloccato l’anno prima.
Si chiedeva però che le Rsf venissero integrate nell’esercito, in un periodo massimo di due anni, così da formare un unico corpo militare.
Ma Dagalo, a cui questa condizione non è mai piaciuta perché avrebbe ridotto di molto il suo potere e lo spazio di manovra dei suoi affari (è uno degli uomini più ricchi del Paese dopo aver preso con la forza il controllo della maggior parte delle miniere d'oro, principale fonte di entrata del Paese), ha proposto invece un processo per l’integrazione dei due comandi più lento, che potrebbe durare in tutto fino a 10 anni. Da quel momento, l'unione tra Abdel Fattah al Burhan e Mohamed Hamdan Dagalo si è trasformata in un continua lotta per il potere, culminata negli scontri dei giorni scorsi.
Gli interessi economici dietro al conflitto in Sudan
Come abbiamo visto, la principale fonte di entrata del Sudan sono le miniere d'oro, controllate per la maggior parte proprio da Mohamed Hamdan Dagalo. È terzo produttore per volume di tutta l'Africa. Ma il Paese resta tra i più poveri del mondo: dipende per un terzo dagli aiuti umanitari e la situazione è peggiorata dopo la pandemia di Covid-19, a causa dell'inflazione galoppante e di un profondo disagio nel tessuto sociale.
Molto ha inciso anche la decisione degli Stati Uniti di sospendere i finanziamenti dopo che nel Paese non si è verificata la svolta democratica auspicata dopo la destituzione di al-Bashir.
Il ruolo della Wagner e gli interessi russi in Sudan
Non solo gli Stati Uniti, ma anche la Russia è intervenuta più volte nelle questioni sudanesi. Prima di tutto, cominciamo col dire che le Rsf fondate da Dagalo sono legate al battaglione Wagner, fondato a sua volta dal russo Evgenij Prigožin, chiamato il "cuoco di Putin". A loro, il gruppo di mercenari avrebbe offerto armi di alto livello, fra cui missili terra-aria.
La milizia russa è impegnata direttamente in Sudan, come in altri paesi africani, dal 2017, quando ha iniziato a fornire addestramento militare sia alle truppe regolari che alle RSF del generale Dagalo.
Secondo una serie di indagini internazionali, il compito del gruppo in Sudan è, in particolare, quello di fornire l'accesso alle risorse che, sotto sanzioni, la Russia utilizza per la guerra contro l'Ucraina. Mosca, infatti, punta ad ottenere entro la fine del 2o23 una base navale sul Mar Rosso, che consentirà al Cremlino di controllare gli accessi al Canale di Suez e all'Oceano Indiano, ed è interessata al traffico d’oro gestito proprio da Dagalo, appoggiato a sua volta dagli Emirati Arabi.
Non sorprende, dunque, che secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), la Russia è stata e rimane il principale fornitore di armi del Sudan. La quota dell'equipaggiamento militare russo nell'armamento dell'Esercito sudanese è dell'87%.
Ma, come è stato confermato da alcuni documenti della Difesa Usa, diffusi sui social network in seguito a una fuga di notizie, la presenza di Wagner in Africa ha anche l'obiettivo di creare nel continente una rete di governi vicini alle posizioni russe e in opposizione ai paesi occidentali.
La posizione degli Stati Uniti
Gli Stati Uniti, così come l'Europa, sostengono la ripresa del processo democratico nato nel 2019, ma ora praticamente fermo. Washington è intervenuta nei giorni scorsi per annunciare una tregua di 72 ore degli scontri, con il segretario di Stato Anthony Blinken che ha aggiunto che si sta anche lavorando con i partner per istituire un comitato che negozi un cessate il fuoco permanente in Sudan.