Perché in Europa i pazienti Covid in terapia intensiva sono sempre più giovani
In tutta Europa, Italia inclusa, si è abbassata l'età media dei pazienti positivi al Covid-19 che finiscono in terapia intensiva. Dall'inizio dell'anno, infatti, gli over 70 sono sempre di meno tra coloro che vengono ospedalizzati in area critica, e ciò sarebbe dovuto a due motivi: in primis l'avvio della campagna di vaccinazione dalle categorie più fragili, quindi ultraottantenni e ospiti di Rsa, e dall'altro la larga diffusione della variante inglese del virus, più contagiosa del ceppo originario e ormai dominante quasi ovunque nel Vecchio Continente. E la tendenza è talmente consolidata che il quotidiano francese Le Monde l'ha definita una peculiarità della terza ondata della pandemia.
La situazione in Francia
"Nell'ultimo mese, l'evoluzione si è stabilizzata e confermata", ha spiegato Antoine Vieillard-Baron, capo dell'unità di terapia intensiva di terapia intensiva presso l'ospedale di Ambroise-Paré di Parigi, dove l'età media dei pazienti con Covid-19 in terapia intensiva è scesa dai 65 nel 2020 ai 63 all'inizio del 2021. "Questo calo può sembrare piccolo, ma la cifra non è sufficiente per riflettere l'importanza del segnale che stiamo vedendo", ha aggiunto il professore, sottolineando come questa tendenza sia rilevabile in tutto il Paese. "Negli ultimi dieci giorni, più del 40% dei pazienti ammessi in terapia intensiva ha meno di 60 anni, mentre nelle ondate precedenti gli under 60 rappresentavano piuttosto il 30% degli ingressi". In tutta l'Ile-de-France, la regione di Parigi, la quota degli over 80 in terapia intensiva è diminuita di 14 punti in due mesi e mezzo, passando da quasi la metà a un terzo dei ricoverati. Quello degli under 60, invece, è salito di quasi nove punti, da meno del 16% dei ricoverati a quasi un quarto.
Sempre più giovani ricoverati in Germania
Stesso discorso anche in Germania, dove sempre più posti letto occupati da malati covid e pazienti sempre più giovani. "Possiamo già vedere nelle unità di terapia intensiva che i pazienti stanno cambiando, stanno diventando sempre più giovani", ha detto Lars Schaade, vicepresidente del Robert Koch Institute. Secondo i dati dello stesso istituto, inoltre le possibilità di sopravvivenza non sono migliori rispetto a un anno fa per i pazienti ventilati in modo invasivo: circa la metà di loro muore. Il che, se da un lato è sintomo che il vaccino funziona perché la campagna vaccinale ha dato priorità ai soggetti fragili e agli anziani, dall'altro fa capire che non bisogna abbassare la guardia perché il virus e le nuove varianti colpiscono ogni fascia di età anche in maniera grave.
Cosa succede in Italia
E in Italia? Nel nostro Paese mancano dati aggregati ma non è un mistero il fatto che anche da noi l'età media dei ricoverati in terapia intensiva si sia abbassata. E lo si evince da ciò che spiegano le singole regioni. In Campania nei giorni scorsi l'Unità di Crisi aveva fatto sapere che sono molti i giovani tra i 18 e i 20 anni positivi ad essere intubati. Anche in Sicilia l'età media dei ricoverati si è abbassata a 38 anni. "L'età media dei nuovi positivi a metà marzo era di circa 38 anni e si è abbassata rispetto ai 44 dei primi di gennaio. Può avere influito anche la drastica riduzione, di quasi il 75 per cento, dell'incidenza tra gli ultraottantenni", ha spiegato a Repubblica Salvatore Scondotto, presidente della Società italiana di epidemiologia e coordinatore del Comitato tecnico-scientifico regionale, sottolineando che "attualmente l'età in cui si registra la maggiore incidenza va dai 14 ai 45 anni" proprio per effetto dell'immunizzazione di quelle più adulte: "Uno dei fattori che potrebbe spiegarlo è la diffusione della copertura vaccinale negli anziani, con una maggiore suscettibilità delle fasce d'età con vita sociale più soggette a mobilità e contatti interpersonali. Anche la diffusione di varianti con caratteristiche di maggiore trasmissibilità potrebbe influire sulle dinamiche di propagazione dell'epidemia in corso nel Paese".