Perché il tentato golpe di Prigozhin potrebbe aver salvato Taiwan dall’invasione cinese
Nelle ultime ore il mondo ha nuovamente tremato. Sono bastate 24 ore per dar vita ad un'insurrezione armata in cui i mercenari Wagner di Prigozhin hanno preso il controllo di parti della città meridionale di Rostov-sul-Don inviando un convoglio di truppe verso Mosca, capitale a poco più di mille chilometri di distanza. Tuttavia, di fronte alla complessità della questione e la diversità di posizioni e prospettive, la gran parte degli analisti russi, cinesi e occidentali questa volta ha visioni non troppo dissimili: la rivolta avrà un grande impatto sul rapporto sino-russo e "sull'amicizia senza limiti”, sull’esito del conflitto e sul futuro degli interventi militari russi e cinesi. E già c’è chi si chiede: Prigozhin ha appena salvato Taiwan?
Le voci ufficiali in Russia e in Cina
Per il vice ministro degli esteri russo Andrej Rudenko, le relazioni con la Cina sono ancora al massimo storico e la Russia è sempre volenterosa di portare avanti relazioni vantaggiose per entrambe le parti, a partire dal promuovere lo sviluppo della Shanghai Cooperation Organisation, ovvero la controparte eurasiatica della Nato sorta nel 2001, guidata da Cina e Russia e comprendente Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan.
Per le autorità russe, Pechino ha espresso supporto per la stabilità del Paese riaffermando la volontà di cooperare più intensamente. Tuttavia, la dichiarazione degli omologhi cinesi non si è – anche questa volta – sbilanciata troppo, affermando che si tratta di un “affare interno” alla Russia. Se da una parte Xi ha visitato Mosca a marzo e la Xinhua ha parlato di "rappresentanti di tutte le parti della nazione, dignitari e leader religiosi" che "hanno condannato fermamente l'incidente", allo stesso modo, Hu Xijin, ex caporedattore del Global Times, ha pubblicato un articolo in cui analizza tutti gli scenari – compreso il cambio di regime – affermando: "Questa rivolta è pronta a creare riverberi e ripercussioni all'interno del panorama politico della Russia, gettando un'ombra sulla stabilità delle forze militari sulla prima linea ucraina".
"La ribellione di Yevgeny Prigozhin contro Mosca ha alimentato l'allarme in Cina e potrebbe gettare sabbia nelle ruote della partnership strategica ‘senza limiti' tra i presidenti Vladimir Putin e Xi Jinping”. Si apre così invece l’articolo di ieri del Moscow Times, quotidiano russo indipendente, che continua: “Gli analisti hanno detto che Pechino avrebbe visto il fallimento di Putin nel mantenere il capo dei mercenari sotto scacco come un atto di "incompetenza".
Le analisi anglo-americane
Per Rana Mitter dell’Università di Oxford “la Cina guarderà con grande preoccupazione ai recenti eventi in Russia, in particolare, è probabile che si nutrano nuovi dubbi su quanto siano unite le forze del Cremlino, nonché sulla capacità complessiva di Putin di controllare il suo regime".
Anche secondo Sari Arho Havren del britannico Royal United Services Institute (RUSI): “Xi probabilmente vede lo sfondo dell'ammutinamento di Wagner come un segno di grave incompetenza. La ribellione ha chiaramente intaccato il prestigio di Putin, e la principale conseguenza è quanto la debole struttura di potere della Russia appaia ora agli occhi degli altri. Il Partito Comunista Cinese ha nel suo DNA la paura del caos e dell'instabilità".
Da An Lushan a Prigozhin
Questo punto è talmente vivido da aver trovato voce anche all’interno dei social media cinesi, i quali hanno dimostrato una certa dose di coscienza storica nel paragonare subito le mosse di Prigozhin a quelle del generale An Lushan che scatenò la ribellione nel 755. An Lushan era uno dei più potenti generali e favorito dell’imperatore che in seguito ad alcune vicende politiche e militari arrivò a temere per la sua vita e per le sue truppe, rivoltandosi così contro l’impero. La rivolta fallì ma finì per indebolire irrimediabilmente il potere della dinastia Tang, destinata a disgregarsi nel secolo successivo.
Al netto dello storicismo che delle volte depista la nostra la lettura del presente, l’idea che una milizia privata sia stata in grado di mettere la Russia in pericolo minacciando direttamente Mosca, ha rilanciato pubblicamente la convinzione che ormai il Cremlino sia sempre più subordinato e alla mercé di Pechino.
Lo ribadisce anche Livia Paggi, amministratore delegato presso J.S. Held, per cui "questo consolida lo status della Russia come junior partner. La Russia è già diventata completamente dipendente dalla Cina, ad esempio per le vendite di petrolio e gas. Lo sarà ancora di più adesso, su questo non ci sono dubbi".
Da Kiev a Taipei
A porre la domanda più sensibile e diretta è forse il Council on Foreign Relations, il quale si chiede: Prigozhin ha appena salvato Taiwan? Secondo gli analisti americani Xi ha appena imparato una nuova importante lezione: “Possiamo solo sapere come inizierà un’eventuale invasione di Taiwan, ma non come finirà”. Ci sono ovviamente importanti differenze, Kiev non è Taipei (lo abbiamo ribadito più volte qui su Fanpage nelle scorse settimane) così come non ci sono gruppi come il Wagner o figure come Prigozhin in Cina. Tuttavia, "la rivolta mostra cosa può accadere quando la vittoria militare non è immediata, quando ci sono gravi perdite, quando il sostegno pubblico è incerto, quando parti dell'esercito diventano insoddisfatte di altre parti".
Secondo John K. Culver, ex ufficiale della CIA, "la Cina sosterrà Putin se rimarrà al comando a Mosca. Se Putin cade, Pechino aspetterà che la polvere si plachi per poi coltivare la nuova struttura di potere, forse con una nuova possibilità di consigliare alla Russia di districarsi dall'Ucraina e concentrarsi nuovamente sulla competizione a lungo termine con l'alleanza Stati Uniti/Occidente".
Le visioni degli studiosi cinesi
Anche tra gli studiosi cinesi c’è incertezza e negatività. Liu Weidong, dell’Accademia Cinese di Scienze Sociali, sostiene che questa situazione porterà Pechino ad accrescere ulteriormente gli scambi e il supporto a Mosca, ma che la perdita di stabilità in Russia era un caposaldo dell’alleanza tra i Paesi.
Secondo Feng Yujun dell’Università Fudan di Shanghai "un incidente da solo non avrà un impatto diretto sulle relazioni o sulla stessa Cina. Ma la situazione internazionale complessiva, inclusa la direzione futura della guerra in Ucraina, l'incertezza del futuro sviluppo russo, la sfida geopolitica e i cambiamenti significativi nell'ambiente circostante, avranno un profondo impatto storico su Pechino".
Gli analisti anche in Cina dicono che questa è un’importante lezione militare e politica per Xi, in particolare nei confronti di Taiwan. Un ricercatore che preferisce l’anonimato ha dichiarato al South China Morning Post: "La Russia è sempre stata un esempio per la Cina in materia di sicurezza nazionale. Un fallimento in prima linea di una grande azione militare, come quella per unificare Taiwan con la terraferma, potrebbe favorire la nascita di gruppi militanti non ufficiali, un rischio a cui i leader mandarini devono prepararsi".
Il mese scorso, durante una riunione della Commissione per la sicurezza nazionale, Xi ha affermato che la Cina avrebbe dovuto prepararsi per "gli scenari peggiori e più estremi". "Anche se ora non ci sono mercenari nella Cina continentale e il partito ha una leadership unificata sui militari” continua la fonte anonima "uno ‘scenario estremo' che i leader devono considerare è se i fallimenti in prima linea di un'azione militare su larga scala possano portare a una scissione del potere militante", oppure, ad una scissione interna alla popolazione civile, ancora oggi soggetta a forti diseguaglianze.