La decisione senza precedenti del presidente Joe Biden di ritirarsi dalla corsa per la rielezione in un momento così avanzato della campagna elettorale USA e di sostenere la candidatura alla presidenza dell’attuale vicepresidente Kamala Harris ha già scosso profondamente lo scenario politico americano, alla fine di un mese che era stato già pieno di colpi di scena.
Tale decisione potrebbe rappresentare un serio ostacolo per Donald J. Trump nella sua marcia verso un ritorno alla Casa Bianca che sembrava inarrestabile fino a poche ore fa, soprattutto dopo il fallito tentativo di assassinio e l'apparente implosione democratica di queste settimane.
Le novità dell'ultimo minuto con l'improvviso cambio della candidatura democratica introducono, infatti, nuove dinamiche nella campagna elettorale, che potrebbero consentire di riaprire una competizione che molti davano troppo frettolosamente come già per scontata.
Come si è arrivati al ritiro di Biden
Il ritiro di Biden arriva dopo settimane di crescenti pressioni all'interno del Partito Democratico. Il punto di svolta è stato indubbiamente la deludente performance del presidente Biden nel dibattito del 27 giugno contro Trump, che ha sollevato seri dubbi sulla sua capacità mentale di reggere un'altra campagna elettorale e un secondo mandato.
Dopo il dibattito, numerosi esponenti democratici, donatori e alleati hanno espresso pubblicamente e privatamente preoccupazioni sempre più forti sulla candidatura del presidente ottantunenne, in quello che è stato definito, sin da subito, come un "panico" strisciante tra donatori, esponenti democratici e supporter del partito.
Nonostante i tentativi di risollevare la sua immagine attraverso apparizioni mediatiche ed eventi di campagna elettorale, le preoccupazioni per l'età e le condizioni fisiche e mentali sono diventate con il passare del tempo sempre più esplicite, fino ad arrivare alla storica decisione del ritiro dalla corsa per la presidenza.
Ecco una timeline degli eventi chiave di queste settimane senza precedenti nella storia politica recente americana:
- 27 giugno 2024: Dibattito tra Biden e Trump, con una performance preoccupante di Biden che a tratti è sembrato confuso e perdere il filo del discorso e che ha scatenato il panico tra donatori e strateghi democratici.
- 2 luglio 2024: Dopo giorni di panico strisciante, il deputato Lloyd Doggett diventa il primo esponente democratico al Congresso a chiedere pubblicamente il ritiro di Biden dalla corsa per la presidenza.
- 3 luglio 2024: Importanti donatori democratici, tra cui Reed Hastings, chiedono apertamente a Biden di farsi da parte.
- 5 luglio 2024: L'intervista in prime time di George Stephanopoulos a Biden non riesce a tranquillizzare i democratici che sono sempre più nel panico.
- 10 luglio 2024: Il senatore Peter Welch (D-Vt.) è il primo senatore a chiedere pubblicamente il ritiro di Biden.
- 11 luglio 2024: Biden definisce erroneamente il presidente ucraino Zelensky "Presidente Putin" nel corso della conferenza NATO, prima di correggersi da solo. Tuttavia, nella successiva conferenza stampa, Biden definisce per errore la sua vicepresidente Kamala Harris come "presidente Trump".
- 13 luglio 2024: Tentativo di assassinio di Trump durante un comizio in Pennsylvania. Le richieste da parte dei democratici per il ritiro di Biden si fermano per qualche giorno a causa dello shock per quanto successo.
- 17 luglio 2024: Una volta passato lo shock, la pressione su Biden torna ad aumentare. Il deputato Adam Schiff (D-Ca.), uno dei membri della leadership democratica alla Camera, chiede pubblicamente a Biden di ritirarsi dalla corsa.
- 19 luglio 2024: Il presidente Joe Biden ribadisce che resterà in corsa, nonostante a questo punto almeno 25 deputati chiedano il suo ritiro. Il suo staff elettorale continua a negare ufficialmente tutte le indiscrezioni apparse sui media sul fatto che Biden stesse pensando al passo indietro.
- 22 luglio 2024: Arriva la fine della campagna per la rielezione del presidente. Biden annuncia a sorpresa che non intende più candidarsi alla presidenza e fornisce pubblicamente il suo endorsement alla candidatura alla presidenza della vicepresidente Kamala Harris.
Stando alle indiscrezioni apparse sulla stampa americana, la decisione finale sulla marcia indietro è maturata nel fine settimana ed è stata presa solo la mattina stessa del giorno del ritiro.
Biden avrebbe, dunque, lavorato alacremente negli ultimi giorni assieme ai soli consiglieri più stretti per preparare l'annuncio del ritiro e l'endorsement di Harris, mentre ufficialmente al resto dello staff si diceva che la campagna per la rielezione sarebbe andata avanti come sempre.
Cosa succede adesso
Avendo ottenuto l'endorsement di Biden e di buona parte dei principali esponenti del partito nelle ore successive, tutto lascia pensare che Kamala Harris diventerà con tutta probabilità la candidata democratica per la presidenza. La campagna di Biden ha già trasferito i suoi quasi 96 milioni di dollari di fondi sotto il nome di Harris, rinominando ufficialmente il comitato elettorale in "Harris for President".
Al momento non esiste neppure un vero e proprio rivale alla candidatura di Harris per la presidenza. Solo il senatore indipendente uscente della West Virginia, Joe Manchin, sta pensando di tornare a registrarsi come democratico per sfidare Kamala Harris per la candidatura a presidente, ma la possibilità che possa davvero impensierirla è veramente remota.
Tuttavia, non tutti i leader del partito hanno ancora dato il loro endorsement alla Harris. Al momento, ad esempio, manca quelllo di due pezzi da novanta come l'ex presidente Barack Obama (e sua moglie Michelle) così come della Speaker Emerita Nancy Pelosi, che ha avuto un ruolo chiave dietro le quinte per arrivare alla decisione di Biden di farsi da parte.
Inoltre, il processo di nomina del candidato presidente non è automatico: i delegati democratici dovranno scegliere formalmente il candidato nel voto che si terrà durante la Convention di agosto. Per questo motivo, la campagna di Harris ha già iniziato a contattare i leader del partito e i delegati per assicurarsi il loro sostegno.
La Convention Nazionale Democratica, prevista per il 19-22 agosto, diventa ora il fulcro di questo processo. Ecco come potrebbe svolgersi:
- Con Biden fuori dalla corsa, i delegati che gli erano stati vincolati durante le primarie sono ora sostanzialmente liberi di sostenere altri candidati. Tuttavia, i delegati sono tenuti a votare "in buona coscienza" riflettendo i sentimenti di coloro che li hanno eletti, il che potrebbe influenzare le loro scelte, considerando che formalmente sono stati eletti per rappresentare il ticket Biden-Harris.
- Si aprirà probabilmente una finestra temporale per permettere ad altri candidati di presentare formalmente la propria candidatura. Durante la Convention, i delegati voteranno per scegliere il nuovo candidato. Potrebbero essere necessari più turni di votazione se nessun candidato dovesse ottenere la maggioranza al primo turno. L'intento della campagna di Harris è quello di evitare che il processo di votazioni vada avanti oltre il primo turno.
- Il Comitato Nazionale Democratico (DNC) avrà un ruolo cruciale nel guidare questo processo e potrebbe cercare di costruire un consenso intorno a un candidato unitario prima della Convention per evitare una lotta divisiva (quella che si definisce come "Convention aperta"). A tal scopo, il DNC potrebbe organizzare un voto virtuale dei delegati prima della Convention per cercare di unificare il partito intorno a un candidato.
Il DNC avrà ora il compito di gestire una situazione senza precedenti nella storia recente dei democratici, cercando allo stesso tempo di mantenere l'unità del partito in vista della fondamentale scadenza di novembre. Il successo di questo processo dipenderà probabilmente molto dalla scelta del candidato alla vicepresidenza nel ticket con Kamala Harris.
Chi potrebbe essere il candidato vicepresidente di Kamala Harris
Tra i candidati più probabili per il ruolo di vicepresidente, sulla base delle indiscrezioni di stampa delle ultime ore, così come delle strategie elettorali, emergono quattro principali figure di spicco:
- Josh Shapiro (Governatore della Pennsylvania, 51 anni): Democratico moderato con esperienza da Procuratore Generale del suo Stato, potrebbe aiutare Kamala Harris a vincere in uno Stato cruciale del Midwest, che resta la via principale per la vittoria dei democratici al Collegio Elettorale a novembre.
- Roy Cooper (Governatore della North Carolina, 67 anni): Con esperienza bipartisan e diversi successi in uno Stato competitivo, Cooper potrebbe invece aiutare a conquistare voti nella Sun Belt, che la campagna di Biden aveva sostanzialmente già dato per spacciata nelle settimane scorse.
- Mark Kelly (Senatore dell'Arizona, 60 anni): Ex astronauta con credenziali moderate su temi come l'immigrazione, potrebbe essere un candidato attraente per gli elettori di un altro Stato chiave come l'Arizona. Ma la sua candidatura rischierebbe di mettere a rischio un seggio chiave al Senato in questo Stato che non è certo facile per i democratici da riconquistare in questo ciclo elettorale.
- Andy Beshear (Governatore del Kentucky, 46 anni): Ha dimostrato di poter vincere in uno Stato profondamente repubblicano, e ciò potrebbe permettergli di attrarre elettori moderati e indipendenti anche altrove.
Altri possibili candidati, sebbene considerati meno probabili, includono:
- Gretchen Whitmer (Governatrice del Michigan), di cui si parla molto come possibile candidata presidente per il 2028. Tuttavia, è difficile immaginare un ticket di due donne per il 2024.
- Pete Buttigieg (Segretario ai Trasporti), anche lui considerato un papabile candidato per le elezioni 2028. È difficile immaginare che voglia rischiare di bruciarsi in una scommessa così rischiosa come quella delle elezioni 2024.
- Tony Evers (Governatore del Wisconsin): La sua inclusione tra i papabili candidati alla vicepresidenza potrebbe aiutare Kamala Harris a vincere in un altro Stato in bilico cruciale per le elezioni nel Midwest. Tuttavia, vincere il Wisconsin senza la Pennsylvania servirebbe a poco, e in questo senso, forse la scelta di Shapiro potrebbe avere più senso.
La scelta finale di Kamala Harris dipenderà da vari fattori, tra cui la capacità di attrarre voti in Stati chiave, esperienze di governo (anche se solo a livello statale) e la complementarità con Harris in termini di competenze ed appeal demografico.
È molto probabile, comunque, che la scelta finirà per ricadere su un uomo bianco proveniente da uno Stato in bilico, per aumentare al massimo le possibilità di vittoria democratica al Collegio Elettorale a novembre.
Perché la decisione di Biden riapre la battaglia in vista di novembre
Il ritiro di Biden potrebbe rimescolare le carte in vista delle elezioni di novembre e rendere più difficile la marcia di Donald Trump verso il ritorno alla Casa Bianca per una serie di motivi. Kamala Harris è più giovane di Biden di 22 anni, e questo neutralizza in buona parte gli attacchi repubblicani sull'età del candidato democratico. A 60 anni a novembre, si presenta come un'alternativa più giovane e dinamica sia di Biden che di Trump, cosa che potrebbe, almeno in parte, rovesciare il tavolo consentendo ora ai democratici di poter attaccare i repubblicani su questo stesso argomento.
Alcuni recenti sondaggi mostrano Harris posizionata più favorevolmente rispetto a Biden contro Trump in alcuni Stati chiave come la Pennsylvania. Anche a livello nazionale, in media, Harris è indietro di soli due punti percentuali, un miglioramento rispetto a Biden. Tuttavia, i sondaggi finora consideravano la candidatura di Harris alla presidenza come solo come un'ipotesi remota. Ora che si sta concretizzando sul serio, sarà interessante vedere come si muoveranno i sondaggi.
Harris potrebbe aiutare a mobilitare meglio l'elettorato afroamericano e femminile, cruciali per i democratici nelle vittorie ottenute negli ultimi cicli elettorali. La sua candidatura storica come prima donna afroamericana ed asiatico-americana potrebbe generare nuovo entusiasmo tra questi gruppi demografici che sembravano aver parzialmente abbandonato la campagna di Biden di recente.
In generale, il cambio di candidato potrebbe rinvigorire l'entusiasmo dell'elettorato democratico, offrendo una nuova narrativa e una visione fresca per il futuro del Paese che sembravano mancare. La candidatura di Harris potrebbe inoltre spostare il focus del dibattito su temi diversi, potenzialmente più favorevoli ai democratici, come i diritti delle donne e l’aborto.
Come già anticipato, la scelta del candidato vicepresidente potrebbe rafforzare ulteriormente il ticket in Stati in bilico, aggiungendo esperienza regionale o appeal demografico. Infine, in qualità di ex procuratrice generale della California, Harris potrebbe contrastare più efficacemente di Biden l'immagine di Trump come candidato "law and order" e rimettere al centro del discorso la condanna ottenuta da Trump al processo di New York per aver falsificato i registri aziendali per coprire il pagamento in nero ad una pornostar, Stormy Daniels, in cambio del silenzio, così come gli altri problemi legali dell'ex presidente legati in particolare alla sua gestione del post elezioni 2020 e il tentativo di ribaltare il risultato delle elezioni che ha portato poi alla insurrezione fallita del 6 gennaio 2021.
Insomma, tutto lascia pensare che la corsa presidenziale del 2024 sia tornata improvvisamente ad essere più incerta e combattuta. Se Trump sembrava avere un vantaggio ormai significativo su Biden, il suo ritiro dalla corsa per la presidenza e la quasi certa candidatura di Harris al suo posto sembrano essere in grado di riaprire i giochi.
La capacità di Harris di poter mobilitare nuovamente gruppi chiave dell'elettorato democratico e di presentarsi come un'alternativa più giovane e dinamica potrebbe rappresentare una chiara minaccia per le ambizioni di Trump di tornare alla Casa Bianca.
La sensazione che filtra anche da ambienti di stampa è che molti elettori democratici fossero ormai rassegnati alla sconfitta elettorale, ma dopo la decisione annunciata da Biden è tornata la speranza di potersela giocare nuovamente a novembre, sebbene l'ex presidente Trump resti favorito per la vittoria. Ciò è confermato anche dall’ondata di donazioni, grandi e piccole, seguita all’annuncio della decisione.
Nelle prossime settimane sarà cruciale per Kamala Harris cercare di convincere gli americani di essere in grado di governare il Paese dal Day One, nonché di unire il Partito Democratico, che non è mai stato così diviso come nelle ultime settimane, per presentare una visione convincente per il futuro dell'America.
Dopo questa decisione storica e drammatica, molti democratici sperano di aver trovato finalmente la formula giusta per fermare la marcia inarrestabile di Trump verso la Casa Bianca e mantenere così il controllo della Casa Bianca per altri quattro anni. I prossimi giorni mostreranno se il loro ottimismo ha motivo di essere.