Rete Pace Disarmo a Fanpage: “Il piano di Von der Leyen è insensato. Così Kiev rischia di capitolare”

Ursula von der Leyen ha presentato oggi il piano di riarmo con cui intende dare una svolta alla strategia militare dell'Ue. Per il coordinatore delle campagne di Rete Pace Disarmo, Francesco Vignarca, si tratta di una proposta "insensata e sbagliata" fin dalle premesse, che porterà a conseguenze drammatiche. "Il mantra di continuare a spendere armi non funziona", dice a Fanpage.it. "I conflitti si risolvono quando si tolgono le condizioni di base del conflitto, quando si va una soluzione negoziata, quando si articola un quadro condiviso di sicurezza, non perché si mettono più armi".
Il programma contiene una serie di misure per consentire agli Stati membri di aumentare gli investimenti sulla difesa, tra cui un fondo di 150 miliardi di euro sotto forma di prestiti da concedere ai 27 Paesi e altri 650 miliardi che dovrebbero arrivare sganciando le spese militari dai vincoli di bilancio. "Soldi che potremmo usare per cose molto più sensate, come infrastrutture, ambiente o sostegno alle aree svantaggiate", osserva.
Quella europea è una reazione alle ultime mosse degli Stati Uniti, dove Donald Trump ha deciso di interrompere, per la prima volta dallo scoppio del conflitto in Ucraina, tutti gli aiuti militari destinati a Kiev. Nonché un tentativo di rendere l'Ue più autonoma incrementando la propria capacità di difesa. Ma per Vignarca "per rendersi autonomi dagli Stati Uniti non c'è bisogno di spendere più soldi in armi. Se davvero la Commissione vuole farlo, deve cambiare l'architettura istituzionale, deve conferire all'Unione Europea la propria sovranità a partire dalle decisioni sulla politica estera".
Con il piano di riamo l'Europa punta a rendersi autonoma e difendere l'Ucraina. È un passo verso la soluzione del conflitto o un segnale di guerra?
È proprio la premessa sbagliata. Per rendersi autonomi dagli Stati Uniti non c'è bisogno di spendere più soldi in armi. Se davvero la Commissione vuole farlo, deve cambiare l'architettura istituzionale, deve conferire all'Unione Europea la propria sovranità, le decisioni sulla politica estera, sulla politica di difesa. Devono ripensare quindi anche al ruolo negli Stati Uniti in Europa stessa, perché non basta dire "mi armo di più" e poi però tengo le basi statunitensi – che sono decine – in tutta Europa. Quindi credo che la spiegazione dietro il riarmo non stia in piedi. Il mantra di continuare a spendere armi non funziona. I conflitti si risolvono quando si tolgono le condizioni di base del conflitto, quando si va una soluzione negoziata, quando si articola un quadro condiviso di sicurezza, non perché si mettono più armi. L'abbiamo detto da tempo, non si arriverà alla vittoria finale in Ucraina, perché quello poteva succedere finché gli Stati Uniti avessero sorretto Kiev dal punto di vista militare. La soluzione armata non c'è. Dicono che siamo noi pacifisti gli idealisti, pacifisti, ma in realtà, gli idealisti veri sono quelli che continuano a ripetere che con le armi si risolvono i problemi. Quel tipo di soluzione si è rivelata perdente nel sistema in Ucraina, ma anche prima in tutte le azioni militari degli ultimi 25 anni. Per renderci più sicuri c'è bisogno di coesistenza e diplomazia. Anche dal punto di vista militarista, il riarmo non risolve i nodi istituzionali e politici che stanno alla base.
Von Der Leyen ha chiaramente detto che la sicurezza dell'Europa è minacciata. Non è così?
Sì, la sicurezza dell'Europa è minacciata da un continuo riarmo che aumenta le tensioni. Noi dobbiamo lavorare al contrario. Loro parlano della minaccia di un'invasione russa ma è impossibile sia tecnicamente che politicamente, tranne per alcuni pezzi. Ma anche se fosse così, si dovrebbe lavorare per evitare che succeda.
Ad esempio?
Ad esempio cercando di rilanciare con una conferenza mondiale di sicurezza condivisa come si fece nel '75 a Helsinki, quando in piena Guerra fredda sembrava che non si potesse fare altrimenti che la guerra. Invece lì abbiamo avuto il coraggio come Europa e non solo, come mondo, di andare su un'altra strada. Se io continuo ad armarmi avrò di certo più guerra. Negli ultimi 25 anni le spese militari sono raddoppiate e abbiamo avuto più conflitti. Quindi continuare a dire che perché c'è un mondo più insicuro occorre armarsi e creare un mondo più insicuro, è chiaro che è un circolo vizioso. A un certo punto dobbiamo spezzarlo. Sappiamo bene che l'Europa non potrà mai arrivare allo stesso livello militare né degli Stati Uniti ma nemmeno della Cina.
Chi sostiene il piano, come il ministro Tajani, dice che servirà a costruire finalmente una difesa europea.
Non è vero. Abbiamo già avuto la prova negli ultimi anni perché il riarmo dell'Europa non nasce oggi. Dal 2021 abbiamo l'European Defense Fund. Eppure non ha funzionato, perché le industrie militari prendono i soldi e scappano. Finché non ci sarà una direzione politica-istituzionale unica europea, questa cosa non succederà. È veramente un pensiero magico pensare che mettere più soldi sul piatto risolva la cosa. Ma lo si continua a fare perché dietro ci sono degli interessi armati. Da una politica europea di difesa comune seria ne trarrebbero di meno in realtà, perché si risparmierebbe sulle spese militari dei paesi e non si potrebbe più sfruttare le paure o i momenti di tensione per portare a casa dei contratti.
Con il disimpegno degli Usa però, la stessa Kiev ha ammesso di non poter resistere a lungo. Cosa avrebbe dovuto fare l'Europa per sostenerla?
Il problema è che adesso siamo in una situazione praticamente impossibile da gestire, perché è chiaro che la soluzione militare non può più funzionare dato che non si può contare sulla forza degli Stati Uniti dietro, ma dall'altra parte l'Ue non ha costruito niente dal punto di vista diplomatico, perché ha sempre descritto Putin come quello da sconfiggere. Ora ci si ritrova in mezzo ad guado, senza la possibilità di riarmati né tecnicamente, cioè nei tempi, ma neanche politicamente e quindi purtroppo si prospetta una capitolazione di Kiev. Questo è drammatico per la popolazione, drammatico per la regione drammatico per gli impatti che potrà avere in futuro, ma è anche figlio della non volontà di esplorare dei percorsi diversi da quelli della dello scontro armato. Il che non vuol dire dare ragione a Putin nella sua invasione, però capire che ci sono modi diversi per gestire questo e per renderlo inoffensivo. Perché poi in realtà, politicamente si è continuato a dire "contro Putin e contro la Russia", ma economicamente le industrie occidentali hanno continuato a fare loro fare in Russia e quindi di conseguenza era impossibile pensare a un crollo. Diciamo che si è raccontata una favola alle popolazioni europee, ma soprattutto agli ucraini e ora questa storiella, è evidente che non era sostenibile.
Lei come giudica l'atteggiamento di Trump rispetto al conflitto?
Trump non è un pacifista e non fa nemmeno gli interessi degli Stati Uniti. Io mi trovo a New York e si vede come la gente capisce e percepisce il pericolo delle decisioni di Trump, che sta facendo interessi di alcuni potentati, di alcuni grandi interessi finanziari (che non a caso sono si sono presentati tutti alla sua inaugurazione). Questo prevede per lui di disimpegnarsi dall'Europa, ma non disimpegnarsi, nel senso di andarsene via dall'Europa. Non si può ridurre tutto a una banalizzazione simile. Ci sono delle dinamiche in gioco e siccome ha i suoi interessi vicini e non non ha più necessità di spostarsi per fare i soldi, vuole fare i soldi e reinvestire quei fondi in altre situazioni. Sta solo cercando di fare un gioco di potere sulla pelle delle persone, ma noi non dobbiamo starci perché sennò verremmo schiacciati e lo favoriremmo e basta.
Ad ogni modo, in Italia la proposta di Von Der Leyen ha già creato le prime frizioni all'interno della maggioranza. La Lega lo disapprova, mentre Forza Italia e FdI l'hanno promosso. Come commenta?
Ma sono posizionamenti che non sono del tutto pacifisti. Io non credo che Salvini sia pacifista, cerca solo di portare avanti un certo interesse dell'industria del Nord Italia, che vede nel continuo crescere delle conflittualità sul nostro continente un problema per gli affari e per l'economia. Ma oltre la retorica, sul piano di Von Der Leyen bisogna capire anche cosa vuol dire nella pratica riarmarsi. Perché molta parte di quegli 800 miliardi, in realtà, dovrebbero essere spese di Paesi, che se non hanno i soldi non potranno farlo. L'Italia ad esempio, non li ha, a meno che non si tagli pesantemente il welfare. Quello che mi preoccupa è anche che i 150 miliardi previsti in prestito sono sicuri. Soldi che potremmo usare per cose molto più sensate. Un'altra parte di questi miliardi inoltre, non saranno dei singoli paesi, ma potrebbero essere i fondi di coesione, che i paesi hanno già ma che però al posto di venire utilizzati per infrastrutture, ambiente, sostegno economico alle aree svantaggiate, verrebbero utilizzate per produrre armi. In questo senso, vorremmo un'opposizione che critica alla base la visione che c'è, però riconosciamo che più contrasti ci sono all'insensata idea di riarmare l'Europa meglio è.