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Guerra in Ucraina

Perché il piano di pace di Zelensky è irrealizzabile secondo Ispi: “La guerra sarà ancora lunga”

L’intervista di Fanpage.it a Claudio Bertolotti, analista strategico e direttore di START InSight, e docente e ricercatore associato ISPI, che ha spiegato il piano di pace per l’Ucraina illustrato ieri dal presidente Zelensky all’Onu: “Sa benissimo di aver proposto qualcosa di irrealizzabile quanto non accettabile dalla Russia. Siamo in una situazione di stallo ed anche al fronte la controffensiva si fermerà con l’arrivo dell’autunno”.
Intervista a Claudio Bertolotti
direttore di START InSight e docente e ricercatore associato ISPI.
A cura di Ida Artiaco
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"Il piano illustrato ieri da Zelensky all'Onu è pura comunicazione strategica. Per quanto riguarda la richiesta di ritiro delle truppe russe da tutto il territorio ucraino, sa benissimo di aver proposto qualcosa di irrealizzabile quanto non accettabile dalla Russia. Siamo ancora in una situazione di stallo e credo che la guerra sarà ancora lunga: il fronte non si sposterà".

Così Claudio Bertolotti, analista strategico e direttore di START InSight, e docente e ricercatore associato ISPI (Istituto di Studi Politici Internazionali), ha spiegato a Fanpage.it cosa aspettarci dal piano per la pace in Ucraina, organizzato in 10 punti e illustrato ieri dal presidente Zelensky davanti all'Assemblea delle Nazioni Unite e perché la guerra in corso tra Kiev e Mosca è ancora lontana dall'essere risolta.

Dott. Bertolotti, uno dei 10 punti del piano per la pace del presidente Zelensky riguarda "l’applicazione della Carta dell’Onu" e la richiesta di togliere il diritto di veto a Mosca. Cosa ne pensa?

"È solo comunicazione strategica quella che fa Zelensky. È un metodo per alzare l'asticella dello scontro tra le parti nella sede sovranazionale per eccellenza che è l'Assemblea delle Nazioni Unite. Ora, da un punto di vista pratico, le sue parole non hanno nessun effetto, anzi si potrebbe definirle quasi scontate per attirare l'attenzione. Per rendere il discorso interessante per un pubblico globale ha dovuto evidenziare quello che secondo lui è un aspetto quasi paradossale. Cioè che la Russia, che è paese aggressore, abbia al tempo stesso il diritto di veto nei confronti di qualsiasi risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Qui l'aspetto interessante è l'aver evidenziato quanto il ruolo delle Nazioni Unite sia anacronistico per risolvere le controversie internazionali, perché si basa su equilibri che ormai sono superati, che erano veri al termine della Seconda Guerra Mondiale con dei vincitori, che erano super potenze ben definite, che oggi non lo sono più. Che senso ha avere la Francia tra le grandi potenze con diritto di veto? Idem per il Regno Unito, che ha perso il ruolo che ha avuto nel tempo. La Russia, erede dell'Urss, non è più l'Unione sovietica. Questo meccanismo non funziona, Zelensky ha messo in luce questa criticità che però di certo non potrà essere risolta in tempi brevi, senza l'assenso di quegli attori che fanno parte del Consiglio di Sicurezza e che dovranno decidere sul loro destino. Non se ne potrà uscire se non riformando completamente il ruolo e l'organizzazione dell'Onu tout court".

Il punto 6 del piano di Zelensky prevede il "ritiro di tutte le formazioni armate russe dal territorio ucraino". Cosa può dirci al riguardo?

"Zelensky sa benissimo di aver proposto qualcosa di irrealizzabile quanto non accettabile dalla Russia. Può essere che Mosca dopo un anno e mezzo di guerra combattuta e dopo aver dimostrato di saper tenere la linea difensiva possa oggi decidere di accettare un dialogo negoziale basato sul ritiro preventivo da tutti i territori occupati?

Per me è un qualcosa di inimmaginabile per la Russia e inaccettabile per il sistema russo, non solo per Putin. Per cui torniamo al solito punto, quello in cui almeno da un punto di vista pubblico Zelensky si dimostra colui che a parole dice che vuole trovare una soluzione ma ad ascoltarlo bene ci sono zero possibilità di poter trovare un accordo. Lo sanno tutti, dagli Usa alle cancellerie europee. Lavrov neanche ha commentato una cosa del genere".

Siamo dunque di nuovo in una situazione di stallo?

"Non ne siamo mai usciti, in realtà. È quasi un anno che ci siamo, dalla fine dell'estate dello scorso anno. È una guerra di logoramento e attrito e adesso siamo entrati nella stagione autunnale delle piogge, in cui verranno limitate tutte le manovre con i mezzi pesanti, per cui verrà di fatto archiviata l'offensiva. Quindi aspetteremo un'altra primavera dopo un inverno che servirà alla Russia per riguadagnare quelle posizioni che sono state indebolite dal tentativo di controffensiva limitata da parte di Kiev, in cui si è giocata gran parte dell'arsenale che gli Usa avevano dato e reso disponibile, rendendo necessario un ulteriore rifornimento di armi e di equipaggiamento".

In questa situazione quanto crede influirà la decisione della Polonia di non fornire più armi a Kiev?

"Questo è un annuncio che credo nel medio periodo non troverà riscontro nei fatti. Nel senso che vi è una necessità da parte della leadership polacca di andare incontro alle esigenze dell'opinione pubblica locale, che sta patendo in merito al discorso di importazione/esportazione del grano ucraino senza pagare il dazio, il che va a danneggiare la produzione locale imponendo una diminuzione dei prezzi. È un problema molto sentito in Polonia e ritengo che le due cose possano essere collegate. Di fatto, facendo questo annuncio, Varsavia darebbe un contentino all'opinione pubblica ma nei fatti non darebbe riscontro".

Alla luce di quanto ci siamo detti, pensa che questa sarà una guerra lunga?

"Sì, lo sostengo da tempo. È circa un anno che, guardando all'evoluzione delle dinamiche al fronte e osservando sin da giugno la fase condotta della controffensiva ucraina, si è delineato un quadro in cui di fatto proprio la controffensiva non avrebbe mai ottenuto un successo tale da indurre i russi a fare un passo indietro.

La controffensiva doveva essere un'azione di tipo one shot, un colpo che poteva essere sparato una volta ma non ha avuto il successo sperato ed ora entrambe le forze sono sostanzialmente equilibrate, ma non da un punto di vista numerico: la qualità ucraina compensa in parte la quantità russa e in questo rapporto combattono sostanzialmente alla pari. Il fronte non si sposterà. Fino a quando entrambe le parti saranno in grado di sostenere la guerra, nessuno dei due sarà obbligato a fare un passo indietro. Siamo ancora lontani da questo punto. Ricordiamo che Mosca ha combattuto 10 anni in Cecenia, quindi è pronta a portare avanti una guerra di questo tipo".

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