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Guerra in Ucraina

Perché il piano cinese è l’unica speranza di pace tra Russia e Ucraina: parla il consulente di Putin

“La Cina è l’unica potenza che può influenzare le decisioni del presidente”, dice a Fanpage.it il direttore del Russian Council Andrei Kortunov. “Nessuna arma da Pechino, e Mosca non le chiederà”. La sospensione di New Start “lascia la porta aperta”.
Intervista a Andrei Kortunov
Consulente di Putin, direttore del Russian International Affairs Council (Riac)
A cura di Riccardo Amati
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“Putin dovrebbe dire di sì al Paese che ha la maggior leva sulla Russia, ora vediamo i punti del piano”. Andrei Kortunov è cautamente ottimista sulla “via della seta” per un negoziato sull’Ucraina.

Intanto spiega che non è nell’interesse della Cina fornire armamenti all’alleato, nonostante l’asse con Pechino sia robusto. La sospensione dell’ultimo trattato sulle armi nucleari con gli Usa “non comporta minacce immediate all’Occidente”.

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Andrei Kortunov

E la cancellazione del decreto che garantiva il rispetto della sovranità della Moldavia nel conflitto separatista con la Transnistria “non porterà a una ‘soluzione ucraina’, perché Mosca non può permettersi di aprire un nuovo fronte”.

Kortunov dirige il Russian International Affairs Council (Riac), istituto del ministro degli Esteri russo deputato a fornire analisi e raccomandazioni all’amministrazione presidenziale. Pur essendo un consulente di Putin, un anno fa negli uffici del Riac nel centro di Mosca ci confessò di essere “scioccato” dalla decisione del leader del Cremlino di scatenare la guerra. Non ha cambiato idea: “Questa tragedia poteva essere prevenuta: una soluzione diplomatica era possibile”.

Kortunov ci risponde al telefono dalla sua abitazione nella capitale russa.

Il vostro presidente ha deciso la sospensione della partecipazione al trattato New Start, l’unico rimasto tra Mosca e Washington sul controllo delle armi nucleari. Che succede adesso?

Non credo che la decisione preluda a una corsa incontrollata al riarmo tra Russia e Usa. Se non altro perché i programmi nucleari sono di lungo termine e hanno una loro forza d’inerzia. Non è che possano cambiare dall’oggi al domani. In termini pratici, questa decisione inciderà soprattutto sulle verifiche sul campo per l’implementazione del trattato. Le “ispezioni” reciproche. Qui nasceranno senz’altro problemi. Ma ricordiamoci che il presidente Putin ha parlato, appunto, di “sospensione”, non di una fine del trattato.

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Pensa che questo lasci aperta la possibilità di aprire una trattativa per un “rientro” della Russia? E potrebbe essere un primo passo per negoziazioni anche più ampie? 

Di sicuro non accadrà nell’immediato. La situazione politica è troppo compromessa per tornare a un tavolo tra Mosca e Washington sul controllo delle armi strategiche. Ma quando, e se, la tempesta sarà passata, quando la fase attiva del conflitto in Ucraina terminerà, la Russia tornerà a negoziare su questi temi.

Quindi, anche se non dobbiamo aspettarci nulla per adesso, il Cremlino ha voluto lasciare una finestra aperta.

Questo è ciò che sento dire dalle persone che hanno deciso in merito. Altrimenti avrebbero dichiarato l’abrogazione del New Start, non la sua sospensione.

Domanda diretta: ma questa “sospensione” non è invece una minaccia di utilizzo delle atomiche? Stavolta non c’è soltanto la narrativa dell’ ex-presidente Medvedev e dei vostri propagandisti, che parlano di armi nucleari come se fossero noccioline. C’è un fatto concreto: la sospensione di un trattato. 

La Russia, anzi la leadership russa – e non la Russia come Paese, voglio sottolineare – potrebbe considerare di usare armamenti atomici solo nel caso di un confronto militare diretto con la Nato. Nell’attuale conflitto con l’Ucraina, la questione non si pone. A meno che la situazione sul campo di battaglia non si deteriori in modo drastico per le posizioni russe. E ci sia, per esempio, il rischio reale di perdere la Crimea. Ma non credo che questo succederà, almeno nel prossimo futuro. La forza nucleare –  ripeto – è destinata all’uso solo nel caso di una guerra conclamata con la Nato.

La vostra dottrina militare per la verità ne prevede l’utilizzo anche nel caso di una “minaccia esistenziale” per il Paese. E Putin, nel discorso del 21 febbraio, ha detto proprio che la Russia sta confrontando “una minaccia esistenziale”. Ci dobbiamo preoccupare?

È vero, lo ha detto. Ma, volutamente, non è mai stato mai specificato cosa significhi “una minaccia esistenziale”. Quali azioni da parte della Nato costituirebbero oggi una “minaccia esistenziale” per la Federazione Russa? Forse l’imposizione di una “no-fly zone” sull’Ucraina rientrerebbe nella categoria. O anche l’utilizzo da parte degli ucraini di basi aeree in Polonia o in altri Paesi Nato. Ma non siamo ancora a questo punto. Quindi è prematuro dire che potremmo utilizzare armi nucleari.

Non mi pare molto rassicurante. Intanto, Putin ha cancellato il decreto che garantiva il rispetto della sovranità della Moldavia comunque andassero le cose con la separatista Transnistria. Perché? Intende procedere in Moldavia come in Ucraina? 

La Transnistria potrebbe diventare un vero problema. Ma la Russia non è in grado al momento di ampliare il conflitto in cui è impegnata allargandolo a un nuovo fronte. Non lo farà. A meno che non subisca provocazioni dirette. Dipenderà molto dall’atteggiamento del governo moldavo e dal comportamento dei Paesi occidentali nei confronti della Moldavia. Comunque, le battaglie ucraine stanno consumando forze e attenzione in quantità. Il Cremlino non vuole aprire nuove crisi.

La presidente moldava ha invitato Biden. Se il presidente americano accettasse, come reagirebbe Mosca?

Non credo proprio che Biden accetterà l’invito. Che considero solo propagandistico. Ma se per miracolo lo accettasse, certamente metterebbe Mosca in una situazione precaria. Difficile dire quale sarebbe la reazione. Ma la circostanza è davvero improbabile.

Il decreto cancellato non riguarda solo la Moldavia, ma un serie di cardini per la politica estera russa degli ultimi undici anni. Tra le altre cose, l’annessione della Bielorussa diventa ora legalmente praticabile. Si procederà in questo senso?

Difficile dirlo. Non si sa ancora quale quadro normativo sostituirà il decreto cancellato. In generale, ritengo che la cooperazione con la Bielorussia aumenterà ancora. Ma ciò riguarderà la dimensione militare e tecnica dell’alleanza. Non ci sarà un assorbimento “fisico” dell’alleato di Minsk.

La Cina e la Russia hanno ribadito la loro stretta alleanza. “Le relazioni tra i nostri due paesi non saranno mai dettate da terzi”, è stato detto durante gli incontri a Mosca tra il responsabile della politica estera cinese Wang Yi, il vostro ministro degli Esteri Lavrov e Putin. L’asse diventa ancor più forte? 

La questione davvero importante qui è quanto la Cina vorrà impegnarsi per una soluzione del conflitto ucraino.

Sì ma negli incontri di Mosca almeno ufficialmente nessuno ha menzionato il famoso piano di pace cinese annunciato alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza internazionale…

Il piano esiste e prevede un cessate il fuoco e punti precisi per un accordo politico. Sui dettagli, però, per ora si può solo speculare.

Ma la Russia accetterebbe a cuor leggero un piano di pace di Pechino? Non significherebbe riconoscere di essere uno Stato vassallo del grande vicino d’Oriente?

Se c’è una potenza straniera attualmente in grado di influenzare le decisioni del Cremlino, questa è la Cina. Vista la scala della cooperazione tra i due Paesi, vista la grande attenzione che qui a Mosca riserviamo alle posizioni cinesi, non vedo chi altro possa avere un simile effetto leva nei confronti della leadership politica della Russia.

Quindi lei è ottimista sulla possibilità che un piano cinese porti alla pace in Ucraina?

La possibilità c’è. Certo, dipende da cosa contiene esattamente questo piano. Lo sapremo molto presto.

Intanto, però, gli Stati Uniti dicono di aver le prove che la Cina sta prendendo in considerazione l’invio di armi alla Russia. Altro che pace. 

I cinesi non ci daranno armi. Vogliono rimanere esterni a questo conflitto. Né la leadership russa chiederà loro questo tipo di assistenza. E poi la Cina ha buone relazioni con la Russia ma anche con l’Ucraina.

Soprattutto, la Cina vuole continuare a commerciare con tutto il mondo…

E quindi si muoverà con grande cautela. Eviterà di farsi coinvolgere nel sistema di sanzioni commerciali ed economiche contro la Russia. Non vuole esser colpita da “sanzioni secondarie” da parte di Usa e Ue. Al Cremlino tutto questo lo sanno bene. E non sono così sciocchi da chiedere assistenza militare a Pechino.

Il 23 febbraio scorso eravamo nel suo ufficio a parlare delle possibili soluzioni di una crisi che appariva gravissima ma ancora gestibile diplomaticamente. Ma nella notte la Russia invase l’Ucraina. Pochi giorni dopo tornammo a trovarla e ci disse che era scioccato dalla decisione di un Putin “non in contatto con la realtà così come gli altri la intendono”. 

È stato uno shock enorme, lo ribadisco. La guerra è sempre un fallimento per la diplomazia. E questa guerra avrebbe dovuto esser prevenuta. È un’orribile tragedia, quella che si sta consumando. È molto triste constatare che è già passato un anno e non vediamo la luce alla fine del tunnel. Tutto questo è deprimente, per me.

Chi giustifica le decisioni di Putin, da voi in Russia ma anche da noi in Occidente, dice che Putin non aveva alternative. Lei che pensa? 

Difficile dire quando e come la decisione fu presa. Di sicuro sul tavolo c’erano soluzioni alternative. Soluzioni diplomatiche a cui anche noi avevamo lavorato. Ma forse non sono nemmeno state discusse. Il presidente Putin aveva una sua visione del tutto personale della situazione. Ha considerato esaurita ogni possibilità negoziale. Ogni risposta delle controparti non soddisfaceva le sue aspirazioni. Probabilmente ha pensato di poter risolvere la cosa in modo indolore o quasi, come avvenne per l’annessione della Crimea. Non immaginava una tale resistenza da parte dell’Ucraina e una reazione così unitaria da parte dell’Occidente.

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