I talebani mandano video dagli stessi hangar dell’aeroporto dove eravamo, con i militari italiani e internazionali, fino a qualche ora fa. Il Presidente americano Biden fa un discorso alla nazione che è tutto politica interna: famiglie americane riunite, mai più compleanni senza papà, basta gambe e braccia perse nelle esplosioni del polveroso e lontano Afghanistan. Un “America First” così netto, che nemmeno Trump. I Talebani sembrano diventati perfetti interpreti del doppio standard: con la comunità internazionale si negozia pragmaticamente. Nei villaggi si frustano le donne.
Il simbolo del nuovo mondo, nelle ultime ore dell’aeroporto di Kabul, era il South Gate. Quello che nessuna telecamera ha inquadrato. Lì non c’era nessuna folla. Militari americani e talebani insieme. Liste di fogli di vip e personaggi ad alto rischio per i quali era stata negoziata un’uscita protetta. Niente calca, spintoni o terroristi. Il corridoio della realpolitik funzionava perfettamente. Il generale Kenneth Mckenzie, dopo aver annunciato che – dopo venti anni- la guerra è finita, ammette che sono rimasti lì almeno duemila terroristi. Biden dice che non è un problema perché i terroristi ci sono anche in Iraq, Yemen e Siria. Al Qaeda si congratula con i Talebani che hanno ripreso il potere.
Anche a voler guardare da fuori tirare qualche somma non sembra impossibile. Venti anni fa, dopo l’11 Settembre e l’attacco alle Torri Gemelle, la motivazione di fondo della guerra in Afghanistan era quella di sconfiggere il terrorismo e togliere il potere ai Talebani, i medievali studenti del corano che dei terroristi erano i principali protettori. Oggi sono tornati tutti, Talebani e terroristi. Gli americani sono fiduciosi che riusciranno a fare patti con questa generazione di Talebani che si mostra più internazionale, moderna e abile nella gestione della comunicazione. Negli anni ottanta anche Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale di Carter, era convinto di aver trovato gli alleati ideali cui far combattere la guerra contro i russi senza sparare un proiettile americano. Ha fatto patti con i mujaheddin. Bin Laden era uno di loro.
Il nuovo potere talebano cambia gli equilibri geopolitici in Asia. Il calcolo dell’amministrazione può funzionare in vista delle elezioni di mid term. Molto meno nel lungo periodo. Il nuovo Afghanistan rafforza la Cina, la Turchia e il Pakistan. Costruisce un nuovo spazio per i jihadisti. Un asse non necessariamente desiderabile per gli USA. Ancora meno per l’Europa che ha subito la scelta di tempi del ritiro americano e potrebbe dover fare i conti con una potenziale ondata migratoria nei prossimi mesi. Il tempo è finito. L’Europa ha l’ultima chance. O inizia ad agire, a costruirsi una difesa, a svincolarsi dal principio dell’unanimità delle decisioni di politica estera e a giocare la propria partita, o deve rassegnarsi a subire gli scossoni provocati dalle decisioni di altri. Migranti, morti, interesse nazionale inclusi.