Perché il fallimento della controffensiva rischia di incrinare l’alleanza USA-Ucraina
Dopo aver partecipato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Volodymyr Zelensky si è recato a Washington per una serie di incontri con i vertici e militari degli Stati Uniti. È la seconda visita del presidente ucraino nella capitale americana dall’inizio dell’invasione russa, ed anche in questa occasione il leader ucraino ha incassato solidarietà e la promessa di centinaia di milioni di dollari di aiuti.
Qualcosa, però, sta cambiando. Mentre John Kirby, il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, ribadiva il sostengo incondizionato al Paese in guerra, un gruppo di deputati e senatori repubblicani inviava una lettera alla Casa Bianca sollevando dubbi sull'opportunità di inviare nuovi armamenti e sui progressi nella controffensiva ucraina. "Il popolo americano merita di sapere dove sono andati i loro soldi. Come sta andando la controffensiva? Gli ucraini sono più vicini alla vittoria di quanto lo fossero 6 mesi fa? Qual è la nostra strategia e qual è l'exit plan del presidente? Che cosa l'amministrazione definisce come vittoria?". Secondo questi conservatori, continuare ad accogliere le richieste di Kiev senza porsi queste domande sarebbe "un'assurda rinuncia alla responsabilità del Congresso e per questo noi ci opponiamo ad altre spese per la guerra".
Ma non è tutto: mercoledì sera il premier polacco Mateusz Morawiecki ha annunciato che la Polonia smetterà di fornire armi all’Ucraina. La decisione è stata presa a causa delle tensioni degli ultimi giorni nate a seguito della decisione del governo polacco di vietare la vendita di grano ucraino sul proprio territorio. Insomma, nelle fila dell'Occidente si intravedono le prime incrinature nel rapporto con Kiev. Fanpage.it ne ha parlato con Corradino Mineo, giornalista, ex senatore ed ex direttore di Rai News24.
Un gruppo di ventitré deputati e sei senatori repubblicani ha inviato una lettera alla Casa Bianca chiedendo di fermare l’invio di aiuti militari in Ucraina. È l’inizio di una possibile incrinatura nel rapporto tra Washington e Kiev?
Sì, lo è, ma non soltanto nel rapporto tra repubblicani e governo ucraino. Anche la stessa amministrazione Biden è molto, molto più prudente nei confronti dell'impegno in Ucraina. Tutto ciò si spiega in un modo: gli americani non amano le guerre di logoramento e dopo aver fornito armamenti importanti si aspettavano un successo evidente della controffensiva di Kiev, successo che invece non c'è stato. Certo, i soldati ucraini avanzano ma con una lentezza esasperante. Di conseguenza sia nel campo repubblicano che in quello democratico c'è un ritorno ai temi legati agli interessi nazionali. Ci si domanda: "Fino a che punto lo sforzo per sostenere l'Ucraina fa gli interessi degli americani?". Basti pensare che se i democratici hanno qualche problema nell'area sinistra del partito, quella per intenderci che fa riferimento ad Alexandria Ocasio-Cortez, i repubblicani si sono sempre detti che gli europei dovrebbero provvedere autonomamente alle spese per la loro difesa: in altre parole, secondo il Partito Repubblicano dovremmo essere prevalentemente noi europei a finanziare la difesa ucraina. Ora, invece, a mettere mano al portafogli sono soprattutto gli USA.
Presto entrerà nel vivo la campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 2024. Che linea terrà Donald Trump sulla questione ucraina?
Su questo aspetto sono molto prudente. Un analista serio non può fare troppe previsioni perché il quadro è davvero molto complesso. Trump vuole candidarsi, lo sappiamo tutti, e c'è una parte consistente del suo partito che lo appoggia. Tuttavia ci sono anche due processi che sconsigliano vivamente la sua nuova discesa in campo. C'è infatti un'America – quella che decide con la mano sul portafogli, che Vittorio Zucconi chiamava il "centro" – che si chiede che cosa possa significare eleggere un presidente accusato di aver mandato folle di esaltati ad assaltare il Campidoglio. È probabile che Trump sarà il candidato della destra statunitense, ma non è ancora certo. Quindi preferisco non esprimermi ancora sulla sua campagna elettorale.
E qual è la situazione nel campo democratico?
I democratici non vogliono un presidente anziano e impopolare come Biden nonostante abbia ottenuto, dal loro punto di vista, ottimi risultati sul piano economico e del lavoro. Anche lì, però, non sembrano al momento esserci alternative. Insomma, gli Stati Uniti stanno vivendo un momento critico, anche se siamo ben lontani dal declino dell'Occidente che si erano immaginati Putin e il patriarca Kirill.
In ogni caso come pensa verrà trattata la questione ucraina nel corso della prossima campagna elettorale?
Non ci saranno entusiasmi guerreschi in campagna elettorale, questo è certo. Possiamo aspettarci piccoli atti nella Camera dei Deputati (a guida repubblicana) che dimostreranno che non verranno spesi soldi dei contribuenti in una guerra che non dà risultati.
Le continue promesse di un sostegno illimitato all'Ucraina "fino alla vittoria" come vanno interpretate, dunque?
Biden non può dire altro. La guerra gli è servita per riconquistare la primazia su tutti gli alleati, non solo l'Europa ma anche il Giappone, l'Australia e la Corea del Sud. Il presidente americano in questi anni ha ripetutamente parlato del conflitto in Ucraina come di una "lotta del diritto contro l'abuso, della libertà contro l'autarchia"; come volete che oggi possa dire a Zelensky che deve farsi piacere una tregua che congeli lo status quo al fronte? Eppure ce ne sarebbero le ragioni. L'Ucraina ha conseguito delle importanti vittorie; ha il controllo su Kharkiv, una fondamentale città russo-parlante, e su Odessa, importante porto sul Mar Nero. Naturalmente però sappiamo anche che ha perso il Donbass e la Crimea. Credo che Biden abbia perso l'occasione della vita un anno fa: avrebbe potuto proporre l'apertura di una trattativa a Zelensky quando Putin perse la battaglia per Kharkiv dopo quella per Kiev. Anche Draghi gliel'aveva suggerito, ma non se ne fece nulla. Per il presidente americano è complicato, oggi, consigliare un cessate il fuoco.
Ci sono soluzioni alternative all'apertura di una trattativa ora che la controffensiva ucraina ha sostanzialmente fallito?
Purtroppo non ci sono molte altre soluzioni alternative: si poteva sperare in un crollo del regime di Putin, ma non è all'ordine del giorno per almeno due motivi. Il primo è che in Russia non c'è uno straccio di opposizione organizzata, anche se molte persone contestano la guerra e la politica putiniana. Di fatto, però, in Russia la battaglia per il potere è tra Putin e gente peggiore di lui.
Il secondo motivo?
C'è una grande parte del mondo che pur non avendo nessuna simpatia per l'operazione imperialista russa, ha ancor meno simpatia per la dittatura del dollaro. Così Putin trova collaborazioni persino nell'India di Modi, il più coccolato tra i "leader" del cosiddetto sud del mondo.
Qualcosa sta accadendo anche in Europa: la Polonia ha detto che non trasferirà più armi all'Ucraina. È l’inizio di un calo del sostegno anche da parte dell'UE? Ricordiamo che Varsavia è stata finora la più acerrima nemica di Mosca…
Non credo. La campagna elettorale polacca finirà dopo le elezioni del 15 ottobre, qualcuno vincerà e a quel punto si tornerà a fare politica seriamente. Credo però che ci sia un problema di fondo: il Paese più coccolato da Biden e dalla Nato, quello più duro nei confronti della Russia, toccato nei suoi interessi vitali (il grano ucraino che fa concorrenza a quello polacco) fa un passo indietro. Questo è un campanello d'allarme molto serio, un fatto che dà una sveglia a tutti. La mossa della Polonia farà rialzare la testa a tutti in Paesi che chiedono una trattativa tra Russia e Ucraina sulla base degli attuali rapporti di forza.
Duda è esponente della destra polacca. Bisogna attenderci che anche altre destre europee prendano questa linea, a partire da quella italiana?
L'Italia al governo ha una posizione strumentale: la destra-destra, protagonista di molti atti di questo esecutivo, ha ancora simpatie per Putin. La nostra Presidente del Consiglio, invece, ha una posizione fortemente filo Nato perché secondo lei questo è necessario per rendere digeribile agli alleati il suo passato di solidarietà con i fascisti degli anni settanta. Non sarebbe semplice, in un altro modo, far bere una roba del genere negli Stati Uniti, in Gran Bretagna o in Francia. Non penso, quindi, che Meloni proporrà mai un piano di pace italiano per l'Ucraina, né che si discosterà dalla linea che indicherà la Nato sulla gestione del conflitto.