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Guerra in Ucraina

Perché i missili Nato sulla Russia avrebbero significato più politico che tattico: parla l’esperto

L’intervista di Fanpage.it con Matthew Savill, scienziato militare del RUSI ed ex coordinatore per le operazioni delle forze speciali e dell’intelligence britannica: “All’Ucraina servirebbe lanciare sulle basi russe gli ATACMS americani, piuttosto che i nostri Storm Shadow, ma l’America ha altre priorità”.
A cura di Riccardo Amati
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Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin
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Poter lanciare i missili occidentali sulle basi all’interno della Russia “non costituirebbe una svolta tattica decisiva per gli ucraini”, dice a Fanpage.it Matthew Savill. Tanto più se la luce verde fosse data solo per gli Storm Shadow britannici e non per gli ATACMS statunitensi. Dal colloquio in merito tra il presidente americano Joe Biden e il primo ministro britannico Starmer non è emersa alcuna decisione. Ma il messaggio politico nei confronti della Russia sarebbe potente. Soprattutto dopo le minacce appena espresse da Vladimir Putin.

Secondo cui Mosca è pronta alla guerra con la Nato. “La possibilità di un’escalation non è certo da snobbare”, aggiunge l’esperto. Anche se a parole la guerra alla Nato il Cremlino la dà per scontata da tempo. E non ha mai reagito al superamento delle linee rosse che via via ha posto, se non intensificando i bombardamenti sulle città e le infrastrutture civili dell'Ucraina.

Savill è il direttore del dipartimento Scienze militari del Royal United Services Institute (RUSI). Che non è un think tank come tutti gli altri. Esiste da 190 anni, ha sede a Withehall, la strada londinese del Foreign Office e di edifici governativi britannici. Sulla quale si apre Downing Street. Il RUSI ha contribuito a formare la politica estera di Sua Maestà fin dai tempi di Lord Palmerston e del duca di Wellington.

Con 20 anni di esperienza nell’intelligence per il Ministero della Difesa e per l’Ufficio di gabinetto del primo ministro, Mathew Savill ha partecipato alle campagne contro Daesh in Afganistan e nel Medio Oriente. Ha ricoperto l’incarico di supervisore delle operazioni delle forze speciali e degli 007 britannici.

Matthew Savill, RUSI
Matthew Savill, RUSI

Matthew, quale sarebbe il significato politico di un via libera all’utilizzo dei missili Storm Shadow per colpire obiettivi militari all’interno della Federazione Russa?

La rimozione delle restrizioni assicurerebbe un vantaggio politico all’Ucraina: verrebbe vista come la cartina di tornasole della risolutezza morale dei suoi sostenitori internazionali e come una dimostrazione della loro volontà di tener testa alla retorica russa. L’importanza di ciò è stata accresciuta dalla natura pubblica del dibattito. Invece di scegliere una cauta ambiguità — lasciando i russi nel dubbio e nell’incertezza —, si sono messe a nudo le differenze di opinione tra gli alleati Nato. E c’è stata una discussione aperta sulla congruità del supporto statunitense. Credo che agli ucraini piacerebbe molto che una pressione analoga fosse esercitata nei confronti della Germania per i missili Taurus. Ma a Berlino sono reticenti anche solo a discuterne.

Londra però è molto chiara riguardo a suoi Storm Shadow. Quali vantaggi tattici avrebbe l’Ucraina se iniziasse a lanciarli sulla Russia?

Il vero e proprio vantaggio tattico in battaglia varia a seconda dei casi. E probabilmente è stato diminuito dalla pubblicità che questa vicenda ha avuto. I russi sono stati avvertiti molto per tempo. Il miglior utilizzo dello Storm Shadow è contro edifici altamente protetti, come bunker e depositi di munizioni fortificati, o contro un quarter generale. Non serve a molto per colpire aerei su una pista di decollo o in un aeroporto. Provocherebbe danni facili da riparare. Ci sono bersagli di questo genere entro la sua gittata, in Russia. Ma devono essere scelti con cura per massimizzare i danni dell’impatto. L’ideale sarebbe colpire in coincidenza con operazioni di terra da parte ucraina, distruggendo i rifornimenti necessari alle truppe russe chiamate a fronteggiarle.

Quindi gli Storm Shadow non servono a granché contro le basi da dove partono i velivoli che colpiscono infrastrutture e civili in Ucraina. Che armi ci vorrebbero?

Contro gli aerei, e gli elicotteri che lanciano bombe plananti sulle città e le forze di terra ucraine, sono efficaci gli ATACMS. Possono essere armati con testate contenenti cluster di submunizioni che all’esplosione partono in diverse direzioni coprendo una vasta aerea e distruggendo più bersagli nello stesso momento. La sfida qui è però che, secondo quanto riferito dalle autorità americane ai media, il 90 per cento di questo tipo di velivoli russi è stato spostato all’interno del Paese fuori dalla gittata di questi missili, che si ritiene possano colpire al massimo a 300 chilometri oltre la frontiera. D’altra parte c’è anche già un aspetto positivo, in questo: dovendo operare da più lontano, gli aerei possono effettuare meno sortite giornaliere per colpire l’Ucraina.

Sta dicendo che i bersagli più sensibili sono fuori dalla portata degli ATACAMS? Allora a che servirebbe lanciarli sul territorio russo?

Ci sono comunque ancora basi e forze russe a tiro degli ATACMS. Però è vero che l’opportunità di colpire al suolo l’areonautica infliggendo seri danni è probabilmente sfumata, almeno per ora. Gli ATACMS restano utili soprattutto contro gli impianti radar e le difese antiaeree sul terreno in Russia. Colpirli significherebbe incrementare le capacità dei droni ucraini a lunga percorrenza di raggiungere i loro obiettivi.

Ecco, a questo proposito: abbiamo visto sciami di droni ucraini arrivare nella oblast di Mosca e provocare morti e feriti tra i civili a Ramenskoye, che in pratica è un sobborgo della capitale. C’è davvero bisogno dei missili occidentali?

Gli ucraini continuano a sviluppare droni a lunga percorrenza, che possono viaggiare per circa mille chilometri. E possono raggiungere anche le basi aeree russe più remote. Ma devono essere lanciati in gran numero, perché ci sia la possibilità di superare le difese nemiche. E normalmente hanno testate di piccole dimensioni. Quindi, anche se l’utilizzo di missili occidentali non sposterebbe l’ago della bilancia in modo drastico, riempirebbe comunque un vuoto nell’attuale arsenale di Kyiv.

Ma gli ucraini non riescono proprio a costruirseli da soli, i missili?

Hanno annunciato lo sviluppo di loro missili balistici, e di un “drone razzo” di maggiori dimensioni e che somiglia un po’ a un missile cruise. Inoltre, utilizzano in modo interessante i loro missili anti-nave Nettuno, spesso con successo. Ma per adesso non hanno niente che possa davvero fare il “lavoro” dei missili occidentali.

E quanti ne hanno, di Storm Shadow e di ATACMS, le forze armate ucraine? Che dimensione quantitativa avrebbe il loro utilizzo contro le basi russe in Russia?

Non sappiamo con esattezza quanti gliene siano stati forniti. Ci sono anche gli SCALP, versione francese degli ATCMS. Ma probabilmente ne son rimasti pochi. In generale, non dovremmo aspettarci una grande “ondata” di attacchi sul suolo russo.

Ma se la luce verde ai lanci sulla Russia non sposta di molto l’ago della bilancia nel conflitto, vale la pena? Si tratta di un’escalation. Le minacce di Putin stavolta sono accompagnate dalla revisione della dottrina nucleare ufficiale russa, che prevederà la possibilità di attacchi preventivi. Lo ha detto a Fanpage.it un consulente del Cremlino. Non le pare che il livello del rischio stia diventando troppo alto?

Oh, senza dubbio i russi saranno molto irritati nel vedere armi occidentali colpire obiettivi all’interno della Federazione. E le dichiarazioni di Putin in merito sono state dure. Ma abbiamo visto che l’escalation russa in risposta alle prime forniture dei nostri missili a Kyiv, così come all’offensiva ucraina nella regione di Kursk, è stata contro i civili ucraini. Non contro la Nato. Intendiamoci: non dobbiamo snobbare i rischi di escalation. Ma è da 12 mesi che la narrativa russa ripete che Mosca è già in guerra con la Nato in Ucraina. Lo dicono tutti i giorni sia nelle dichiarazioni ufficiali che sui media di Stato. E poi, la comunità internazionale può rispondere senza tema di smentita che il Cremlino sta da tempo facendo la stessa cosa: utilizza armi nord-coreane e iraniane in gran quantità, per gli attacchi sull’Ucraina.

Ma dell’uso da parte della Russia delle armi dei suoi alleati si parla poco in Occidente. Il dibattito è tutto sull’utilizzo ucraino dei nostri missili. È un successo di Mosca nella guerra ibrida? La propaganda del Cremlino sta vincendo?

È in corso una vera e propria campagna di sabotaggio russa in tutta l’Europa. La Nato e i Paesi membri dell’Alleanza devono continuare a prendere forti misure di counter-intelligence per contrastare questa minaccia.

Perché voi britannici, anche sulla questione dell’utilizzo dei vostri missili contro obiettivi in Russia, avete un atteggiamento più aggressivo rispetto a altri Paesi Nato, America compresa?

Il Regno Unito ha un approccio positivo sia per la sua prossimità geografica al problema che per il suo interesse ad assumere un ruolo prominente, se non proprio di guida, come “coordinatore” per la sicurezza europea. Sia i governi passati che quello in carica hanno sempre avuto un interesse politico nell’esser percepiti come molto attivi nell’aiuto all’Ucraina. Questo va a integrarsi con un chiaro interesse per la sicurezza.

Per gli Usa non è così?

Mentre il punto di vista di Washington riguardo alla minaccia può sembrare simile, non lo è la percezione del rischio. Perché negli Usa il dibattito prende maggiormente in considerazione la questione della sicurezza nel settore indo-pacifico, le opinioni sulla Cina e le critiche, molto diffuse nel Paese, secondo cui l’Europa non sta facendo abbastanza. Quindi, si è più reclutanti a prendersi rischi. Prevale l’argomento secondo cui l’America potrebbe finire per ritrovarsi a dover “salvare” l’Europa in una questione su cui toccava all’Europa prendersi la responsabilità di un ruolo guida.

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