Perché gli scontri tra Israele ed Hezbollah finora non hanno portato a un’escalation della guerra
A quasi un mese dall'uccisione a Teheran del leader di Hamas Ismail Haniyeh e da quella, a Beirut, del numero due di Hezbollah Fuad Shukr la risposta del gruppo armato libanese è arrivata ieri, ed è stata più pacata di quanto ci si poteva aspettare. Hezbollah ha infatti lanciato un attacco con missili e droni contro 11 siti militari israeliani e Tel Aviv ha replicato colpendo alcune postazioni di lancio nemiche. Quella che tutto il mondo temeva sarebbe stata la scintilla per una guerra più ampia si è dimostrata – fortunatamente – un fuoco di paglia durato una manciata di ore, con gli attori che hanno dimostrato una sorprendente capacità di moderazione affrettandosi a dichiarare di non volere un conflitto più ampio in Medio Oriente.
"La situazione però è ancora in evoluzione", spiega a Fanpage.it Giuseppe Dentice, analista del CESI. "Hezbollah ha lanciato un attacco molto contenuto sul territorio israeliano utilizzando un numero di droni piuttosto limitato rispetto alle sue possibilità e all'arsenale di cui dispone. Anche l'azione preventiva di Israele è stata però moderata ed ha mirato a scongiurare un attacco del gruppo armato libanese su Tel Aviv. Ad ogni modo, quello che è avvenuto ieri segna un nuovo punto dello scontro tra Israele ed Hezbollah".
Si temeva che la risposta di Hezbollah a Israele avrebbe innescato un'escalation del conflitto, ma così non è stato. Entrambi gli attori, al contrario, si sono affrettati a dichiarare di non volere una guerra su larga scala…
Dobbiamo pensare a quello in Medio Oriente come a un conflitto che si "accende" in più fasi, con azioni che vengono condotte in maniera irregolare ed imprevedibile. Pensiamo a quello che è accaduto ad aprile, con gli attacchi e contrattacchi tra Tel Aviv e Teheran. Non si può escludere che una situazione del genere non possa verificarsi nuovamente in futuro, ma non sappiamo quando potrebbe accadere. Quello che è accaduto negli ultimi giorni tra Israele ed Hezbollah potrebbe ripetersi sotto altre forme e con modalità diverse, a volte più violente e altre più blande. Per questo credo che non sia giusto limitarsi a parlare di "escalation" e "de-escalation". In Medio Oriente siamo di fronte a delle interazioni in parte totalmente nuove nelle quali gli scontri tra Israele ed Hezbollah fanno parte di uno schema molto più ampio che coinvolge soprattutto l'Iran. In questo conflitto rientra anche quello che sta accadendo a Gaza.
A proposito di Iran. Dopo l'uccisione a Teheran di Ismail Haniyeh, leader di Hamas, si temeva un'esplosione del conflitto. Invece l'Iran ha mostrato una grande capacità di controllo, almeno finora. La stupisce?
Il comportamento dell'Iran ha stupito anche me, ma non è detto che questa moderazione duri ancora a lungo. Mi spiego: Teheran potrebbe voler puntare su un effetto sorpresa e attaccare Israele in un futuro prossimo senza però fornire coordinate temporali. Non definire le tempistiche di una risposta, in fondo, serve anche a condizionare psicologicamente il nemico, farlo sentire costantemente in pericolo. Insomma, non è detto che l'Iran abbia deciso di non attaccare Israele. Allo stesso tempo quello che sta accadendo mostra quanto siano complesse le dinamiche nella gerarchia politica iraniana, con anime profondamente diverse come il Presidente della Repubblica Masoud Pezeshkian, la guida suprema Ali Khamenei e i pasdaran. Tutti questi soggetti compongono, con pesi e contrappesi, il potere iraniano garantendo i dovuti equilibri ed evitando che qualcuno prenda nettamente il sopravvento sugli altri. Insomma, se è presumibile pensare che i pasdaran avrebbero voluto una risposta rapida a Israele dopo l'attacco subito il 31 luglio a Teheran, è evidente che altri soggetti hanno fatto prevalere un atteggiamento più mite per evitare una reazione a catena e un'escalation incontrollata.
Perché è prevalso questo atteggiamento, secondo lei?
Evidentemente si è voluto costruire un dialogo, presumibilmente anche con l'UE, su alcune questioni specifiche, ad esempio il nucleare, tema ancora fondamentale nella politica interna iraniana. Insomma, credo che una risposta violenta dell'Iran a Israele non possa ancora essere esclusa. Ma l'atteggiamento di Teheran dimostra che sta facendo di tutto per non dare adito a una contro reazione di Israele e USA.
L'evoluzione del conflitto tra Israele, Iran ed Hezbollah dipende anche dall'andamento dei negoziati per un cessate il fuoco a Gaza? O si tratta, invece, di questioni ben distinte?
Si tratta di canali parzialmente complementari, che si lambiscono ma non sono completamente sovrapponibili. La dinamica di Gaza vive comunque una sua traiettoria e, in fondo, i negoziati non hanno portato finora a nessun risultato concreto. Non c'è un accordo sugli ostaggi, sulla demilitarizzazione di Gaza, sulla fine dell'occupazione e tanto meno sulla ricostruzione post bellica. Non c'è intesa neppure sulla questione più urgente in assoluto, ovvero la fornitura di aiuti umanitari alla popolazione civile. Sebbene l'andamento delle trattative possa dipendere anche da questioni "regionali" e non strettamente attinenti a Gaza, a mio modesto avviso è altrettanto vero che ora il pallino è in mano a Israele. Ora come ora Tel Aviv ha un vantaggio nelle trattative su Gaza e sta anche riuscendo a incastrare l'Iran e i suoi alleati, ovvero Hezbollah in Libano, gli Houthi in Yemen e le milizie sciite irachene tra Siria e Iraq. Gaza è un importante termometro della situazione regionale ma non porta in sé i semi di una soluzione della crisi in Medio Oriente.