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Guerra in Ucraina

Perché è impossibile un accordo sul grano e perché la pace in Ucraina resta lontana

“L’accordo di un anno fa non è mai stato pienamente rispettato e non poteva durare”. Erdogan “dovrà proporre a Putin una nuova formula”. La mediazione turca “continuerà”. E quando sarà il momento “il tavolo per la pace sarà a Istanbul”. L’intervista di Fanpage.it all’analista moscovita Has.
A cura di Riccardo Amati
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Chi si aspettava un passo verso la pace era un illuso: “Non c’era alcuna possibilità che la Russia rientrasse nell’accordo sul grano”, dice Kerim Has. “Sarebbe stato un vero e proprio balzo, altro che un passo, nella direzione di una soluzione diplomatica del conflitto ucraino”, ammette l’analista turco esperto delle relazioni tra Mosca e Ankara.

“Ma una parte dell’intesa siglata oltre un anno fa a Istanbul non è mai stata implementata a causa delle posizioni massimaliste della Russia e della indisponibilità dell’Occidente a ceder terreno sulle sanzioni”, spiega. “È necessaria una riformulazione dei termini dell’iniziativa”.

La Turchia, “potrebbe avere ancora un ruolo importante nelle trattative”, aggiunge Has. E rimane il mediatore ideale, poi, per un cessate il fuoco e un negoziato. “Che restano però un obiettivo lontano”.

Fanpage.it ha raggiunto telefonicamente Kerim Has a Mosca, dove risiede.

Kerim Has
Kerim Has

Come valuta il vertice di Sochi fra Putin ed Erdogan? Loro lo hanno definito “un successo”. Nessun comunicato congiunto alla fine, però. Dov’è il successo?

Sulla cosa più importante in discussione il risultato è pari a zero. Né poteva essere altrimenti. La parte “russa” dell’accordo sul grano, quella che in teoria regola l’export di prodotti agricoli e fertilizzanti dalla Russia, non ha mai avuto la minima chance di essere applicata. Perché l’Occidente vuole minimizzare i possibili introiti russi e il Cremlino è inflessibile nel pretendere un semplice ritiro delle sanzioni nel settore. Per esempio vorrebbe che le sue navi commerciali potessero attraccare nei porti occidentali. Significherebbe un annullamento di fatto del regime sanzionatorio. Implicherebbe una completa revisione della politica dei Paesi che sostengono l’Ucraina. È una richiesta massimalista e irrealistica.

Ma se l’'Iniziativa del Mar Nero sul grano', nome ufficiale dell’accordo del luglio 2022, conteneva articoli che aprivano a interpretazioni inconciliabili, cosa fu firmata a fare?

Per Russia e Ucraina, ma anche per Turchia e Onu (firmatari dei due trattati speculari della “iniziativa”: uno con Mosca e l’altro con Kyiv, ndr) era importante, un anno fa raggiungere un accordo. Per questioni di immagine, per non essere additati come responsabili di una crisi alimentare globale. Per ragioni che in sostanza potremmo definire propagandistiche, hanno preferito chiudere gli occhi di fronte all’impraticabilità di quanto convenuto.

E però Erdogan ci ha provato, a ricucire. Si vede che non gli sembrava così impossibile, no?

Una semplice, immediata “resurrezione” del patto era impossibile. Erdogan ha però voluto in ogni modo rilanciare il suo ruolo di mediatore. Per il futuro. Perché l’unica possibilità di assicurare un accordo per una piena ripresa dei flussi commerciali agricoli attraverso il Mar Nero è una rimodulazione di quanto sottoscritto un anno fa. Una rimodulazione che consenta a Vladimir Putin di partecipare a un accordo senza perdere la faccia.

Putin ha detto di esser pronto a rientrare se saranno eliminate le restrizioni all’export russo. Basterebbe?

I nodi da sciogliere sono molti. Naturalmente, concessioni sul commercio di fertilizzanti piacerebbero al Cremlino. Così come l’esenzione dalle sanzioni sulle navi commerciali e sulla banca che fa capo al gruppo petrolifero Rosneft, cruciale per questo commercio. E poi Mosca vuole lo stop alle azioni militari ucraine contro la flotta russa del Mar Nero. Ma è dimostrato che non si tratta di strade davvero percorribili. Non finché c’è in corso una guerra.

La Turchia continuerà a mediare per l’accordo sul grano?

Erdogan nel corso del vertice di Sochi ha cercato di far accettare a Putin una lista di proposte per far tornare in vita l’intesa. Ma queste non comprendevano ancora i passi concreti necessari e le garanzie sufficienti, soprattutto riguardo alle sanzioni indirette che la Russia vorrebbe non subire per la sua agricoltura e i suoi fertilizzanti. Il processo continuerà. Non credo però che nel breve e medio termine Mosca accetterà di tornare a far parte dell’accordo di un anno fa.

Intanto Putin cerca comunque di non passare per quelle che alimenta la fame nel mondo

Sì, col cosiddetto “accordo alternativo sul grano”, che riguarda solo un milione di tonnellate di cereali rispetto ai 33 milioni dell’accordo originale (è il totale dei prodotti alimentari trasportati dai porti ucraini a 45 Paesi durante un anno, ndr) ed è garantito da Turchia e Qatar. Il milione di tonnellate andrà ai Paesi poveri. In realtà è, anche questa, un’operazione propagandistica che serve a Putin a crearsi una migliore immagine. Ma non soddisfa certo la domanda mondiale, tantomeno quella dei Paesi poveri.

È sempre un bel regalo

Non è un regalo. La Russia donerà circa trecentomila tonnellate di grano a sei Paesi, tra cui Repubblica Centroafricana, Mali e Burkina Faso, particolarmente vicini politicamente a Mosca. Ma il milione di tonnellate dell’”accordo alternativo” di cui parlavo saranno esportate dalla Russia, processate da aziende private in Turchia e vendute in Africa e Medio Oriente attraverso il Qatar.

E il Qatar sosterrà finanziariamente l’operazione, se abbiamo ben capito…

Niente regali, però, in questo caso. Resta un’operazione con cui Mosca cerca di guadagnarsi una sempre maggiore influenza in quella parte del mondo. Un’operazione propagandistica, come dicevamo, e al tempo stesso un sostegno alla politica estera russa in Africa e Medio Oriente. Ed è anche un modo per aggirare le sanzioni.

In che senso la Russia aggirerebbe così le sanzioni?

Nell’ultimo anno e mezzo sono nate in Turchia oltre duemila aziende i cui proprietari sono russi. I cereali dell’'accordo alternativo' saranno processati soprattutto da queste aziende, in joint venture con società turche. La Turchia non è sottoposta a sanzioni. Ne consegue che queste aziende potranno immettere sul mercato prodotti agricoli e fertilizzanti di origine russa, cosa al momento quasi impossibile al di fuori di un simile meccanismo. Una politica win-win per Putin. Ne esce vincente su tutti i fronti.

In molti ritengono che passi avanti sulle forniture di grano corrisponderebbero a passi verso la pace in Ucraina. Almeno in prospettiva qualche passetto lo si è fatto, in questo vertice tra Putin ed Erdogan?

No. Non si è fatto alcun passo verso la pace. L’unico passo in quella direzione sarebbe stato il ritorno della Russia alla accordo di Istanbul di un anno fa. Anzi sarebbe stato molto più di un passo. Ma le dinamiche sono diverse. E non è avvenuto.

Però le relazioni russo-turche sembrano uscirne rafforzate. E la Turchia è un Paese Nato. Come descriverebbe la strana alleanza tra il sultano e lo zar?

È una relazione fondata sulla cooperazione su materie specifiche. Cooperazione che convive con lo competizione e lo scontro su altri fronti. Ma si tratta di conflitti gestibili. Fatto sta che per alcuni obiettivi della sua politica estera la Russia non ha partner migliore della Turchia. E viceversa. La cosa, poi, vale soprattutto per l’economia. Gli interessi comuni sono forti nel settore energetico e nel commercio. Per non parlare del turismo: sono milioni i russi che vanno in vacanza in Turchia, che è sia europea che asiatica. Ideale ora che viaggiare in Europa è più complicato.

Ma sulle maggiori crisi la Turchia si schiera con l’Occidente, non con la Russia

In Siria, in Libia, nel Nagorno Karabakh e in Ucraina è così. E anche sulla questione curdo-siriana a mio avviso la Turchia non è poi così lontana dalle posizioni di Washington, paradossalmente (gli Usa sono alleati dei curdi nella lotta contro l’Isis in Siria, e la Turchia considera terroristi i militanti curdi del Pkk, ndr).

Questo doppio ruolo della Turchia la rende il mediatore ideale per una pace tra Russia e Ucraina?

Ritengo che la pace tra Russia e Ucraina resti una cosa lontana. Non irraggiungibile, ma lontana nel tempo. Ci vorrà almeno un anno. Se va bene. Certo, l’unica volta che si è arrivati vicini a un cessate il fuoco è stata quando russi e ucraini erano seduti a un tavolo a Istanbul, alla fine del marzo 2022 (l’accordo saltò all’ultimo momento per colpa di Kyiv e dell’Occidente, dice Mosca; Kyiv ritiene sia avvenuto il contrario, ndr).

E quindi?

Quindi la risposta alla sua domanda è sì: la Turchia può mediare e rimane il luogo ideale per un tavolo di negoziati. È un Paese Nato, e l’Occidente, insieme a Kyiv, preferirebbe la Turchia come luogo dove trattare piuttosto che, per esempio, un Paese dell’Asia Centrale. D’altra parte, le relazioni tra Russia e Turchia si sono molto rafforzate a causa proprio della guerra in Ucraina: Mosca ha sempre più bisogno di Ankara, anche se il rapporto resta asimmetrico a favore del Cremlino. Non è solo perché la Turchia non ha sanzionato la Russia. È soprattutto perché è diventata una finestra sul mondo per gli affari russi. E un territorio di passaggio per far arrivare in Russia merci coperte da sanzioni. È un Paese che offre a Mosca spazio di manovra. D’altro canto, l’Occidente preferisce veder crescere le relazioni russo-turche invece che quelle russo-cinesi. E avere in Erdogan un mezzo per interloquire con Putin. Sì, credo che al momento opportuno i passi verso una pace in Ucraina potranno essere muovere da Istanbul.

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