Perché Cina e Russia non sono più “amici senza limiti” come un tempo
Sono state circa 40 le nazioni che, lo scorso sabato, hanno preso parte ai Colloqui di pace di Gedda, in Arabia Saudita. L’incontro è avvenuto in un momento critico del conflitto con la crescita delle tensioni nel Mar nero, ed è principalmente frutto dell’azione Ucraina e del suo tentativo di isolare la Russia, portando sempre più nazioni -fino ad ora neutrali- a prendere posizione. Negli ultimi 18 mesi di guerra sono stati numerosi i momenti critici e i tentativi di risoluzione diplomatica, quindi perché ci si aspetta oggi un esito differente?
I motivi dell’incontro
Lo scorso mese, la Russia si è opposta agli sforzi di Onu e Turchia per garantire un salvacondotto alle esportazioni di grano ucraino e mitigare la crisi della filiera alimentare globale. Kiev ha così cercato soluzioni alternative, mossa che ha portato Mosca ad attaccare i porti ucraini. La risposta di Zelensky non si è fatta attendere, bombardando gli insediamenti russi nel Mar Nero, tra cui Novorossiysk, uno dei più grandi porti russi per l’esportazione di greggio e grano.
Così mercoledì, il Presidente ucraino ha richiamato i suoi ambasciatori per implementare una strategia di emergenza volta a consolidare la posizione e il messaggio ucraino nel mondo. L’incontro di Gedda è infatti il primo di una nuova strategia diplomatica che mira a utilizzare mezzi “ufficiali e ufficiosi, istituzionali e mediatici” fino alla “diplomazia culturale e al potere della comune sincerità umana” per convincere il mondo che l’unica alternativa per la pace globale sia “la sconfitta totale” del Cremlino.
L’importanza di Gedda
Gedda poteva essere l’ennesimo meeting internazionale incapace di intaccare una crisi tanto complessa e, per alcuni analisti, è stato solo una vetrina per il monarca arabo e per un regime voglioso di ripulirsi la reputazione. Al netto di questo però, è pressoché oggettivo che dopo l’assenza al summit di Copenaghen, la partecipazione cinese ad un evento di pace promosso dall’Ucraina in cui la Russia non è invitata, è un forte segno di rassicurazione per la comunità internazionale che in questo momento vede Pechino come l’unico in grado di avere spazio di manovra nell’influenzare maggiormente Mosca.
Come affermato anche da Mikhail Korostikov del Carnegie Center di Pechino, “queste preoccupazioni sono condivise sia dai critici più aspri del regime russo in Occidente sia dai falchi favorevoli alla guerra in Russia”. Nonostante questo però Mosca non è certo diventata uno stato vassallo di Pechino come molti affermano e ciò è dimostrato da alcuni fattori, tra cui: i beni russi sanzionati stanno trovando sbocco in numerosi paesi; Xi non è riuscito a convincere Putin a sposare a pieno il suo principale progetto geopolitico, la Nuova Via della Seta, anzi la guerra ha sabotato uno dei suoi corridoi principali e fatto saltare numerosi investimenti; l’influenza economica cinese sulla Russia sta crescendo ma non ha raggiunto livelli critici o superiori all’influenza finanziaria o militare che la Cina esercita su altre nazioni.
Partecipanti e neutralità
L’incontro è stato chiuso ai media perché considerato “troppo sensibile”. Oltre alla Cina e ad eccezione della Russia ha partecipato tutto il gruppo Brics composto da India, Brasile e Sud Africa. Non potevano mancare Usa e Ue ma sono state coinvolte anche numerose nazioni che durante la guerra si sono preoccupate di preservare buoni rapporti con entrambe le parti, declinando il conflitto come una mera questione tra superpotenze per cui non ci si può schierare.
Come infatti affermato durante i colloqui di pace da Celso Amorim, consigliere per gli affari internazionali del Presidente brasiliano Lula, "questo non è solo un conflitto tra Russia e Ucraina". Lo scopo dell’incontro, infatti, non era tanto volto a trovare un accordo di pace, quanto a portare sempre più nazioni neutrali a prendere posizione. L’India ha mandato il proprio Advisor per la sicurezza nazionale, Ajit Doval, il quale ha spiegato le ragioni della neutralità come un fatto storico, non diversamente da come farebbero in Svizzera. Tuttavia, a differenza della neutralità dei nostri cugini d’oltralpe, l’India ha beneficiato enormemente dalla guerra in Europa, in particolare dall’acquisto, dalla raffinazione e dalla rivendita del greggio russo, arrivando persino ad influenzare il valore della Rupia e riducendo la pressione sulla moneta.
Perché in Arabia?
Come le altre nazioni del Golfo, anche l’Arabia Saudita ha tenuto una linea cauta nel conflitto, cercando di preservare buoni rapporti con entrambe le parti. Scegliere dunque i sauditi non è stato un caso, in particolare se pensiamo all’influenza esercitata nell’area dal più grande produttore di petrolio al mondo. Non solo, proprio pochi mesi fa la Cina ha svolto un ruolo importante nel condurre Arabia e Iran a siglare un’intesa dopo sette anni di relazioni interrotte, e pare voglia continuare a farlo su più larga scala ricercando nuovi incontri come quello di Gedda. Per il Principe Mohammad invece si tratta di un’occasione per ritagliarsi uno spazio come leader globale, in particolare dopo le terribili vicende del caso Khashoggi (giornalista brutalmente assassinato nel consolato di Istanbul) e della sanguinosa Guerra in Yemen.
Il monarca si oppose anche alla decisione dell’Opec di tagliare la produzione di petrolio per condizionare la Russia, irritando così la Casa Bianca che ancora oggi non vede di buon occhio il disallineamento di bin Salman nel non porre sufficienti limiti agli accordi militari e alla presenza cinese nel Golfo, o nel dichiarare -senza troppi fronzoli- che “l’egemonia occidentale è ai suoi ultimi giorni”. "Quello che stiamo vedendo nell'ordine internazionale non è necessariamente un mondo multipolare, ma un mondo più fluido in cui le cose stanno cambiando", ha dichiarato di recente Anwar Gargash, consigliere diplomatico dello sceicco.
L’iniziativa cinese e la reazione russa
A Febbraio, ad un anno esatto dallo scoppio della guerra in Ucraina, la Cina ha divulgato la propria iniziativa di pace globale articolata in 12 punti. Un progetto basato sulla già nota Global Security Initiative e accolto con scetticismo dagli occidentali convinti che Pechino non avrebbe svolto un ruolo cruciale nella risoluzione. Alcuni ne sono ancora convinti, altri -in linea con le precedenti analisi condotte qui su Fanpage- stanno iniziando a rivalutare l’approccio cinese, in particolare vista l’influenza crescente di Pechino su Mosca, la quale ha sempre meno spazio di manovra nel controbilanciare il rapporto.
Al vertice di Pace di Copenaghen svoltosi a giugno la Cina era assente, mentre a quello di Gedda ha messo al centro la propria iniziativa di pace globale. Secondo gli scambi di lunedì tra i ministri Wang Yi e Sergej Lavrov, si “apprezza e accoglie con favore il ruolo costruttivo della Cina”. Tuttavia, la Russia -non invitata da sauditi e ucraini- ha sofferto la mossa di Pechino che in questo modo sembra volersi smarcare, approfittando di ogni occasione multilaterale per rafforzare la propria leadership dentro il Brics e nelle organizzazioni internazionali. Una consenso internazionale intaccato dal Covid e dalle politiche sanitarie così come dalla guerra e dall’alleanza con Putin. La verità è che Xi non ha mai nascosto la sensibilità sulla questione della sovranità perché ritiene che il Donbass e la Crimea siano regioni ucraine, a differenza di Taiwan che non è riconosciuto dalla gran parte dei paesi ed è considerato come politica interna dalla Cina.
Per il Cremlino, l’incontro è stato “inutile” perché non si può parlare di pace senza la presenza di una delle parti. A maggio Pechino ha mandato un suo speciale inviato per gli affari Euroasiatici, tale Li Hui, in visita a Mosca e in diverse capitali europee. "Tutte le parti hanno commentato positivamente la sua partecipazione” si evince dalla dichiarazione ufficiale, “e hanno pienamente sostenuto il ruolo positivo della Cina nel facilitare i colloqui di pace".
Il mondo prima di Putin
In conclusione, la partecipazione cinese è sicuramente sintomo di un’intensificazione dell’approccio diplomatico, ma di certo non rappresenta un’inversione radicale nel supporto a Mosca. Ad oggi, infatti, non è solo la Russia ad essere scettica sul piano cinese, o perlomeno, non quanto Nato e Usa. Alicja Bachulska, membro del Consiglio europeo per le relazioni estere, ha dichiarato che “la partecipazione della Cina non significa che stia cambiando la sua posizione sulla guerra. Ma potrebbe aiutare a perfezionare uno sforzo attentamente coltivato per sembrare un attore responsabile e neutrale”.
In maniera molto pragmatica e poco sentimentale, il consenso internazionale viene prima dei rapporti con un paese, non importa quanto stretti siano i legami, figuriamoci quando non lo sono. “In poche parole”, afferma Bachulska, "sembra uno scenario Win-win per Pechino", ma sempre e solo con la prima maiuscola.