Perché ci sono dei dubbi etici sulla vaccinazione ai 12enni, secondo gli esperti britannici
Vaccinare i 12enni sì o no? Per alcuni esperti del Regno Unito si tratta di una questione molto più complessa di quel che sembra, tanto da definirla come un “dilemma etico”. Sono queste le parole utilizzate dal professore Anthony Harnden, accademico dell’università di Oxford e vicepresidente del Joint Committee on Vaccination and Immunisation (Jcvi), ovvero un organismo indipendente britannico composto da consulenti medico-scientifici che si occupano di sorvegliare sulla campagna vaccinale organizzata dal governo. La vaccinazione per i ragazzi dai 12 anni in su è stata autorizzata dalle autorità del farmaco in Usa e Ue e ora anche nel Regno Unito. Secondo il professore, intervistato dalla Bbc, la questione va però affrontata con cautela e, a quanto pare, non solo da un punto di vista medico.
I dubbi nascono dal fatto che solitamente il Covid non provoca reazioni gravi nei più piccoli. Difatti lo studioso ricorda come primo elemento il fatto che solamente “una minoranza molto ristretta” di bambini è finora stata soggetta a contagi gravi. Sulla base di questo, spiega Harnden, è necessario essere “assolutamente certi che i benefici della vaccinazione anti-Covid sui più piccoli superino largamente i rischi”. C’è un altro elemento di cui si deve tenere conto nel bilanciamento tra le due opzioni: il vantaggio delle vaccinazioni tra i più piccoli, spiega, “non sarà in larga maggioranza per i bambini” a cui verranno inoculate le dosi, ma “riguarderà in modo indiretto la prevenzione della trasmissione del virus” tra le persone più a rischio, gli adulti, e soprattutto quelli non vaccinati.
Il vantaggio quindi riguarda “la protezione degli adulti non vaccinati”, secondo il professore. Ovvero le persone più vulnerabili ed esposte al rischio di stare male per il Coronavirus anche dopo la fine della campagna vaccinale. Il dilemma etico di Harnden si allarga anche a un altro aspetto: “Vi è poi un'ulteriore questione etica, ovvero se sia più urgente vaccinare i bambini in questo Paese o donare vaccini a livello internazionale ai Paesi a basso o medio reddito, dove la maggioranza della popolazione adulta a maggior rischio non è stata ancora immunizzata”. Un discorso che rientra nell’ottica dell’importanza di affrontare a livello globale la pandemia, facendo vaccinare tutti, non solo i cittadini dei Paesi più ricchi.