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Perché c’è concreto rischio di incidente nucleare a Zaporizhzhia (ma non sarebbe un’altra Chernobyl)

Nonostante i paragoni sempre più numerosi con il disastro di Chernobyl, un incidente nucleare nella centrale di Zaporizhzhia avrebbe effetti diversi. Ma ugualmente da non sottovalutare, anche per lo sviluppo del conflitto: proviamo a capire il perché.
A cura di Daniele Angrisani
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La centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa con ben 6 reattori nucleari in attività, si trova al centro di uno scontro tra Ucraina e Russia che rischia, potenzialmente, di causare un grave incidente nucleare.

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres ha definito “suicida” l’ipotesi di danni intenzionali all’impianto nucleare, ed il presidente turco Recep Tayyip Erdogan in visita in Ucraina ha addirittura fatto balenare il fantasma di Chernobyl – il peggiore incidente nucleare del mondo, accaduto quando l'Ucraina era ancora sotto il dominio sovietico.

Mosca e Kyiv si accusano a vicenda di pianificare una provocazione per causare un disastro nucleare e funzionari del Ministero della Difesa russo hanno già prodotto una mappa apocalittica che mostra come una nube radioattiva possa diffondersi dalla centrale a Paesi vicini, tra cui Ungheria, Polonia e Slovacchia – “dimenticandosi” che però il vento potrebbe spirare anche dall’altra parte verso la Russia.

Ma quale è il rischio concreto di un disastro nucleare e perché potrebbe accadere in concreto? Vediamolo assieme.

Perché la centrale nucleare di Zaporizhzhia è così importante

La centrale nucleare di Zaporizhzhia è stata costruita in tempi relativamente recenti nel territorio della cittadina ucraina di Enerhodar, sulla sponda meridionale del bacino artificiale di Kakhovka sul fiume Dnjepr. Comprende sei reattori di tipo VVER-1000/320, entrati in funzione dal 25 dicembre 1985 (il primo) al 17 settembre 1996 (l’ultimo).

Ciascun reattore è alimentato con U235 e genera fino a 950 MWe, per una potenza totale di 5.700 MWe. Prima dell’invasione dell’Ucraina, la centrale nucleare di Zaporizhzhia, gestita dall’ente statale ucraino per l’energia  nucleare (Energoatom), produceva da sola il 20% circa di tutta l’energia elettrica necessaria per l’Ucraina.

La situazione alla centrale dopo l’invasione russa

Subito dopo l'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina il 24 febbraio 2022, Energoatom ha spento i reattori 5 e 6 per ridurre i rischi, mantenendo in funzione solo tre reattori (gli altri invece erano già in manutenzione).

La sera del 3 marzo, una colonna di 10 veicoli blindati russi e due carri armati si è avvicinata alla centrale provenendo dalla città di Enerhodar, dove erano penetrati in precedenza.

Nel corso degli scontri con i difensori ucraini della centrale (ripresi in mondovisione dalle telecamere di sorveglianza) è scoppiato un incendio in una struttura di addestramento all'esterno del complesso principale, che è stato spento dopo poche ore ad inizio mattina del giorno successivo.

L’incendio per fortuna non ha avuto ripercussioni sulla sicurezza del reattore o sulle attrezzature essenziali. Successivamente però si è saputo che in quel periodo la centrale ha perso 1,3 GW di capacità.

A seguito di questa battaglia e del ritiro delle forze ucraine, l’esercito russo ha preso il controllo della centrale. Il 12 marzo, Ukrayinska Pravda ha riferito che la direzione dell'impianto era stata informata dalle autorità russe che l'impianto ora apparteneva a Rosatom, la società statale russa per l'energia nucleare, nonostante continuasse ad essere gestito con personale ucraino.

Ma è stato solo in estate che la situazione attorno alla centrale nucleare ha iniziato seriamente a scaldarsi, in concomitanza con i tentativi ucraini di riprendere il controllo dei territori russi conquistati nel sud.

Il 5 luglio, il Wall Street Journal ha riferito che le forze russe avevano organizzato una base militare nel complesso dispiegando i lanciarazzi multipli semoventi pesanti BM-30 Smerch da cui colpire le postazioni ucraine a Nikopol, una cittadina controllata dagli ucraini che si trova dall’altra parte della riva del bacino artificiale del Dnjepr.

Il 19 luglio, tre droni kamikaze ucraini hanno attaccato le attrezzature e le tende russe nel sito nucleare. Il Ministero della Difesa ucraino ha dichiarato che tre occupanti russi sono stati uccisi e dodici feriti. Anche in questo caso i reattori non sono stati danneggiati.

La situazione di ostilità attive nel territorio della centrale ha portato il 3 agosto Rafael Grossi, il direttore dell’Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA) ad esprimere gravi preoccupazioni sull’integrità della centrale, per via della mancanza di esecuzione di tutte le riparazioni e manutenzioni necessarie per gestire con tutta sicurezza un impianto nucleare del genere.

Testualmente parlando Grossi ha definito la situazione a Zaporizhzhia come “fuori controllo”. 

L’AIEA ha quindi pianificato una missione di ispezione della centrale che però ancora oggi resta in attesa dell’approvazione da parte ucraina e russa e dell’autorizzazione delle Nazioni Unite. (Solo il 19 agosto Putin ha dato il via libera da parte di Mosca a procedere con questa ispezione, durante una telefonata intercorsa con il presidente francese Macron).

Nel frattempo, però la situazione è continuata a peggiorare: dopo una serie di bombardamenti sul territorio della centrale, il 6 agosto l'AIEA ha riferito che uno dei tre reattori rimasti in funzione è stato scollegato dalla rete e si è spento dopo aver attivato il suo sistema di protezione di emergenza.

Due giorni dopo, l’8 agosto, sono stati segnalati ulteriori danni all’impianto. Le autorità ucraine hanno dichiarato che bombardamenti russi hanno danneggiato tre sensori di radiazioni e mandato un dipendente della centrale in ospedale a causa delle ferite.

La sera stessa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha accusato la Russia di praticare il "terrore nucleare" ed ha chiesto per l’ennesima volta agli Stati Uniti di inserire la Russia nell’elenco degli Stati sponsor del terrorismo internazionale.

Il giorno successivo il direttore di Energoatom, Petro Kotin, ha dichiarato che la Russia intende scollegare la centrale dalla rete energetica ucraina e collegarla a quella russa, usando il rischio di un incidente nucleare come giustificazione per procedere in questo senso. Energoatom ha anche chiesto l’istituzione di una zona demilitarizzata intorno all'impianto con l'invio di forze internazionali di pace.

A questo punto è intervenuto anche il Segretario Generale delle Nazioni Unite Guterres che ha dichiarato, come abbiamo già accennato, che "qualsiasi attacco a un impianto nucleare equivale ad un suicidio".

A poco è servito il suo intervento visto che l’11 agosto il territorio della centrale è stato nuovamente bombardato, stavolta anche in prossimità dei depositi di materiali radioattivi esauriti. L’Ucraina ha accusato la Russia di questo attacco, ma Mosca ha rispedito al mittente le accuse affermando che sono state le forze ucraine.

Cosa potrebbe succedere ora non è facile da ipotizzare. "L'impianto è progettato per essere spento" se i suoi operatori decidessero di farlo, ha dichiarato alla CNN Bob Kelley, ex vicedirettore di AIEA. In alternativa, i russi potrebbero "mantenere un unico reattore in funzione a potenza parziale per alimentare in funzione almeno l'impianto stesso".

Lo spegnimento dell'impianto intensificherebbe ovviamente la pressione su alcune zone dell'Ucraina meridionale controllate ancora dagli ucraini (in particolare Mykolaiv ed Odesa), che potrebbero rimanere senza energia in vista dell'inverno.

Ma Kelley ha anche detto che è improbabile che la Russia abbandoni del tutto l'impianto. Mosca potrebbe invece dirottare tutta l'elettricità prodotta a Zaporizhzhia verso le zone dell'Ucraina occupate dai russi, cosa che i funzionari russi hanno già dichiarato apertamente di voler fare.

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Guterres, ha risposto affermando che l'elettricità prodotta dall'impianto appartiene all'Ucraina.

Negli ultimi giorni, comunque, la situazione dei bombardamenti sembra essersi leggermente calmata.

Nondimeno è apparso un video in cui vengono mostrati camion militari russi con armi e munizioni parcheggiati nell’edificio che ospita le turbine della centrale nucleare, con evidenti rischi per la struttura della centrale. L’autenticità di questo video è stata confermata poi dalla CNN.

Il rischio principale: meltdown del nucleo radioattivo

La centrale di Zaporizhzhia è stata costruita con un solido edificio di contenimento del reattore. È spesso 1,75m, in cemento armato su un basamento antisismico per reggere anche a devastanti terremoti.

Gran parte dell'ansia si concentra sulla possibilità che i reattori possano essere danneggiati direttamente da munizioni di artiglieria o razzi. Questo però potrebbe non essere il rischio maggiore.

Dopo l'11 settembre, tutte le centrali nucleari ucraine sono state infatti testate per potenziali impatti diretti con grandi aerei di linea e sono risultate ampiamente sicure. Per danneggiare un reattore, quindi, un impatto deve essere devastante e voluto. E forse anche in quel caso non basterebbe.

Un rischio potenzialmente più grave (e concreto) potrebbe verificarsi invece se l'alimentazione dei reattori nucleari e dei generatori di riserva dovesse venire a mancare e questo causasse una perdita di liquido refrigerante.

Senza elettricità per alimentare le pompe intorno al nucleo caldo del reattore, il combustibile inizierebbe a fondere, in un processo che tecnicamente viene definito “meltdown” del nucleo radioattivo.

Tutte le centrali nucleari di nuova generazione utilizzano una serie di sistemi di sicurezza ausiliari, come generatori diesel e collegamenti alla rete elettrica esterna, per mantenere i reattori raffreddati ed evitare un meltdown.

La centrale di Zaporizhzhia utilizza anche un altro sistema: un serbatoio in cui viene raffreddata l'acqua calda proveniente dall'interno dell'impianto da poter usare in caso di emergenza. Ma nel caso in cui tutti questi sistemi si guastassero e la centrale rimanesse senza accesso all’energia elettrica esterna, il reattore nucleare finirebbe inevitabilmente per riscaldarsi, innescando un meltdown del nucleo.

Energoatom afferma che tre delle quattro linee di trasmissione di energia elettrica che collegano l'impianto all'Ucraina sono già state danneggiate dal fuoco dei razzi. Se anche l'ultima fonte di energia venisse interrotta, solo i generatori ed il serbatoio di emergenza potrebbero dunque impedire il meltdown "con conseguente rilascio di sostanze radioattive nell'ambiente".

Va detto, inoltre, che in caso di duraturo distacco della centrale dalla rete di trasmissione di energia elettrica esterna, i generatori diesel non rappresenteranno una soluzione a lungo termine e che quindi anche nel caso in cui funzionasse tutto correttamente, il rischio di un meltdown permarrebbe se la situazione non venisse risolta velocemente.

Questo rappresenta di sicuro il rischio principale, soprattutto in una situazione di ostilità attive come quella in corso.

Il rischio secondario: il combustibile nucleare esaurito

Un altro rischio è quello quello di un attacco diretto alle strutture utilizzate per lo stoccaggio del combustibile nucleare esaurito (le barre di uranio che vengono rimosse dopo l'uso in un reattore), con il potenziale rilascio di materiale radioattivo nell'area circostante.

Il direttore di Energoatom, Petro Kotin, ha dichiarato che un bombardamento avvenuto ad agosto ha colpito l’area vicino alla zona di stoccaggio del combustibile esaurito. "È stato un attacco molto pericoloso, perché i razzi hanno colpito a 10-20 metri di distanza dal deposito, ma se avessero colpito i contenitori con il combustibile esaurito, ci sarebbe stato il rilascio di radiazioni", ha detto Kotin alla televisione ucraina.

Ma quale è il rischio effettivo in questo caso? È sempre Kotin a spiegarlo. Se viene colpito un solo container, "si tratterà di qualcosa che impatterà localmente solo il territorio dell'impianto e quello immediatamente vicino. Se si tratta di due o tre container, l'area interessata aumenterà".

Insomma: se questi depositi di stoccaggio dovessero essere danneggiati, ci sarebbe un rilascio di radioattività, ma non sarebbe così grave come quello causato da un meltdown per la perdita di refrigerante. E molto probabilmente qualsiasi emissione radioattiva prodotta in questo modo sarebbe così piccola da poter essere considerata come trascurabile.

Il terzo rischio: errore umano

Un altro rischio che si collega agli altri due, e che potrebbe anche peggiorarne le conseguenze, è quello di errore umano dovuto alla stanchezza ed allo stress dei dipendenti della centrale.

Se infatti qualcosa dovesse andare storto, è vitale che coloro che lavorano nella centrale nucleare siano in piena forma ed in grado di rispondere a qualsiasi emergenza. È stato proprio grazie alla prontezza di risposta di alcuni dipendenti della centrale a Fukushima che si è evitato il peggio.

Ma si può facilmente immaginare che in questo caso non lo siano, e non solo direttamente a causa delle ostilità in corso.

Nei mesi successivi alla presa di controllo da parte russa della centrale nucleare si è venuti a conoscenza di diversi casi in cui dipendenti della centrale erano stati sottoposti a pesanti interrogatori o pestaggi da parte delle forze russe di occupazione.

C’è stato almeno un caso di un dipendente della centrale che è stato pestato brutalmente per essersi rifiutato di immergersi in una delle piscine di raffreddamento della centrale alla ricerca di presunte armi che sarebbero state nascoste lì dai partigiani ucraini attivi nel sud dell’Ucraina.

Anche per questo motivo il direttore dell'AIEA, Rafael Grossi, ha detto che è vitale che il personale della centrale sia lasciato libero di svolgere le proprie mansioni "senza minacce o pressioni".

Ciò nonostante, i dipendenti della centrale sembrano essere ben consci del rischio e vogliono continuare a lavorare nonostante tutte le difficoltà. La TV indipendente russa Dozhd ha pubblicato il 20 agosto l’intervista con un responsabile della sicurezza della centrale di Zaporizhzhia che ha parlato sotto anonimato per paura di ritorsioni.

Mikhail (nome inventato) afferma che il personale militare russo è sempre presente nella centrale nucleare. "Camminano intorno alla centrale e vivono nel suo territorio. Ho visto personalmente persone ubriache sul territorio dello stabilimento", racconta.

Inoltre, i militari russi hanno occupato due delle due strutture di protezione destinate a ospitare il personale in caso di pericolo. "Cioè, in caso di incidente nucleare, i russi si rifugeranno lì e gli altri moriranno lentamente", afferma.

Mikhail conferma che i dipendenti della centrale nucleare che lavorano in queste condizioni sentono una costante pressione psicologica da parte dei militari russi: "puoi restare rinchiuso in uno scantinato per un mese, per esempio, per un like sbagliato in chat", dice. Molti dipendenti sono passati attraverso duri interrogatori, scantinati e percosse.

Eppure, Mikhail non vuole lasciare la centrale. "Capisco come finiranno le cose se tutti se ne andranno. Per me, a differenza dei militari, il concetto di sicurezza nucleare e delle radiazioni non è una frase vuota. Non ho intenzione di andare in paradiso con metà dell’Eurasia; quindi, sto cercando di mettere a disposizione le mie conoscenze e le mie capacità per evitare che ciò accada. Ma la situazione è davvero critica", afferma.

Perché non sarebbe come Chernobyl

Nonostante i paragoni sempre più numerosi con il disastro di Chernobyl, la stragrande maggioranza degli esperti sono comunque concordi che qualsiasi incidente nucleare che dovesse capitare nella centrale di Zaporizhzhia sarebbe ben diverso da ciò che è successo nell’aprile 1986, ed insistono anzi sul fatto che una ripetizione del cataclisma di allora è sostanzialmente impossibile.

La centrale nucleare di Chernobyl utilizzava reattori RBMK-1000 di epoca sovietica, a moderazione di grafite, con gravi difetti di progettazione come, ad esempio, essere privi di una moderna struttura di contenimento, una cupola di cemento e acciaio progettata per prevenire il rilascio delle radiazioni nell’atmosfera in caso di incidente.

Al contrario, ciascuno dei sei reattori dell'impianto di Zaporizhzhia è costituito da reattori ad acqua pressurizzata VVER racchiusi in un massiccio contenitore d'acciaio, alloggiato in un edificio di contenimento in cemento in grado di contenere buona parte del rilascio delle radiazioni.

Per questo motivo la portata di un ipotetico disastro nucleare sarebbe di gran lunga inferiore a quella di Chernobyl, secondo gli esperti.

Dopo la fusione del 1986, la ricaduta radioattiva si è diffusa in gran parte dell'emisfero settentrionale, mentre circa 150.000 chilometri quadrati in Bielorussia, Russia e Ucraina sono stati contaminati, secondo l'AIEA. La contaminazione si è diffusa fino a 500 chilometri a nord del sito di Chernobyl.

Nel caso in cui invece fosse la centrale nucleare di Zaporizhzhia al centro di un disastro nucleare, il suo effetto colpirebbe soprattutto gli ucraini che vivono nelle vicinanze, piuttosto che diffondersi in tutta l'Europa orientale come avvenuto nel caso di Chernobyl.

Una analogia più realistica potrebbe essere quella di Fukushima dove l’area di contaminazione è stata più limitata dal punto di vista geografico — sebbene in quel caso il meltdown sia stato causato dal fatto che i generatori diesel di emergenza si trovavano in un edificio che è stato allagato (dallo tsunami), cosa che non potrebbe accadere ora in Ucraina, poiché i generatori si trovano tutti all'interno dell'edificio di contenimento del reattore.

Secondo gli esperti citati dalla CNN, qualsiasi nuvola radioattiva si diffonderebbe fino a circa 10 o 20 chilometri da Zaporizhzhia prima di cessare di rappresentare un serio rischio per la salute. I pericoli maggiori sarebbero quindi affrontati dagli ucraini che vivono nella città di Enerhodar, nelle vicinanze dell'impianto, e dal personale ucraino che ancora vi lavora.

Ma va detto, per completezza di informazione, che per le persone che vivono nell'Ucraina meridionale devastata dalla guerra, un disastro nucleare non è il pericolo più immediato in questo momento, se confrontato agli altri rischi che già corrono ogni giorno.

La reazione dei Paesi NATO ad un incidente nucleare

Un ultimo elemento da tenere in considerazione è la possibile reazione dei Paesi NATO ad un incidente nucleare deliberato da parte russa nella centrale nucleare di Zaporizhzhia.

Due esponenti parlamentari di primo piano nel Regno Unito e negli Stati Uniti, hanno definito una tale ipotesi equivalente ad un vero e proprio attacco alla NATO.

“Qualsiasi danneggiamento danno intenzionale che possa potare a una potenziale perdita di radiazioni nel reattore nucleare ucraino equivarrebbe ad una violazione dell'articolo 5 della NATO", ovvero quella sulla mutua difesa, ha twittato Tobias Ellwood, un parlamentare britannico e presidente della Commissione Difesa della Camera dei Comuni.

Ad Ellwood ha risposto il deputato repubblicano della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti Adam Kinzinger: “Non è neppure in discussione. Qualsiasi fuga radioattiva che dovesse causare la morte di persone nei Paesi della NATO farebbe scattare automaticamente l'articolo 5”, afferma.

Si tratta di parole rilevanti, visto che l'articolo 5 del Trattato Atlantico (menzionato da entrambi) afferma che un attacco armato contro uno Stato membro della NATO debba essere considerato a tutti gli effetti come un attacco all’intera Alleanza Atlantica.

Nonostante la sua importanza, la NATO ha però invocato l'articolo 5 solo una volta nella sua storia, in risposta agli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 sul suolo degli Stati Uniti, per giustificare l’intervento militare in Afghanistan.

L'Ambasciata russa nel Regno Unito ha risposto ad Ellwood affermando che in realtà è l'Ucraina che sta preparando una provocazione alla centrale nucleare di Zaporizhzhia per poi incolpare la Federazione Russa dei danni all'impianto.

"Le truppe russe non hanno armi pesanti sul territorio della centrale nucleare di Zaporizhzhia o nelle aree adiacenti… Le Forze Armate stanno prendendo tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza dell'impianto di Zaporizhzhia", afferma la nota dell’Ambasciata. Sarà così?

Per fortuna, una cosa è sicura: come abbiamo visto, la possibilità di un disastro nucleare su larga scala resta remota, e con essa il rischio di una entrata in guerra della NATO che sarebbe l’effetto immediato dell’applicazione dell’articolo 5 del Trattato Atlantico.

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Daniele Angrisani, 43 anni. Appassionato da sempre di politica internazionale, soprattutto Stati Uniti e Russia. 
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