video suggerito
video suggerito

Perché Boris Johnson non può festeggiare le nozze nella storica residenza a Chequers

Dopo le dimissioni da leader dei Tories Johnson deve schivare una nuova polemica: la sua festa di matrimonio non potrà svolgersi nella residenza ufficiale a Chequers, il premier e la moglie si dovranno accontentare di una location privata.
A cura di Annalisa Cangemi
31 CONDIVISIONI
Immagine

Il premier britannico Boris Johnson non ha pace. Ieri aveva annunciato le dimissioni da leader dei conservatori e ora si prepara a festeggiare le nozze con la moglie Carrie Symonds, sposata a maggio 2021, quando le restrizioni per il Covid-19 impedirono un party in grande stile, con una lunga lista di invitati. Ma il ricevimento, previsto per fine mese, per la precisione il 30 luglio, non potrà più tenersi a Chequers, la villa del sedicesimo secolo assegnata come residenza di campagna al primo ministro del Regno Unito, che secondo i programmi avrebbe dovuto ospitare la festa nuziale.

Dopo le dimissioni da leader del Partito conservatore, anticipate da quelle di una cinquantina di membri del governo, sottosegretari e stretti collaboratori, l'idea che un premier, che sarà presto costretto a salutare Downing Street, potesse disporre la lussuosa residenza – che era stata donata allo Stato nel 1917 da Lord e Lady Lee of Fareham – aveva generato forti polemiche. "Vorremmo tutti avere un grande matrimonio a spese dei contribuenti a Chequers, ma non sarà in grado di farlo perché gli inglesi lo troverebbero ripugnante", aveva avvertito ieri sera il sindaco laburista di Londra, Sadiq Khan, ai microfoni della radio Lbc. Nella giornata di oggi, fonti di Downing Street hanno confermato che il party per il matrimonio, che era stato celebrato un anno fa nella cattedrale di Westminster con soltanto 30 invitati, sarà spostato in un'altra location privata.

Chi sarà il successore di Johnson

Per il dopo Johnson c'è già più di un candidato, pronto a sostituirlo a Downing Street. Oggi pomeriggio l'ex cancelliere dello Scacchiere, cioè il ministro delle Finanze britannico Rishi Sunak, che si era dimesso martedì insieme al ministro della Sanità Sajid Javid, si è candidato ufficialmente a diventare il nuovo premier della Gran Bretagna e a guidare i Tory: "Qualcuno deve cogliere questo momento e prendere le decisioni giuste. Ecco perché mi candido a essere il prossimo leader del Partito Conservatore e il vostro primo ministro", ha scritto su Twitter. La Gran Bretagna deve affrontare "grandi sfide", ha aggiunto. "Ripristiniamo la fiducia, ricostruiamo l'economia e riuniamo il Paese". 

La strada per Sunak però è in salita. Il 42enne di origine indiana ha due grossi ostacoli: è stato multato anche lui, come il premier, per aver violato il lockdown nell'ambito del cosiddetto partygate. Ed è venuto fuori che sua moglie, Akshata Murty, figlia ed ereditiera del miliardario indiano Nagavara Ramarao Narayana Murthy, si era servita dello status di non residente per non pagare le tasse in gran Bretagna.

Sunak non è solo. Nella corsa per occupare il posto di BoJo per ora ci sono ufficialmente altri due altri candidati, il presidente della commissione Affari esteri, Tom Tugendhat, e il procuratore generale, Suella Braverman. Ma gli aspiranti sono diversi: Ben Wallace, titolare della Difesa in carica, Liz Truss, ministra degli Esteri, Penny Mordaunt e Jeremy Hunt.

31 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views