Per la Bielorussia il covid-19 è solo “una psicosi”, a curare la gente ci pensano le Ong
Mentre il mondo cercava di contenere in tutti i modi il diffondersi del contagio, c’è un Paese che fino all’ultimo ha continuato non solo a ignorare il problema ma addirittura a negarlo rifiutandosi di mettere in atto misure anti contenimento nascondendo contagi e decessi: stiamo parlato della Bielorussia dove in piena pandemia globale il presidente Alexander Lukashenko ha bollato il nuovo coronavirus come una "psicosi". Solo con l’ultima impennata di casi il governo locale si è mosso chiedendo aiuto ai suoi alleati più fedeli come la Russia e la Cina ma anche alle Ong.
Ufficialmente il paese ha comunicato un bilancio di circa 4200 contagi e appena 40 decessi ma decine solo le denunce di attivisti locali che segnalano in realtà una situazione ben più drammatica di quella ufficiale dove spesso i malati vengono lasciati da soli a morire in casa. Senza nessuna misura di contenimento e con eventi sportivi in corso fino ad aprile, compreso il campionato di calcio ancora attivo, il rischio è che il Paese si ritrovi ora assolutamente impreparato di fronte a una ondata di casi. Nonostante abbia avuto tutto il tempo per prepararsi, la Bielorussia infatti non dispone di dispositivi di protezione sufficienti, così come di posti in terapia intensiva.
Di fronte a scenari così drammatici, le prime a muoversi sono state le organizzazioni umanitarie lanciando decine di raccolte fondi e impegnandosi a reperire e consegnare attrezzature e abbigliamento protettivo a medici e altro personale in prima linea. "Il nostro obiettivo è garantire che il sistema non crolli" ha spiegato al Guardian Andrej Stryzhak, attivista e co-fondatore del gruppo # bycovid19 che coinvolge decine di realtà locali e internazionali. La situazione è particolarmente grave a Vitebsk, uno dei focolai del Paese dove diversi medici e infermieri sono stati infettati dall’arrivo di centinaia di pazienti con problemi polmonari. Per settimane infatti il regime ha nascosto i casi bollandoli come semplici polmoniti prima di arrendersi all’evidenza.
“Prima ci siamo mossi autonomamente e il governo ci ha tollerato, poi questa emergenza ha fatto sì che se il governo ci contattasse direttamente per chiederci aiuto, prima occasionalmente poi in modo continuo", ha rivelato Katerina Sinyuk, capo della ONG Imena, aggiungendo: "Continueremo a lavorare fino a quando non vedremo che il governo ha la situazione sotto controllo e che il personale medico ha le attrezzature di cui ha bisogno per svolgere il proprio lavoro senza paura”. Intanto Lukashenko ha chiesto aiuto anche al presidente cinese Xi Jinping che in un colloquio telefonico ha assicurato che “La Cina sostiene fermamente la Bielorussia nella sua lotta contro l'epidemia e continuerà a fornire assistenza al paese"