Per 10 anni crede di avere il fidanzato online ma era la cugina, la storia di Kirat: “Mi sento violata”
Per dieci lunghi anni ha pensato di avere prima un amico particolare e poi un fidanzato ma quell'uomo conosciuto online e mai incontrato in realtà non esisteva ma era il frutto di un inganno messo in atto dalla cugina. È l'incredibile storia di Kirat Assi, 43enne londinese che per un decennio ha creduto di comunicare online con un medico australiano di nome Bobby Jandu ma che in realtà era solo un falso profilo creato dalla cugina e basato sul profilo e sulle fotografie di un uomo reale.
"Quello che mi è successo è una storia folle, al di là di ogni fantasia. Stiamo parlando di dieci anni della mia vita" ha dichiarato Kirat, raccontando la sua storia in un documentario di Netflix che uscirà il mese prossimo dal titolo Sweet Bobby. La sua vicenda si ritiene sia uno dei casi più longevi e complessi di inganno online mai venuti alla luce. Per portare avanti la storia, infatti, la cugina non aveva creato una sola persona ma un'intera comunità con decine di falsi profili.
Erano ben 50 i profili social inventati e parte della falsa rete degli amici di Bobby. "Ogni cosa che diceva e faceva, anche se ridicola o folle, era sostenuta da altre persone" ha raccontato la 43enne, rivelando: "Quando mi fu comunicata la morte di Bobby sono stata invitata a unirmi a un gruppo Facebook di suoi amici. C'erano 39 persone e solo molto tempo dopo ho scoperto che nessuna di loro era reale".
Tutto inizio nel 2009 quando Kirat, un membro di spicco della comunità sikh di Londra, ricevette un messaggio su Facebook, apparentemente dall'ex fidanzato della cugina Simran, che le chiedeva consiglio su come riconquistarla. I due strinsero amicizia ma cinque mesi dopo Simran le disse che era morto e le passò l'indirizzo email del fratello "Bobby" per inviargli le condoglianze.
Tra i due iniziò a svilupparsi un'amicizia sempre più intensa fino a quando, nel novembre 2013, ricevette un messaggio su Facebook che diceva che Bobby era stato colpito ed era in coma e aveva perso la memoria. Poi, nel gennaio 2014, apprese che era morto. Poco dopo, però, Kirat ricevette un'e-mail inaspettata che la informava che Bobby era in realtà vivo, ma aveva inscenato la propria morte e si stava nascondendo in un programma di protezione testimoni.
Infine il giorno di San Valentino del 2015 lui si dichiarò e negli anni successivi la coppia iniziò una relazione, scambiandosi diversi messaggi al giorno, anche di natura sessuale. Kirat a questo punto aveva iniziato a desiderare di incontrare Bobby di persona, ma ogni volta che si raggiungeva un accordo, succedeva qualcosa di inatteso o un problema, compreso un infarto e un tentativo di suicidio, ovviamente anche questi inventati.
L'inganno venne scoperto solo quando Kirat venne spinta ad assumere un investigatore privato e si trovò di fronte alla bizzarra e agghiacciante verità. A gestire tutto era la cugina alla quale Kirat aveva confidato i suoi problemi relazionali. La 42enne infine si è rivolta alla polizia che però ha affermato che non era stato commesso alcun reato e quindi ha intentato una causa civile contro la cugina Simran, che è stata risolta in via stragiudiziale.
"Mi ha portato via dieci anni della mia vita, anni che non riavrò indietro", ha detto Kirat, concludendo: "In quel periodo avrei potuto incontrare qualcuno di vero, avere un bambino. Ho perso i miei amici, il mio lavoro, i miei risparmi. "Mi sono aperta con lui o con lei, raccontandogli cose sulle mie speranze, i miei sogni, la mia infanzia, che non avrei mai detto a nessuno. Mi sento violata."