“Pensavano avessi un disturbo alimentare, invece era un tumore raro”: la storia di Bella
Sintomi sottovalutati e diagnosi che arrivano in ritardo, quando ormai il tumore ha raggiunto livelli che rischiano di rendere inefficaci le cure. Questa la denuncia di tante donne che sui social raccontano come i sintomi della loro malattia siano stati spesso liquidati dai medici come ‘esagerazioni‘ o diagnosticati erroneamente, con il rischio che la malattia progredisca.
Tra loro c'è anche una ragazza australiana di 27 anni, Bella Johnston, sopravvissuta a una forma rara di tumore. La sua storia inizia quando aveva solo 14 anni. All'epoca aveva perso oltre 20 chili in pochi mesi, soffriva di capogiri, stanchezza cronica e una forte tosse che, in alcuni casi, le causava anche svenimenti.
Di fronte a questi sintomi, i medici le avevano diagnosticato un disturbo alimentare, come riporta il Daily Mail. "Nessuno ha creduto a ciò che dicevo. Non mi è mai stato detto di fare esami mirati per il cancro", ha raccontato Johnston che è miracolosamente sopravvissuta alla malattia.
Solo dopo cinque anni, e un peggioramento sostanziale dei sintomi, alla giovane è stato diagnosticato un paraganglioma, un tumore raro che colpisce il sistema neuroendocrino (che svolge attraverso l'ipotalamo alcune importanti funzioni, tra cui regolare le fasi della riproduzione e il metabolismo, ndr) e ha un’incidenza stimata di circa due casi su un milione.
Se preso in tempo, la percentuale di sopravvivenza per il paraganglioma è del 95%, ma se la malattia progredisce questa scende tra il 34 e il 60%. Johnston ha raccontato di aver ricevuto la giusta diagnosi per caso: "Un giorno mi ero procurata un'ustione abbastanza grave e così sono andata dal medico. Quando sono arrivata, mi ha guardato e mi ha detto: ‘C'è qualcosa che non va', avevo un aspetto orribile".
La ragazza era arrivata a pesare meno di 45 chili e aveva la pressione così bassa da riuscire a stare a malapena in piedi. "Dal 2009 al 2014 stavo morendo di cancro, ma i dottori continuavano a dirmi che avevo un disturbo alimentare", ha raccontato in un TikTok pubblicato a novembre che ha raggiunto 165mila visualizzazioni.
In un altro video, condiviso sulla stessa piattaforma e su Instagram nel mese di febbraio, Johnston ha spiegato nel dettaglio i suoi sintomi e tutte le diagnosi sbagliate collegate: la perdita di peso scambiata per anoressia, il vomito per bulimia e le difficoltà respiratorie causatele dal tumore che pressava sulla sua trachea etichettate come ‘asma‘.
La 27enne ha raccontato anche di essersi sentita dire che i sintomi erano "solo nella sua testa". Durante l'operazione a cui è stata sottoposta, le è stato reciso il nervo vago, lasciandole temporaneamente paralizzato il braccio sinistro. Johnston è riuscita a sopravvivere, ma le sono stati asportati metà esofago, metà lingua e non sente più dall'orecchio destro.
Le ricerche hanno confermato da tempo il fatto che le donne, più degli uomini, hanno più probabilità di veder sottovalutati i loro problemi di salute e di venir etichettate come ‘esagerate'. L'argomento diventa particolarmente rilevante visto l'aumento di tumori nei più giovani: negli Stati Uniti, per esempio, l'incidenza del cancro nelle persone sotto i 40 anni ha raggiunto il 35% negli ultimi quattro decenni.
E in un recente sondaggio della American Cancer Society, una donna su dieci ha raccontato di aver visto ignorati o ridimensionati erroneamente i propri sintomi e di aver dovuto insistere per fare alcuni esami a cui i medici non volevano sottoporle. Una su otto ha detto di essersi dovuta rivolgere a più medici prima di ottenere la giusta diagnosi.
Un'intervistata ha scritto: "Il mio dottore non mi ha creduta quando ho detto di sentire un dolore al seno. Mi ha messo una mano sul ginocchio e mi ha detto di sorridere di più, se mi sentivo arrabbiata. Soltanto rivolgendomi a un altro team di oncologi mi sono sentita sostenuta e ascoltata".
Lisa Lacasse, presidente della ACS Cancer Action Network, ha commentato i risultati della ricerca: "Per combattere in modo efficace il cancro dobbiamo riuscire a trattare tutti nello stesso modo. Gli specialisti devono considerare e correggere ogni possibile pregiudizio legato al genere nel modo in cui trattano i pazienti. Altrimenti, si rischia di far soffrire inutilmente le persone e ritardare le diagnosi che possono salvare vite".