Patrick Zaki è libero, lo studente egiziano scarcerato
Patrick Zaki è libero, lo studente egiziano ha potuto finalmente lasciare il carcere dove era rinchiuso da ormai 22 mesi senza aver subito nemmeno un processo. Zaki ha lasciato il penitenziario questo pomeriggio, trovando ad accoglierlo legali e parenti. Una gioia immensa per la famiglia che lo ha atteso con i legali fuori dalla stazione di polizia di Mansoura dove il trentenne era stato trasferito poche ore prima per completare le procedure per il suo rilascio dal ben più duro carcere cairota di Tora, dove ha trascorso invece quasi tutta la sua custodia cautelare. Subito dopo il rilascio, Zaki ha abbracciato la madre e la sorella. "Tutto bene", ha detto in italiano. Il calvario giudiziario di Zaki però non finisce qui: nonostante i giudici abbiano firmato ieri l’ordine di scarcerazione al termine dell’udienza tenutasi al tribunale di Mansura, lo studente resta sotto processo e rischia una condanna fino a 5 anni di reclusione. Un procedimento che però potrà affrontare da uomo libero visto che, come ha spiegato un suo legale, per lui non sono stati emessi altri provvedimenti restrittivi. Finalmente estinto il provvedimento di carcerazione preventiva, per lui non è stato imposto nemmeno l'obbligo di firma.
"Sto aspettando, vedrò nei prossimi giorni cosa succede ma voglio tornare in Italia il prima possibile, appena potrò andrò direttamente a Bologna, la mia città, la mia gente, la mia università" ha dichiarato poi Patrick Zaki nella sua casa di Mansura, dove si è recato dopo il rilascio. Zaki ha ringraziato l'Italia e gli italiani per il sostegno e ha avuto un pensiero anche per la sua squadra di calcio, il Bologna. "Viva il Bologna calcio", ha detto parlando con i giornalisti appena uscito dal commissariato.
La pronuncia di liberazione di Patrick Zaki da parte dei giudici era stata accolta con un urlo liberatorio e tanto pianto da parte dei familiari presenti in aula con legali e diplomatici italiani ieri. “Sto saltando dalla gioia” è stato il primo commento della mamma, Hala Sobhy, dopo aver appreso la notizia della scarcerazione del figlio. Il padre invece ha voluto abbracciare i due diplomatici italiani presenti a Mansura per ringraziarli dell’impegno. "Vi siamo molto grati per tutto quello che avete fatto", ha detto George Zaki. Anche lo stesso ricercatore, poco prima dell'inizio dell'udienza di ieri, ha voluto lanciare un saluto all'Italia dalla cella degli imputati dichiarando "Bene, bene, grazie" in risposta a un diplomatico italiano che gli chiedeva come stesse. Una presenza, quella dell’ambasciata italiana, che proseguirà anche nei prossimi mesi quando Patrick Zaki sarà di nuovo sotto processo, a febbraio del prossimo anno.
"Speriamo che nella prossima udienza ci sia quel passo in più che tutti aspettiamo e cioè il riconoscimento della sua innocenza ma oggi è comunque stato fatto tantissimo” ha spiegato a Fanpage.it Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia. "Aspettavamo di vedere quell'abbraccio da 22 mesi e quell'abbraccio arriva dall'Italia, da tutte le persone, tutti i gruppi e gli enti locali, l'università, i parlamentari che hanno fatto sì che quell'abbraccio arrivasse" ha sottolineato Noury, dopo il rilascio di Zaki, aggiungendo: "Un abbraccio soprattutto ai mezzi di informazione che hanno tenuto alta l'attenzione per questi 22 mesi. Ora che abbiamo visto quell'abbraccio aspettiamo che questa libertà non sia provvisoria ma sia permanente. E con questo auspicio arriveremo al primo febbraio, udienza prossima". Le accuse al ricercatore arrestato al Cairo durante una vacanza a casa infatti restano. Per questo in aula la legale di Patrick, Hoda Nasrallah, ha chiesto l’acquisizione di altri documenti per dimostrare l’illegalità sia dell’arresto del 7 febbraio 2020 e sia la correttezza dell’articolo sui copti alla base del processo contro Zaki.