Partygate, Johnson si scusa ma non si dimette. Indaga la polizia, 300 foto incastrano il premier
Boris Johnson non rassegnerà le dimissioni a causa dello scandalo Partygate: il premier inglese è finito da settimane al centro di aspre polemiche – e soprattutto di un'indagine della polizia – per aver preso parte ad alcune feste organizzate a Downing Street mentre il resto del Paese era in lockdown, o comunque costretto a rispettare severe limitazioni. Il primo ministro oggi pomeriggio ha riferito alla Camera dei Comuni, dove ha dovuto rispondere alle accuse di membri dell'opposizione ma anche del suo stesso partito. Una su tutte, l'ex premier Theresa May, secondo la quale Johnson "non aveva letto o non aveva compreso le regole". Peccato che a scrivere quelle regole fosse stato lui stesso.
Il primo ministro conservatore ha affermato di aver capito la lezione e sottolineato che da ora in poi agirà per riparare a quanto fatto. "Vorrei scusarmi. Mi scuso per le cose che, semplicemente, non abbiamo fatto correttamente, e mi dispiace anche per il modo in cui la questione è stata gestita. Non serve a niente dire che questo o quello rientrava nelle regole, né dire che le persone stavano lavorando sodo". Il mea culpa di Johnson è quindi proseguito: "Questa pandemia è stata dura per tutti. Abbiamo chiesto alle persone di fare sacrifici straordinari, di non incontrare i propri cari, di non visitare i parenti prima che morissero e capisco la rabbia che provano. Non è sufficiente chiedere scusa, questo è il momento di imparare".
La polizia indaga su 16 eventi a Downing Street
Lo scandalo che sta investendo Boris Johnson non è solo politico ma potrebbe avere risvolti giudiziari: sulla vicenda, infatti, sta indagando anche Scotland Yard e sarebbero ben 300 le foto a disposizione degli inquirenti. Il 19 giugno 2020 il primo ministro inglese ha partecipato a una festa nella Cabinet Room a Downing Street, presumibilmente violando le regole anti-Covid. Nel rapporto presentato da Sue Gray, tuttavia, si menzionano almeno sedici eventi, dodici dei quali sono oggetto dell'indagine avviata da Scotland Yard e riguardano almeno otto date diverse. Nel dossier Gray si legge che "gli incontri nell'ambito di questa indagine sono distribuiti lungo un periodo di 20 mesi (negli anni 2020-21, ndr), un periodo che è stato unico negli ultimi tempi in termini di complessità e ampiezza delle richieste ai dipendenti pubblici e in effetti al pubblico in generale".