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Parigi: poche ore prima dell’attentato date direttive alle scuole in caso grossi incidenti

Ieri pomeriggio i bambini delle scuole elementari di Parigi hanno portato a casa un messaggio inviato dagli istituti con regole su come comportarsi in caso di “grossi incidenti”. Da mesi fonti dell’anti terrorismo parlano di un concreto rischio attentati. La Francia, dunque, sapeva. E aveva paura.
A cura di Claudia Torrisi
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Serie di sparatorie ed esplosioni in centro a Parigi

Ieri pomeriggio i bambini delle scuole elementari di Parigi hanno portato a casa un messaggio inviato dagli istituti con regole su come comportarsi in caso di "grossi incidenti". Poche ore dopo, all'ora di cena di un normale venerdì sera, in sette luoghi diversi della città, si sono verificate sparatorie ed esplosioni, provocando centoventotto morti e trecento feriti.

La Francia, dunque, sapeva. O, perlomeno, attendeva qualcosa e aveva paura. Non era un mistero, del resto, che qualcosa di molto più grosso rispetto agli attentati e pericoli vissuti fino a quel momento fosse in preparazione. Un jhiadista arrestato lo scorso 11 agosto in Francia aveva detto di aver ricevuto da un commando l'ordine di commettere un attentato in una sala da concerto. Come poi è accaduto ieri sera al Bataclan.

Lo scorso 30 settembre, in un'intervista a Paris Match, un ex magistrato francese anti-terrorismo, Marc Trevidic si era detto convinto che gli uomini dello Stato islamico avessero l'ambizione di compiere azioni rispetto a quelle compiute finora: "Lo dico come tecnico, i giorni più bui devono ancora arrivare. La vera guerra che l'Isis vuole portare sul nostro territorio non è ancora iniziata".

Nonostante l'attenzione massima delle autorità dopo gli attentati di Charlie Hebdo dello scorso 7 gennaio, a fine ottobre, riporta Le Monde, un alto ufficiale di polizia aveva affermato che la Francia era "più vicina al prossimo attentato che all’ultimo". Le autorità sapevano benissimo che non esisteva nessun "rischio zero". A novembre France Info aveva rivelato un rapporto dei servizi segreti francesi che evidenziava l’altissimo rischio di attacchi trasversali compiuti da cellule terroristiche che agiscono "in trasferta", ossia in Stati diversi da quelli dove vivono abitualmente.

Già dopo Chiarlie Hebdo, il governo aveva iniziato a dotarsi di strumenti per fronteggiare la minaccia terroristica, come la nuova legge sull’intelligence o la riorganizzazione dello stato maggiore dell’antiterrorismo, messo direttamente alle dipendenze del ministro dell’Interno. Misure che, però, necessitano di tempo per essere operative. In un paese dove, come riporta sempre Le Monde, in questo momento ci sono oltre 1500 persone considerate implicate nelle filiere jihadiste in Siria e in Iraq, e oltre 11mila nomi nei file classificati che riguardano la prevenzione e la radicalizzazione a carattere terroristico.

Con l'attacco di ieri sera si è concretizzato quello che Yves Trotignon, un ex 007 del servizio antiterrorismo francese (Dgse), ha definito "l'incubo" che l'intelligence paventava da mesi. Da tempo, secondo l'agente, i servizi sapevano della possibilità di un attentato di quella portata, ma erano consapevoli che non avrebbero potuto fermarlo, "sopraffatti" dagli eventi.

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