Zvika Klein è un giornalista israeliano corrispondente in Francia per NRG un sito di informazione vicina a Netanyahu. Zvika ha filmato la sua camminata di 10 ore nelle strade di Parigi – a poco più di un mese dagli attentati di Charlie Hebdo e del supermercato alla porte de Vincennes – con una kippa sul capo, così da comunicare all'esterno, con chiarezza, di essere un ebreo osservante. La kippah è un segno religioso ben diverso dal velo con il volto scoperto (hijab) che invece è un segno di tradizione. Resta comunque il fatto che in Francia, nelle scuole ad esempio, sono vietati tutti i esteriori di religione e tradizioni: quindi le croci, i veli e ovviamente la kippah. Così anche nei luoghi pubblici è vietato indossare il velo integrale. Questo il racconto della sua passeggiata che fa il reporter Klein sul suo sito:
Ho camminato in silenzio per 10 ore nelle strade della capitale francese e nelle sue varie banlieus mentre il cameraman Dov Bellahsen filmava le reazioni munito di telecamera nascosta nel suo zainetto. A causa della tensione in città, che ancora fatica a rimettersi dalle stragi mi è stato imposto un agente di sicurezza.
Il giornalista israeliano si ispira – consacrandola a vero e proprio format di comunicazione – alla famosa passeggiata fatta dall'americana Chochana Roberts, cittadina di New York, che documentò gli insulti e le sollecitazioni di tipo sessuale ricevuti dagli uomini al suo passaggio. Come è noto, l'esperimento della “donna che cammina per strada e riceve insulti” è stato copiato praticamente dai siti on line dell'intero pianeta. Ma con quei video, a parte prendere atto di un dato già noto, e cioè che spesso le donne – soprattutto se giovani – sono oggetto di apprezzamenti in strada, cosa si è dimostrato? Che la società è maschilista? Che le donne sono vittime? Soprattutto: non si rischia così di semplificare realtà complesse? E cosa c'è di più infiammato e infiammabile in questo momento che le periferie parigine in gran parte abitate da musulmani? C'era bisogno di un'ennesima e pericolosa semplificazione? Cosa c'è di più delicato in questo momento che il conflitto israelo palestinese, madre di tutti i conflitti?
Il video di Klein documenta quindi 10 ore, dura 1 minuto e 36 secondi. E riceve meno insulti che Cochana. Che vanno da “volevi dirci che sei ebreo?” a “finocchio”. E qualcuno più pesante. Ovviamente senza pixellare i volti, quindi denunciando tutti. Questo video sembra un po' andare nello stesso solco di Netanyahu che dopo le stragi di Parigi e dopo quella di Copenaghen ha tentato – invano – di fare una chiamata a espatriare a Israele agli “ebrei francesi” e agli “ebrei danesi”. Tutti hanno risposto: “grazie, no, siamo francesi, siamo danesi”. Che è stato il modo più elegante per dire che non si esiste o ci si identifica a partire da una religione. Perché quello è esattamente il processo fondante che ha portato all'antisemitismo e al razzismo. Prosegue il reporter nel racconto del backstage della sua esperienza:
Abbiamo cominciato a camminare, prima negli arrondissements abbastanza tranquilli di Parigi, di fronte alla torre Eiffel, poi gli Champs Elysées e altri quartieri dove è presente la comunità ebraica. Poi siamo andati nei quartieri abitati a maggioranza musulmana.Se nelle zone turistiche l'ambiente è calmo a mano a mano che ci allontaniamo gli sguardi si fanno carichi di odio e le frasi che mi lanciano mi fanno sentire a disagio.
Segue poi il resoconto di una serie di insulti e frasi piene di odio raccolti per strada, perfino degli sputi che avrebbe ricevuto ma che però non sono documentati nel video. “Ci hanno scoperto, e abbiamo rischiato di farci linciare”. E poi si chiede nella sua relazione:
E' questo ciò che provano gli ebrei parigini? E' questo ciò che subisce un ebreo ogni giorno nei trasporti pubblici o verso il suo luogo di lavoro? La maggioranza di ebrei francesi non esce con la kippah. Del resto i dirigenti delle comunità gli consigliano di portare un cappello o di uscire con la testa nuda per andare a lavoro. Uscire la sera? Gli ebrei preferiscono non uscire la sera da casa. Sono molto più tranquilli e al sicuro in casa loro.
La comunità ebraica francese è la più numerosa d'Europa e, dopo Israele e gli Stati Uniti, la terza nel mondo. Sono circa 500.000 i cittadini di religione ebraica che vivono in Francia. La maggiore presenza si registra nelle aree metropolitane di Parigi, Marsiglia, Strasburgo, Lione e Tolosa. Vivono tutti serenamente. Escono la sera e ovviamente non gli succede proprio nulla. Quindi le conclusioni del reporter appaiono veramente da sfumare.
Di sicuro però c'è una fortissima ondata antisemita che si sta radicalizzando e abbattendo sull'Europa intera. Ma è utile questo modo che appare solo ideologico e strumentale per documentare l'antisemitismo? Altra considerazione: come fa notare lo stesso reporter, in alcuni quartieri non ha registrato reazioni significative. Si tratta di quartieri molto benestanti con un'alta densità di turismo. I problemi sono appunto quelli delle periferie. Ed è proprio questo è il cuore del grande dibattito: le periferie abitate da musulmani per la maggioranza, la povertà, e la mancanza di integrazione.
Andarsi a fare una passeggiata che evoca conflitti in cui arabi musulmani si sentono o sono veramente (a seconda delle interpretazioni) cacciati dagli israeliani e dagli ebrei ortodossi è una testimonianza che c'è antisemitismo o è solo una comunicazione in malafede che infiamma gli animi?