Abbiamo Papa Francesco, dunque (senza il numero, ci hanno detto che non serve quando è il primo). Il Papa gesuita che porta il nome del fondatore dell'Ordine dei Frati Minori. Sembra quasi una ironia della sorte. E in effetti le battute sulla diversità tra gesuiti e francescani ce ne sono a bizzeffe. Una delle storielle più riuscite è questa: "Un gesuita e un francescano sono invitati a pranzo in una famiglia. Giunti al dessert, il gesuita prende il pezzo di dolce più grosso e lascia al frate quello più piccolo. Il francescano dice: ‘Beh, a noi San Francesco ci ha insegnato a prendere quello più piccolo!. E il gesuita ‘E infatti quello ha avuto, padre'…". Vero è che qualcuno ritiene che in realtà potrebbe essere anche l'omaggio ad un santo gesuita, il Francesco Saverio spagnolo; tuttavia per il mondo il nuovo Pontefice Jorge Mario Bergoglio, 76 anni, arcivescovo di Buenos Aires ha scelto il nome del frate poverello di Assisi, al secolo Francesco Giovanni di Pietro Bernardone. Sarà difficile durante questo pontificato non associare gli atti del Papa all'idea che Francesco ebbe della Chiesa. Quest'associazione è la cosa più affascinante di queste ore e non bisogna essere un vaticanista o un particolare esperto di fatti di religione per avvertirlo. Il Santo del "Laudato sie, mi’ Signore" è il simbolo di una Chiesa che guardi alla povertà e alla semplicità e non alle banche e ai Leaks, non ai documenti trafugati e ai Segretari di Stato ma che sappia cogliere lo spirito della Regola francescana e del Cantico ("Laudate et benedicete mi' Signore et ringratiate et serviateli cum grande humilitate"). Il "figlio" di Ignazio da Loyola che abbraccia Francesco è anche il simbolo ideale di un abbraccio fra due distinte anime della Chiesa cattolica, un segnale nella direzione dell'unità, contro una Curia autoreferenziale fatta di intrighi e tradimenti che probabilmente molto hanno inciso nella decisione, clamorosa, delle dimissioni, presa da Joseph Ratzinger.